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Temporary Life, “La burocrazia uccide più del terremoto”
29 Apr 2013 11:01

L’Italia è un paese interessato da un forte attività sismica dovuta alla sua posizione geografica. Questo è causato dal fatto che si trova tra la placca Africana, la placca Europea e la micro-placca Adriatica. Il primo terremoto risale a più di duemila anni fa e sono diverse le testimonianze storiche che permettono di ricostruire il numero delle vittime, le risorse impiegate per la ricostruzione e la riparazione dei danni.

Prendendo in considerazione il secolo scorso, diversi sono i segni dei terremoti sul territorio italiano: geografici, sociali, architettonici.
Dopo il terremoto avvenuto in Abruzzo nel 2009, ho sentito l’esigenza di mappare il territorio da nord a sud alla ricerca di residui lasciati dalle precedenti catastrofi. Per analizzare come e se è stata fatta un’adeguata ricostruzione, ho iniziato a documentare, in diversi luoghi colpiti, alcune situazioni di degrado.

Il secolo si è aperto con il terremoto del 1908, considerata una delle sciagure naturali più gravi mai accadute in Europa, che rase al suolo, quasi interamente, Messina e Reggio Calabria. Per quanto riguarda la città sicula, dopo l’iniziale progetto di abbattere quanto rimasto e ricostruirla completamente, progetto che i messinesi rifiutarono, si decise di sgomberare le macerie e distruggere solo i palazzi inagibili per ricostituire i servizi essenziali. La prima azione intrapresa per soccorrere gli sfollati fu la costruzione di casette di legno e di tendopoli, che con grande lentezza sarebbero state rimpiazzate dalla costruzione di alloggi popolari.

Ho fatto il mio primo viaggio a Messina nel 2010, alla ricerca di quello che era rimasto dal terremoto del 1908. A più di un secolo esistono ancora tre baraccopoli: Giostra, Camaro e Fondo Fucile, dove vivono circa 600 persone in alloggi di fortuna mangiati dalla muffa, dall’umidità e . coperti da tetti di amianto. L’aspetto preoccupante è che in queste baracche non sempre vivono parenti di vittime del terremoto. Spesso, queste unità abitative di emergenza, sono occupate da cittadini che non possono permettersi un affitto. Sociologicamente si può definire questa mentalità come “la cultura della baracca”, in base al quale ci si può adattare a vivere in qualsiasi condizione.

Nel 1915 un altro terremoto di forza 6,1 gradi sulla scala Richter, distrusse la città di Avezzano e diversi comuni della Marsica, al confine tra Lazio e Abruzzo. Ancora una volta i primi interventi furono indirizzatti alla costruzione di abitazioni temporanee, questa volta in muratura.

Se la città di Avezzano fu ricostruita completamente in tempi relativamente brevi, diversamente le. cose andarono nei comuni della Marsica in particolare Balsorano e San Vincenzo della Valle Roveto, dove mi sono recata nel Giugno del 2012.
Al centro del paese ancora riposano placide le casette costruite nel 1915, che sono state ristrutturate.Attualmente vengono utilizzate come case vacanze o di residenza.

Nel 1968 un terremoto di 6,1 gradi Richter colpì la zona sud orientale della Sicilia, distruggendo Gibellina, Salaparuta, Poggioreale e Montevago.

Dopo i primi moduli in legno si decise per la totale ricostruzione che avvenne a pochi chilometri dai pesi colpiti.

Le macerie del terremoto però non sono mai state ripulite e i vecchi paesi sono fantasmi in cui il tempo non ha mosso una pietra, lasciando tutto esattamente come quel 14 Gennaio.

Solo un piccolo gruppo di sfollati vive ancora in un ex ospedale dismesso.

Il terremoto che ha avuto le maggiori conseguenze dal punto di vista politico è stato quello avvenuto in Irpinia nel 1980.

Il 23 novembre una scossa lunghissima di 90 secondi di 6,9 gradi Richter, ha colpito le provincie di Avellino, Salerno e Potenza causando un elevato numero di vittime.

Il 26 novembre il Mattino di Napoli intitolò “Fate Presto”, denunciando la lentezza dei soccorsi , causata da problemi di comunicazione. Fu in questa occasione che il governo istituì la protezione civile, per coordinare meglio i soccorsi ed evitare ritardi.

Nonostante le prime casette di legno siano arrivate già nel febbraio del 1981, la ricostruzione è stata una delle più lente ma anche il peggiore esempio di speculazione edilizia su di un terremoto, come dimostrano una serie di inchieste della magistratura.

I contribuiti devoluti dallo stato Italiano per la ricostruzione ammontarono a circa 60 miliardi, la cifra più alta mai stanziata in Italia per una catastrofe.

Nel 2010, a trent’anni esatti dal sisma, grazie ad un articolo di Don Vitaliano, il famoso “prete no-global” di San’Angelo a Scala, ho conosciuto Ernestina Cristiano.
Ernestina, è una signora di 70 anni che ha vissuto a Sant’Angelo a Scala dal 1981 con il marito Antonio. I due si sposarono proprio l’anno del terremoto. Non avendo un posto dove vivere, la coppia si trasferì nella casa della madre di Antonio, già pericolante a causa del sisma.

Sfortunatamente, l’abitazione crollò dopo un breve periodo. Fecero richiesta di un alloggio temporaneo, domanda accolta dal comune e si trasferirono in un container. Purtoppo, l’alloggio, privo di acqua corrente e riscaldamento, era costruito interamente in amianto.

In questa unità abitativa di emergenza Antonio vivrà fino alla morte, avvenuta nel 2005 per un Tumore ai Polmoni. Ernestina invece, dovrà attendere fino al Gennaio 2011 per ottenere una casa temporanea di legno dalla protezione civile. Tutt’ora il contributo per la ricostruzione della vecchia casa, non è stato ancora erogato.

Qualche anno dopo, nel 1997, il terribile terremoto di Umbria e Marche fece capolino sui titoli dei giornali, distruggendo Foligno e causando ingenti danni a Nocera Umbra, Assisi, Fabriano e diversi altri comuni.

A Giove di Valtopina in provincia di Foligno, il terremoto non ha ucciso nessuno nè ha distrutto alcun edificio, infatti gli interventi che si sono resi necessari sono stati solo di consolidamento delle case.

Dal 1998 ad oggi, i lavori non sono ancora del tutto ultimati a causa del fallimento della prima ditta Edile e della pessima gestione dei fondi. Dopo 15 anni dal sisma, parte della famiglia Armillei, di cui fanno parte anche due persone che superano i 70 anni, vive ancora stipata in un modulo abitativo, dove d’estate fa molto caldo e d’inverno freddo, guardando tutte le mattine la loro vecchia casa dalla finestra.


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