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Il rinascimento mancato di Napoli, da Valenzi a De Magistris. Passando per l’era Bassolino
25 Giu 2013 08:10

Il Rinascimento incompiuto di Napoli è la formula che forse più di ogni altra raccoglie i caratteri di una città sempre alla ricerca di un riscatto che non arriva mai. Anche perché, probabilmente, si è sempre poggiato su basi fragili, su velleità e progetti che si sono sempre scontrati con la dura realtà del quotidiano, con la fatica della buona amministrazione, con un’economia che dopo la spinta industriale dei primi anni del Novecento non ha mai trovato una sua strada. Con una città, in sostanza, ancora alla ricerca di una propria identità, di un proprio percorso di sviluppo.

Annunciato, continuamente invocato come in una sorta di palingenesi purificatrice, il Rinascimento napoletano si è trasformato prima in uno slogan facilmente spendibile anche mediaticamente e poi in un clamorose fallimento. Fu Maurizio Valenzi, il primo sindaco comunista della città, ad usare l’espressione Rinascimento per dare un simbolo alla sua giunta. Erano i primi anni 80, la città cercava di uscire dall’emergenza del terremoto. Non ci riuscirà.

Il lungo interregno del “pentapartito”, la commistione fra affari e politica che segnerà la fine della prima repubblica, l’esplosione della camorra e, poi, la bufera giudiziaria di Tangentopoli, rappresenteranno gli scogli sui quali si infrangeranno i progetti di rinascita. Ma costituiranno anche il terreno sul quale germoglierà la famosa stagione dei sindaci, con l’inizio dell’era Bassolino.

Nel ’93, l’ex comunista conquista Palazzo San Giacomo e, l’anno dopo, riesce a utilizzare l’evento del G7 per dare al mondo l’immagine di una città ritrovata, in grado di finire sulle prime pagine non per i fatti di camorra ma per la sua straordinaria bellezza. Una cartolina di efficienza e di modernità, l’avvio appunto di un nuovo Rinascimento che trova anche un simbolo efficace: la liberazione di Piazza del Plebiscito.

La storia successiva è tristemente nota. La rivoluzione di Bassolino mostrerà presto i suoi limiti. La riqualificazione della città si fermerà ad alcuni quartieri centrali, zone come Scampia diventeranno nell’indifferenza generale il regno della camorra. Lo sviluppo promesso e annunciato sarà quasi tutto alimentato dall’aumento della spesa pubblica, con un sistema fatto troppo spesso di clientele, potere e inefficienza amministrativa. Il mito della città capitale della cultura e del turismo si dimostrerà presto per quello che era, solo una chimera. Napoli continuerà a perdere colpi nella classifica internazionale delle città più visitate. In attesa del colpo da ko, l’emergenza rifiuti che scoppierà in maniera clamorosa nel 2008, mettendo fine alla carriera politica di Bassolino e ponendo una pietra tombale al suo Rinascimento.

Con De Magistris la città ci riprova. E’ il sindaco che vuole “scassare” tutto, non usa mai la parola Rinascimento, forse per scaramanzia. Ma la sua ambizione è proprio questa: la rinascita della città dopo la grigia stagione della Iervolino. L’ex Pm è un personaggio sanguigno, sa conquistare il popolo, si presenta con un programma ambizioso, incrocia il filone dell’antipolitica ma soprattutto dei tanti napoletani che vogliono avere una chance di riscatto, vogliono giocare una partita diversa. Sono gli anni della grande recessione, della crisi economica che mette in ginocchio il Paese e, in particolare, il Mezzogiorno.

De Magistris gioca le sue carte con abilità, ha gioco facile nel ballottaggio a battere il candidato del centrodestra, ma alla prova dei fatti delude anche lui. Il lungomare liberato è solo uno slogan, non accompagnato da un progetto di risistemazione delle aree adiacenti. L’America’s cup nel Golfo è una vetrina importante. Ma resta tale, non porta gli sviluppi promessi e finisce nel mirino della magistratura. L’emergenza rifiuti, uno dei cavalli di battaglia dell’ex pm, non è affatto superata. Raccolta differenziata al rilento, lo scontro sugli inceneritori, l’inferno della terra dei fuochi e, infine, la maxi-multa inflitta all’Ue all’Italia a causa dei ritardi nella realizzazione del piano anti-monnezza. Senza contare, poi, l’assenza di certezze sui tre grandi progetti di riqualificazione urbana: il Porto, Bagnoli e Napoli Est.

I dati dell’economia non fanno altro che confermare la cartolina di una città in declino: il reddito procapite dei napoletani è la metà esatta di quello dei milanesi, la disoccupazione ha raggiunto il suo picco, un’intera generazione di giovani forse non conoscerà mai un posto di lavoro stabile, abbiamo il tasso di occupazione più basso d’Europa, chi può emigra come mostra la Svimez nel suo ultimo rapporto. Il Rinascimento può attendere. E si aggiunge al lungo elenco delle grandi incompiute di Napoli.


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