';

Il meridione immaginato è il primo nemico del Sud
08 Lug 2013 16:14

Il Sud reale ha un grande nemico: il Meridione immaginato, quello che esiste solo nei programmi ministeriali ma che ancora ispira le politiche di sviluppo per la nostra terra. Ecco il motivo di una arretratezza economica che, come spiega Carlo Borgomeo in L’equivoco del Sud, non si manifesta solo nella differenza tra i servizi e la busta paga di un calabrese rispetto a quella di un lombardo.

La nostra povertà non riguarda, infatti, solo i nostri soldi. Ma la nostra cittadinanza. Noi meridionali continueremo ad essere cittadini di serie B, con meno speranze e prospettive, se, come scrive l’autore, il nostro modello di sviluppo resterà lo stesso: ispirato da una logica meramente quantitativa, fondato su programmi pianificati e calati dall’alto senza il protagonismo degli attori locali.

È come se noi meridionali, appassionati narratori, stessimo subendo la nostra storia e fossimo comparse nel romanzo della nostra vita comune. Finché, infatti, gli interventi di natura economica avranno un approccio votato all’assistenza e all’emergenza, non saranno mai valorizzate le nostre competenze, le nostre risorse. A partire da quella più preziosa di cui disponiamo: la nostra umanità.

Il capitale sociale meridionale, infatti, è un bene dal valore straordinario, spesso disperso e quasi mai valorizzato dalla classe dirigente. Un cattiva classe dirigente, fatta di politica, imprenditori, burocrazia, ha infatti agito come una predatrice; ha incarnato il volto meno felice del Sud, ha dato voce e corpo ai nostri più atavici e stereotipati difetti, ha dimenticato le nostre enormi virtù. Ci ha così reso più poveri.

La classe dirigente del Mezzogiorno ha commesso un peccato la cui pena riguarda tutti perché, posso dirlo, conosco invece la grande bellezza, sperperata, di cui siamo portatori. Il Ministro Fabrizio Barca, che Borgomeo indica nel proprio volume come uno degli uomini cui ispirarsi per invertire la rotta, ha voluto scoprirla ed ho avuto il piacere di dialogare con lui per raccontargli, prima del suo viaggio in Calabria, le grandi ricchezze che avrebbe incontrato. Cooperative, associazioni, donne e uomini che, animati da un sincero spirito di solidarietà e da grande tenacia, lavorano per produrre benessere materiale e umano. Esistono tante realtà da cui prendere spunto, tante storie da narrare per inorgoglirci di un sud davvero protagonista.

Ne voglio citare alcune affinché la mia riflessione non sembri animata solo da appassionato amore per la Calabria, ma anche da esperienze concrete. Voglio citare quelle narrate da Borgomeo nel suo recente libro, perché alcune sono state una sorpresa anche per me. È il caso della Fondazione di Comunità di Messina, nata per favorire le connessioni tra sistema educativo, welfare, sistema di produzione, dotazione di conoscenze.

Grazie all’impegno dei soggetti promotori il distretto sociale evoluto, composto da tutte le organizzazioni aderenti al progetto, è oggi, come si legge sul sito, un ecosistema economico in continua evoluzione. È il caso, però, anche della straordinaria cooperativa Valle del Marro, nata da un progetto di Libera nel 2004. I soci fondatori sono un gruppo di ragazzi che hanno trasformato la terra della piana di Gioia Tauro in una terra fertile, perché davvero libera. Coltivano prodotti, certo, ma coltivano anche una Calabria migliore, non più soffocata dalla paura e dalla rinuncia.

Ecco in sostanza, quindi, cosa scrive Carlo Borgomeo in L’equivoco del Sud ed ecco, anche ed umilmente, quale è l’idea di economia futura per la quale sono salita in politica. Dobbiamo passare dal Pil al capitale sociale.

La cooperazione, il Terzo Settore, non solo producono benessere, ma contribuiscono in maniera determinante ad un Sud più felice dove lo sviluppo non è pensato in termini di emergenza e saltuario intervento ma come progetto sociale dalla responsabilità condivisa – tra politica, imprenditori, lavoratori.

Certo, dimenticare il Meridione dei programmi ministeriali e lavorare per la rinascita di quello vero e quotidiano non è impresa facile. Non c’è una formula magica. Serve il costante impegno di chi opera nelle istituzioni, di chi anima i partiti ma anche degli operatori sociali e dei cooperanti. Per troppo tempo il Terzo Settore è stato un mondo diviso, in cui la logica della fazione ha prevalso su quella di sistema. Ed è stato nelle fratture tra associazioni concorrenti e territori che si è sviluppato il nostro grande male: la divisione non ci ha permesso di dotarci di una unica voce. Per cambiare il Sud dobbiamo, allora, cambiare prima di tutto le nostre teste.

Lo dico da responsabile nazionale del terzo Settore di Scelta Civica ma lo dico, soprattutto, da calabrese e da economista sociale. Il bene comune non è un dono, ma un progetto. Sta a noi portarlo avanti. Con l’orgoglio di voler davvero restare qui.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento