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“Il Pdl chiedeva voti alla ‘ndrangheta”. Parola di pentito
30 Lug 2013 07:45

Incontrai Aiello nell’ufficio di Giovanni Scaramuzzino prima delle regionali ed egli mi chiese di appoggiarlo, dicendo che, qualora fosse stato eletto, avrebbe procurato a me e Maurizio Molinaro lavori all’ospedale di Lamezia Terme”. A parlare così è il boss Giuseppe Giampà, figlio del capocosca Francesco, detto ”il professore”, divenuto collaboratore di giustizia. E la persona a cui fa riferimento è Piero Aiello, senatore del Pdl dal marzo scorso ed in precedenza consigliere ed assessore regionale della Calabria.

E’ stata la testimonianza di Giampà, resa davanti al pm della Dda di Catanzaro Elio Romano, a inguaiare il parlamentare ed a spingere la Dda a chiederne l’arresto per voto di scambio nell’ambito dell’operazione Perseo. Richiesta respinta dal gip contro la decisione del quale la Dda ha già fatto ricorso al tribunale del riesame. Aiello, dal canto suo, si è detto amareggiato per una ”vicenda triste ed assurda. Ho stretto migliaia di mani – ha aggiunto – ma mai e poi mai queste strette di mani, per quanto mi riguarda, hanno rappresentato, né potranno mai rappresentare, accordi per appalti e prebende di vario
genere.

Se poi qualcuno, artatamente e strumentalmente, a vario titolo ha supposto ciò per qualsivoglia motivo, sono fortemente certo che sarà clamorosamente smentito da quella Giustizia che ho sempre rispettato, in cui ho sempre creduto e nella quale continuerò a credere”. Giampà in più interrogatori, l’ultimo dei quali il 3 luglio scorso, colloca l’incontro a ridosso delle regionali del 2010 affermando che vi aveva partecipato anche un altro elemento di spicco della cosca, Saverio Cappello.

Entrambi riferiscono che l’incontro con Aiello si era svolto nello studio dell’avvocato Giovanni Scaramuzzino (arrestato stamani) e, ha specificato Giampà, per volontà del padre del legale, primario all’ospedale di Lamezia. Le versioni dei due collaboratori, però, non concordano su quanto avrebbe detto Aiello. Se per Giampà, infatti, il politico avrebbe detto di essere pronto ”a mettersi a disposizione” in caso di elezione, per Cappello, fu invece l’avvocato Scaramuzzino, in separata sede, a dire che in caso di aiuto ad Aiello, questi si sarebbe messo a disposizione.

Ed è su questo elemento che punta il gip Abigal Mellace per respingere la richiesta d’arresto. Le dichiarazioni dei due collaboratori, scrive il gip, ”non consentono di ritenere integrato a carico di Aiello il reato di corruzione elettorale in quanto non provano che costui, nel partecipare alla medesima riunione, ha promesso ai suoi interlocutori benefici o altre utilità”.

Inoltre, secondo il gip, non c’è prova che Aiello ”sia stato effettivamente consapevole di partecipare ad una riunione con importanti esponenti di vertice di una delle più pericolose organizzazioni di ‘ndrangheta calabrese”. Cappello ha riferito che Scaramuzzino aveva presentato Giampà ad Aiello come ‘‘il numero uno di Lamezia Terme”, mentre lo stesso Giampà ha detto di presumere ”che il politico sapesse chi ero io e le persone che erano con me in quanto, così come Scaramuzzino ha descritto a noi chi era la persona che dovevamo incontrare, altrettanto credo avesse fatto nei confronti del politico”.

Ma per il gip ”non può neppure non evidenziarsi che la riunione elettorale cui Aiello ha partecipato è nata su iniziativa di un amico del politico, il padre dell’avvocato Scaramuzzino, e che la medesima si è svolta all’interno di uno studio legale, dove è stata gestita interamente da un avvocato”.


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