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C’è una lite sulla vendita della casa natale di don Pino Puglisi. I familiari del beato: “agire e non blaterare”
21 Ago 2013 08:19

”Coloro che si dichiarano ‘amici storici’ di padre Puglisi ci devono dimostrare cosa hanno fatto per continuare quello che il nostro familiare voleva. Dov’è la loro solidarietà? Dov’è la loro presenza a Brancaccio? Lungo le vie della sofferenza?”.

Gaetano e Francesco, fratelli del Beato assassinato dalla mafia il 15 settembre 1993, con una lettera si schierano dalla parte di Maurizio Artale, il cui centro padre Nostro, da lui presieduto sta per acquistare la casa in piazza Anita Garibaldi dove abitò il sacerdote ”per farne un luogo dove permettere ai pellegrini di raccogliersi in preghiera”. Costo 135 mila euro.

Una decisione contestata da alcune persone che collaborarono con il prete. La casa di 85 metri quadrati era di proprietà dell’istituto autonomo case popolari. Dopo la morte di padre Pino fu riscattata da una famiglia che abita lì da 15 anni. ”Abbiamo già firmato il compromesso e versato 40 mila euro e lanciato una sottoscrizione per raccogliere 35 mila euro entro il 30 gennaio prossimo per la stipula del contratto – afferma Artale – Gli altri soldi per comprare il piccolo appartamento sono arrivati da alcuni finanziamenti: 15 mila euro dalla Fondazione Mcmc, altrettanti dalla Fondazione NoWomanNoLife entrambe di Lugano, cinquemila dalla Multi Veste Italia 4 Srl-Forum Palermo, cinquemila dall’associazione Medici dermatologici”.

”Cifre cui aggiungere – spiega Artale – i 18 mila ottenuti come risarcimento per le sentenze di costituzione di parte civile nei due processi”. Lamenta Rosaria Cascio, autrice del libro su Puglisi ”Beato tra i mafiosi” e animatrice dell’associazione ”Si ma verso dove”: ”Riteniamo sia un’operazione di speculazione. Soltanto la diocesi può autorizzare l’apertura di un centro per il culto e per questa finalità c’è la parrocchia. Padre Puglisi aveva come messaggio la gratuità e il legame strettissimo con la carità esercitata dai fedeli”.

Ribatte a muso duro Artale: ”Questi amici di padre Puglisi si limitano a scrivere libri e chattare su Facebook, ci diano invece una mano a lavorare. Non li ho mai visti a Brancaccio dove la sofferenza di tanta gente ha commosso padre Pino e lo ha spinto ad aprire il centro di accoglienza”. Chiosano i fratelli Puglisi: ”È facile criticare e farsi pubblicità gratuita per mezzo dei giornali! A noi familiari diretti, come al nostro Padre Puglisi, e come ai giovani del Centro Padre Nostro, piace agire e non blaterare”. E aggiungono: ”A noi addolora ascoltare e leggere le critiche infondate mosse nei confronti di Artale e dei giovani del Centro a proposito dell’acquisto di questa casa perché in realtà questo è un desiderio della nostra famiglia”.


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