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A scuola non si studia più la Geografia. Nel silenzio generale…
18 Set 2013 07:36

La Geografia è a rischio scomparsa tra le discipline scolastiche.

Infatti, essa è da lungo tempo considerata la “Cenerentola” delle discipline scolastiche, a tal punto da essere talmente trascurata rispetto alle altre, da rischiare di scomparite definitivamente dall’elenco delle materie.

Tale difficoltà della Geografia ha origini lontane e risalenti nel tempo. Infatti la riforma Gentile la qualificò come una disciplina “residuale”, in quanto decise di collocare il suo insegnamento insieme ad altre materie scolastiche assegnate a docenti specialisti in altre discipline. Da allora, la situazione non è affatto migliorata, anzi, è andata peggiorando.

Nel corso degli anni, la Geografia ha sempre più assunto un ruolo di materia accessoria, secondaria, sovente oggetto di suo studio soltanto mnemonico. Tale approccio è molto sbagliato, poiché la Geografia è una disciplina trasversale, che abbraccia contestualmente la dimensione naturale ed antropica del mondo.

Pertanto, non è possibile ridurre la Geografia al mero sforzo di memorizzare le capitali del mondo, l’elenco dei mari, i monti o i fiumi del nostro pianeta. La conoscenza della Geografica deve favorire la comprensione della diversità delle culture, del significato dei luoghi, del rapporto esistente tra le società umane e gli ecosistemi.

Un anno fa, l’allora Ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ha suscitato enormi polemiche, sollecitando un cambiamento della programmazione scolastica in relazione al cambiamento sociale e demografico.

Secondo questa non isolata impostazione, l’immigrazione ha mutato la popolazione scolastica in modo rapido e profondo, al punto tale che esistono zone d’Italia dove oltre metà degli studenti delle scuole elementari e medie proviene da paesi stranieri. Tale premessa comporterebbe la necessità di modificare il modo di insegnare, con particolare riferimento alla Religione ed alla Geografia.

Per quanto riguarda la Religione nel nostro ordinamento scolastico, essa significa, semplicemente, l’insegnamento della Religione Cattolica. Secondo le nuove tendenze didattiche, bisognerebbe adeguare l’insegnamento di tale materia, trasformandola in storia delle religioni.

Relativamente alla necessità di modificare anche l’insegnamento della Geografia, essa si dovrebbe studiare ascoltando le testimonianze di chi proviene da altri Paesi. Visto che già oggi gli studenti apprendono la disciplina non dai libri, ma dai compagni che raccontano le loro città e i loro costumi.

A differenza di quel che è avvenuto per la Religione, nessuno è solito sollevare polemiche su tale impostazione.

Si è riscontrata la stessa indifferenza quando, con la Riforma Gelmini del 2010, il tempo previsto per la Geografia nell’orario scolastico è pressoché sparito, a seguito di una sostanziale riduzione delle ore di insegnamento della materia in questione, nel biennio dei Licei e, ancor più, negli Istituti Tecnici, fino alla totale scomparsa negli Istituti Professionali.

Tutto questo è avvenuto senza grandi clamori negli ambienti politici, ma, ancor più grave, in quelli intellettuali. Se ne sono accorti solo gli addetti ai lavori, cioè i professori e gli insegnanti di Geografia.

Probabilmente, la scomparsa della Geografia dall’orario scolastico non ha provocato alcuna reazione semplicemente in quanto, ai più, è sfuggito che questa materia esista ancora nei programmi scolastici.

Tale fenomeno è speculare alla silenziosa scomparsa del territorio, divorato dalle speculazioni immobiliari che affliggono il mondo intero. Contemporaneamente, è anche scomparsa la percezione delle distanze e dei confini, dei percorsi e degli itinerari.

Ormai, nessuno organizza i propri viaggi od i propri spostamenti, utilizzando mappe o carte geografiche, poiché ci si affida passivamente alla guida sicura del GPS di un navigatore satellitare o di uno smartphone, il quale, magari, non è aggiornato e ci conduce inconsapevoli verso percorsi più lunghi del necessario, se non, addirittura, fino a mete inesistenti o strade vietate.

Sembra che la maggior parte di noi senta la necessità di non avere il problema di cercare una destinazione, sentendo il “peso” di comprendere lo spazio lungo il quale ci si muove.

Questo modo di pensare è generato dall’evoluzione che ha avuto lo spazio in questi ultimi anni, il quale ha perso ogni contatto con il territorio. Grazie alle reti informatiche, le distanze si sono annullate e qualsiasi cosa è accanto a noi. In altri termini, è scomparso il concetto classico di luogo.

Basta utilizzare Skype ed è possibile parlare con chiunque, dovunque egli si trovi, senza che le distanze reali siano rilevanti.

Inoltre, i media informano a flusso continuo su qualsiasi evento mondiale, coinvolgendo gli individui nelle vicende che avvengono in luoghi di cui fino ad un attimo prima se ne ignorava l’esistenza.

Tuttavia, la perdita dei concetti di distanza e di luogo rende tutto, al tempo stesso, vicino e lontano. Di conseguenza, un luogo fisicamente vicino a noi può apparire lontanissimo, con la conseguenza che le sue vicende sembrano erroneamente non riguardarci.

Un sistema educativo che pone così poca attenzione alla Geografia genererà individui sempre più soli, in quanto l’assenza della comprensione dell’importanza dei luoghi fisici diminuisce la possibilità di condividere le proprie idee, incontrandosi con gli altri.

Quest’amnesia geografica del sistema scolastico italiano comporta anche la perdita dell’importanza dello studio della Storia, in quanto non può esserci Storia in una società senza memoria dei propri luoghi e del proprio territorio. La scomparsa di queste due discipline rende difficile, sia la comprensione del passato, sia la prefigurazione del futuro, in quanto non c’è Storia senza Geografia e viceversa.

Quest’ultima affermazione trova conferma nel fatto che la Storia vive anch’essa un momento difficile nella Scuola italiana, venendo associata alla Geografia nei programmi, pur rimanendone distinta.

Questa progressiva erosione di spazi didattici nelle scuole comporta un’ulteriore conseguenza negativa, direttamente collegata al fatto che, oggigiorno, molti studenti sono di origine straniera. Una seria politica d’integrazione non può escludere la consapevolezza dei loro luoghi di origine, ma senza la Geografia diventerà difficile per questi bambini di origine non italiana comprendere da dove provengono e dove vivono oggi. Diventerà, altresì, difficile la comprensione dei motivi che hanno portato i loro genitori ad emigrare, magari fuggendo dalle miserie o dalle guerre. Queste considerazioni portano ad un’unica conclusione: senza la Geografia e la Storia sarà molto difficile educare i giovani ed integrare i nuovi italiani.


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