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E il governatore della Puglia davanti ai magistrati “non ricorda”
27 Dic 2013 09:44

Per oltre sei ore il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha risposto nella caserma del comando provinciale della Guardia di finanza di Taranto alle domande dei magistrati della Procura ionica che lo hanno iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di concorso in concussione aggravata nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell’Ilva.

Pochi minuti, a sera inoltrata dell’antivigilia di natale. Il governatore ha risposto ad alcune domande con la frase “non ricordo”, riferisce il quotidiano Il Fatto. ”Per me era un dovere e anche una necessità, una impellenza morale farmi interrogare da questa Procura. Non ho sinceramente nulla di cui vergognarmi per quello che ho fatto per amore della città di Taranto” ha detto Vendola uscendo dalla caserma della Guardia di finanza dopo l’interrogatorio.

”Gli equivoci – ha aggiunto affiancato dal suo legale, l’avv. Vincenzo Muscatiello era giusto che fossero affrontati, guardati, che i sospetti potessero essere allontanati. Spero di essere stato all’altezza di un compito molto difficile qual è quello di esercitare, in una fase come questa, una difesa che, per quanto mi riguarda, non è solo la difesa di Nichi Vendola. E’ la difesa di nove anni di storia della Regione Puglia”.

Vendola non ha voluto entrare nel merito delle contestazioni mossegli dai magistrati, sottolineando invece il ”garbo” mostrato dagli inquirenti e aggiungendo di aver depositato ”tante cose”. ”Sono venuto qui senza lamentarmi – ha detto ancora il governatore – sono stato sottoposto ad una indagine per qualcosa che non ho fatto. Tuttavia, siccome sono il presidente della Regione Puglia, è giusto che chini il capo e venga a difendermi nelle sedi opportune, come fanno i normali cittadini. Sono sereno – ha concluso – perché non ho mai fatto niente di male nella vita mia e non ho mai fatto niente di male a Taranto, che è una città meritevole di tanto amore e impegno. Mi sento gratificato dalla possibilità che ho avuto di dire fino in fondo la mia”.

Erano stati gli stessi Vendola e Assennato a chiedere di essere interrogati dopo che il 30 ottobre scorso è stato loro notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Il governatore pugliese era arrivato in caserma poco prima delle 15, seguito a distanza di minuti dai magistrati inquirenti (il procuratore Franco Sebastio, il procuratore aggiunto Pietro Argentino, i sostituti procuratori Remo Epifani e Giovanna Cannarile, ai quali si è aggiunto più tardi il pm Raffaele Graziano).

Secondo la Procura, nel 2010 Vendola avrebbe esercitato pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per ‘ammorbidire’ una relazione sugli elementi inquinanti prodotti dall’Ilva, ipotizzando una mancata riconferma dello stesso Assennato ai vertici dell’Arpa regionale.

Le accuse al governatore pugliese e leader di Sel si riferiscono al periodo compreso tra il 22 giugno 2010 e il 28 marzo 2011. Assennato, che è assistito dall’avv.Emanuela Sborgia, è accusato di favoreggiamento personale perché avrebbe negato, quando è stato sentito come teste dagli inquirenti, di aver ricevuto pressioni dal governatore per favorire l’Ilva.


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