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Il Sud, terra incompiuta e piena di risorse. Malata di diffidenza
20 Feb 2014 07:21

Resto Al Sud. Ma prima di ancorarsi, credo sia doveroso riflettere sul concetto di Sud, parola fulcro di un portale ad esso dedicato.

Mi sono interrogato, nella mia vita di studioso, sul Meridione d’Italia e la sua storia. Seguendo il solco tracciato da Giustino Fortunato, Salvemini e Croce, ma conservando gelosamente una mia autonomia di giudizio, basata sui fatti della storia.

E sono giunto a condivisa conclusione, che la storia del Sud è quella dettata dalla conformazione del suo territorio. Ovvero: in fondo ad una penisola che somiglia ad uno stivale, circondato dunque dalle acque, attraversato da una dorsale di monti altamente boschivi, diviso dal resto della penisola da un confine invalicabile, ossia lo Stato Pontificio. Questi gli ingredienti che hanno creato il Sud.

Federico II di Svevia, aveva percepito che il centralismo di uno stato, poteva eliminare le insidie che questo territorio poteva nascondere. Quali? La feudalità ed il brigantaggio.

La conformazione si prestava all’una e all’altro. E infatti, i successivi reami, per risolvere la difficile condizione del controllo del territorio, hanno apportato linfa al feudalesimo e si sono servite del brigantaggio, come esercito di ventura. Così, milioni di vite, sono nate, cresciute ed estinte, in un solco di terra, senza un’identità ed una speranza. Solo terra, padroni, guardie del re, che parlavano lingue incomprensibili e che imponevano leggi cangianti.

Il Sud dell’Italia è stato un susseguirsi di conquistatori, nell’immobilismo più assoluto. Una contraddizione, ma solo all’apparenza. Chiunque veniva a conquistare questo lembo d’Europa, aveva tra le mani un reame impercettibile e “comunicava” al feudatario che serbava il potere, il cambio di casacca. Non poteva fare altro.

Ecco dove nascono le mafie. Esse, non certo nella forma attuale, erano l’unico potere che assicurava la certezza di alcune regole. Poche, antropologiche, ma certe.

Se un giovane ingravidava una ragazza e si rifiutava di sposarla, il padre chiedeva al mafioso di far celebrare le nozze. Se un mezzadro non rispettava i confini del suo terreno, la vittima non aveva accesso alla giustizia, se non a quella spicciola delle canaglie organizzate. Sono piccoli esempi, per far intendere come il Sud, si è commissionato a questi micro-poteri, per l’assenza di uno stato e dunque di una giustizia. Tali poteri ambigui e fondamentalmente anarchici, assicuravano un malcerto tribunale collaterale, o una risorsa sovversiva, quando il livello di soprusi superava il sostenibile. Tale osservazione, lungi da teorie giustificazioniste, è una doverosa chiave di lettura sociologica, per sottrarsi a semplificazioni manichee sul bene e sul male.

Cosa è dunque il Sud? E’ il figlio della sua disgraziata storia. Una terra di scambio nello scacchiere europeo. Una sorta di contentino, per mantenere equilibri internazionali, tra i Borbone, gli Asburgo, gli Hannover, gli Asburgo-Lorena, gli Aragona, ma anche piccole casate, come quella dei Savoia.

Non ci si può lamentare dei suoi ritardi, se la sua storia di mille anni è stata tale. Le città-stato di Napoli e Palermo, con la loro opulenza artistica e la loro fertilità culturale, erano delle isole felici, che però non possono fare testo per tutti i milioni di ettari restanti.

Ma venne il giorno che il Sud, con l’Unità, divenne materia di studio per un’integrazione europea, più che italiana (considerando che l’Italia non c’era). E dopo un secolo e mezzo di cambiamenti ed interventi, massicci e sghembi, eterodiretti ed autonomi, non è più il Sud testé descritto, ma una bella incompiuta piena di risorse, che porta un fardello: la diffidenza.

Per troppi secoli tutti hanno dissanguato questa terra. E certe ferite non si suturano facilmente.


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