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Caro ex sottosegretario lei deve chiedere scusa
06 Mar 2014 04:56

Così il direttore dell’Ora della Calabria, Luciano Regolo risponde alle accuse dell‘ex sottosegretario alle Infrastrutture Antonio Gentile Gentile.

Ecco l’editoriale pubblicato ieri sul quotidiano calabrese:

C’è qualcosa che continua a sfuggirmi nelle esternazioni del senatore Tonino Gentile riguardo all’Oragate. Ieri ha parlato al Tg3 lasciando intuire fosche trame complottistiche dietro la nostra pubblica denuncia.

Probabilmente non accettando il fatto che, come ha detto con rara efficacia Ezio Mauro, il “cambiamento non risparmia nessuno”, ha parlato di “mandanti” e di “àscari“. Questi ultimi erano i militi indigeni dell’Africa Orientale Italiana, che vennero inquadrati come regolari dei Regi Corpi Truppe Coloniali. In origine gli àscari erano un folto gruppo di mercenari, una banda armata fondata in Eritrea da Sangiak Hassan, un avventuriero albanese che mirava a servire i signorotti locali. I lettori perdonino questa digressione storica, ma mi pareva opportuna per sottolineare il paradosso nelle parole del senatore. Chi si è presentato e in toni minacciosi come “ascaro” o “sicario” della famiglia Gentile è la persona di cui ho registrato la telefonata, che fa più volte il nome di Tonino e ricorda come e quanto potrebbero nuocere alla famiglia dell’editore, specialmente dopo la formazione del governo e la sua nomina a sottosegretario.

La “macchina di fango” come la chiama il senatore si è messa in moto per quella chiamata che ha fatto irrompere il suo nome in modo prepotente nella vita e nel lavoro di tutta una redazione e di un giovane editore. Lo stampatore De Rose, nella registrazione, afferma più volte che “Tonino sa” della sua iniziativa censoria e che i Gentile stanno aspettando una conferma della mancata uscita della notizia, e chiarisce che se l’operazione non andrà in porto il cinghiale ferito ammazzerà tutti. Il senatore ha parlato ieri anche di una “manina” che avrebbe portato a galla lo stralcio dell’inchiesta sulle consulenze d’oro riguardante il figlio Andrea Gentile, il quale, sostiene, «non ha ancora ricevuto alcun avviso di garanzia».

Sorvolando sul fatto che ieri La Repubblica ha persino pubblicato l’iscrizione sul registro degli indagati di Gentile jr, al quale vengono contestati reati quali abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere, la cosa più sorprendente è che Gentile padre continui a non spiegare come mai il figlio abbia mandato, alle 21.18 (vedi a lato) della notte in cui avvenne il misterioso “guasto” alla rotativa dell’Ora, un inequivocabile sms al nostro editore: «Ti sto chiamando ma non rispondi. Ho parlato con Umberto (De Rose, ndr) e desidero ringraziarti per quello che farai».

Questo messaggino prova innanzitutto che Andrea era pienamente a conoscenza della fosca iniziativa intrapresa dallo stampatore per convincere l’editore a farmi “cacciare ’a notizia”. Lo stampatore per altro viene avvertito “in tempo reale” da Gentile jr che l’editore non gli sta rispondendo, tant’è vero che di lì a breve De Rose manda a sua volta un sms ad Alfredo Citrigno: “Ti hanno chiamato ma tu non rispondi”. Ma il messaggino di Andrea Gentile conferma anche che il figlio del senatore evidentemente sapeva molto bene che era indagato, altrimenti perché si sarebbe adoperato per ringraziare l’editore dell’oscuramento della notizia? Perché allora il senatore continua lui a gettare fango su una redazione che voleva semplicemente eseguire il proprio lavoro onestamente e senza bavagli e che non ha potuto vedere il 19 febbraio andare a buon fine il frutto del proprio lavoro?

Se De Rose ha mentito nel presentarsi come “garante” di Tonino Gentile e della sua famiglia, quereli lo stampatore, lo smentisca chiaramente, ne prenda le distanze ufficialmente, non continui a far finta che quella telefonata non sia mai esistita. Parli con suo figlio, si chiariscano fra di loro. Perché altrimenti si fa solo baccano inutile e si rendono ancora più oscuri i contorni di una vicenda davvero poco edificante. Noi dell’Ora non siamo “ascari”, né riceviamo mandati da chicchessia. E credo che sia proprio il senatore a dover chiedere scusa con umiltà, anche se dubito seriamente che lo farà. Preferisce passare come vittima, addirittura come patriota che si sacrifica dimettendosi dalla carica di sottosegretario per permettere al governo di concentrarsi su vicende più serie.

Poche ore prima delle sue dimissioni però aveva dichiarato di non avere alcuna intenzione di mollare. E per altro a me risulta da fonte diretta e scritta che c’è stato un intervento decisivo di Renzi perché questa scelta avvenisse. Eticamente e moralmente questa, dopo la brutta storia che abbiamo vissuto, era una decisione dovuta in ogni nazione civile. Perché quella telefonata che conosce tutto il mondo e quegli sms inequivocabili lanciano un’ombra minacciosa che non si poteva e non si doveva ignorare, al di là delle responsabilità sul piano penale che spetta solo alla magistratura accertare.

Così la pensa tutta la stampa europea che, il giorno delle sue dimissioni, mi aveva invitato a un incontro a Roma, così la pensa gran parte della stampa nazionale. Con buona pace del presidente di tutti i calabresi Peppe Scopelliti che in questa vicenda ha fatto davvero la più magra figura, elogiando sperticatamente il compagno di partito, senza curarsi di un diritto costituzionalmente garantito (la libertà di stampa) calpestata la notte tra il 18 e il 19 febbraio, da qualcuno che parlava “per nome e per conto” dei Gentile.

Ha preferito far finta di nulla, ha parlato di rotative che si rompono spesso in Calabria, di assenza di prove… Un’arrampicata sugli specchi. Almeno Quagliariello ha assunto una posizione più accettabile ed equilibrata, contemperando le ragioni del Nuovo Centro Destra con quelle dell’eticità e della chiarezza. Continuino pure i Cicchitto, gli Alfano, a confondere le acque. Continui pure Formigoni, con l’aria e il look sempre più vampireschi alla Klaus Kinski di Nosferatu, a definirci con alterigia “giornaletto di provincia”, mentre Radio Padania ci elogiava per il nostro rigore professionale. La gente non se la beve. La Calabria, quella della gente che crede in valori sani, non se la beve. Basterebbe a questi politici granitici leggere le migliaia di lettere, telefonate e sms che ci stanno mandando per rendersene conto. Ma a loro che importa dei bisogni, delle idee, dei valori della gente del Sud?  (Luciano Regolo)


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