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La fierezza del Sud
17 Mar 2014 05:59

Nell’ultimo decennio, si è disvelata la rilettura dell’Unità d’Italia, da parte di storici  e giornalisti. Il fenomeno ha alimentato la consapevolezza, tra i cittadini del Sud, che i “briganti” non erano briganti.

L’epopea descritta nei libri scolastici, di un Garibaldi liberatore e di un Savoia che unisce la penisola, ha cominciato a scricchiolare.

Chi li ha scritti quei testi?

Nella scuola dell’obbligo, essendo rivolta a giovani menti, il tentativo della semplificazione è un’esigenza. Ma nel seguito degli studi, una maggiore attenzione nel porre le vicende storiche, si deve e si doveva pretendere.

Raccontare che la penisola italiana era divisa in tanti piccoli stati, occupati da casate straniere e usata come merce di scambio nello scacchiere europeo, porta a dipingere colui che l’ha “unita”, come un mero liberatore. E’ quasi un riflesso sintomatico arrivare a questa conclusione.

Non solo quindi verità storica di comodo, ma verità di “logica”.

Poi, con un approfondimento, i fatti si possono leggere diversamente. Dipende dall’impostazione culturale dell’individuo.

Chi è nato al Sud, acculturandosi, viene a sapere di aver fatto parte per mezzo millennio di un regno, e che tale regno è stato invaso nel 1860 da un manipolo di assaltatori, guidati da un abilissimo generale di guerriglia. Tale comandante, Garibaldi, ha trovato a contrastarlo un esercito allo sbando e terreno fertile tra la popolazione e la classe dirigente locale. Egli, dalla Sicilia, sale la penisola sino alla Campania, per incontrare il re della casata Savoia, che aveva provveduto a scendere dal Nord a capo del suo esercito. L’incontro sancisce idealmente l’inizio dell’Unità della penisola-nazione.

Risultato: fine delle dittature straniere, dignità del riconoscimento internazionale, un parlamento, elezioni, costruzione di un’economia.

Tale copioso risultato, ha cancellato per un secolo e mezzo “l’invasione” e l’annessione di un regno: quello delle due Sicilie.

Ma un secolo e mezzo di verità di comodo, ha cancellato mezzo millennio di storia?

Come potete costatare la questione è complessa. Ed i Savoia hanno raccontato la storia che faceva loro comodo, il fascismo l’ha avvalorata, la Repubblica Italiana l’ha adottata. Poi, appunto, arrivano storici non accademici e giornalisti con il gusto della storia, a raccontare come i fatti non sono propriamente quelli raccontati.

Qualcuno ha ecceduto, trasformando i briganti-briganti in soldati, i soldati del regno in eroi ed i governanti in fari illuminati. Ma l’enfasi della scoperta ed il dilettantismo, porta a distonie.

In linea di massima, si può dire che si è aperto un dibattito revisionista. Un prolifico dibattito, che sta facendo emergere anche l’orgoglio di un Sud, già “unito”, quando le altre parti della nazione erano fazzoletti di terra in balia di chiunque. E si tratta proprio di quei pezzi della nazione, i cui abitanti, guardano con spregio gli uomini del Sud, chiamandoli “terroni”.

Ohibò! Strano che figli di generazioni senza patria, guardano con aria di superiorità chi è appartenuto ad un regno. Se pur un po’ sgangherato, come ho avuto già modo di scrivere, ma comunque un regno. Esteso territorialmente e valido demograficamente, con una capitale che nel ‘500 aveva piu’ cittadini di Parigi.

Purtroppo al Nord si è troppo impegnati nel fare, come la cultura calvinista ha loro insegnato, e poco inclini al pensare. Non è un caso se i maggiori studiosi sono nati al Sud, una terra che ha sempre rispettato il valore della cultura, fino a fare della laurea lo scopo della vita di milioni di genitori.

Un giorno dissi ad un valido ingegnere di microelettronica del Nord: “Il vostro problema è che non date il giusto valore ad un libro”. La frase poteva apparire semplicistica, ma l’uomo rimase silente, perchè aveva capito il retropensiero di essa e perchè un libro, che non fosse narrativa, ma di storia o di filosofia, non l’aveva mai letto.

La cultura umanistica meridionale, ha un senso di superiorità verso la cultura economica del Nord, cosi’ come la cultura umanistica della Vecchia Europa, ha un senso di superiorità verso la cultura economica degli Stati Uniti.

Sarebbe opportuno che tutti gli uomini del Sud, ne siano a conoscenza e siano fieri di avere una vasto esercito di eruditi, dalla grande città al piccolo paese, che continuano a coltivare gli studi, in un mondo globale che corre dietro le amenità.

Ecco una delle certezze cui rimodellare il concetto di Sud.


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