';

Il consigliere comunale del Nord è un boss: “date fuoco a quel locale”
03 Apr 2014 08:17

Se un nuovo bar appena aperto dava fastidio ad uno degli affiliati, lui proponeva una soluzione: ”Prendi due taniche di benzina e dagli fuoco”. Se i gestori di un ristorante si rifiutavano di pagare il ‘pizzo‘, non gliele mandava a dire: ”Qua non ci state, può venire pure il Padreterno (…) andate pure dagli sbirri, andate dove volete”. Era un politico, ma, secondo l’accusa, parlava come un vero e proprio boss ed è anche per queste e tante altre intercettazioni che Ernesto Palermo, 45 anni, originario di Cosenza ma consigliere comunale di centro-sinistra a Lecco, è finito oggi in carcere con l’accusa di associazione mafiosa nell’inchiesta della Dda di Milano che ancora una volta avrebbe accertato le pesanti infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia.

In una delle decine e decine di telefonate, contenute nell’ordinanza firmata dal gip Alfonsa Ferraro su richiesta dei pm Claudio Gittardi e Bruna Albertini, Palermo, arrestato assieme al sindaco di Valmadrera Marco Rusconi (accusato di corruzione e turbativa d’asta) mette subito in chiaro quale sia la sua idea di politica. ”Come diceva Totò (…) cos’è la politica per lei? E’ l’arte di fottere all’italiana (…) tu vuoi fare sta cosa, cominciami a dare i soldi e la cosa te la faccio”, diceva il consigliere, il 20 aprile del 2011. E delle nuove ‘leve‘ della ‘ndrangheta il politico, che avrebbe seguito le direttive del presunto boss Mario Trovato, la pensava così: ”Ora vanno e minacciano ormai! Minacciano! La gente ti manda in galera dopo 2 minuti. Non ci sono più i tempi di una volta!’‘. Ma anche lui, che si sarebbe anche vantato di conoscere ‘‘tutti i capi” delle cosche sparse tra Milano e l’hinterland, non andava tanto per il sottile, sempre stando alle intercettazioni. Se è vero, come scrive il gip, che di fronte al mutare di ”atteggiamento” del sindaco Rusconi per l’affare di un concessione davanti al Lago di Como, aveva promesso una “spedizione punitiva” contro il primo cittadino. Palermo non vedeva tanto di buon occhio nemmeno il presunto boss Mario Trovato, ribattezzato ”Cipollino” nelle intercettazioni, perché troppo debole rispetto al fratello Franco Coco Trovato, ergastolano e storico capo della ‘ndrangheta lombarda: ”Se c’era Franco fuori (…) andavo da lui e dicevo che potevo avere la possibilità di essere eletto (…) mi faceva eleggere! Andava lui a contrattare con l’assessorato”.

Un’altra telefonata del 21 gennaio 2012, nella quale Palermo parla con la figlia Anna, offre poi, secondo i magistrati, uno ”spaccato illuminante sia della struttura associativa” che dell’attività di ”sostegno” del consigliere ”alla vita” del clan. Alla figlia che gli chiede spiegazioni su alcuni personaggi che Palermo frequenta, il consigliere risponde: ”Papà lo sai che cosa fa? Ti dico la verità … papà fa incontrare i delinquenti e loro fanno le cose, hai capito? A me non interessa! Io non le faccio le cose, hai capito? Io sono sicuro, io non le ho mai fatte, io le faccio fare a loro!”. Palermo, inoltre, sempre stando all’ordinanza, quando c’era da provare a inquinare le elezioni politiche locali andava anche fuori dai propri confini e dagli ‘steccati‘ di partito. Tanto che avrebbe offerto un ‘pacchetto’ di voti anche all’ex assessore comunale milanese del Pdl, Mariolina Moioli, per le elezioni comunali del 2011, ”attraverso Silvia Ghezzi, esponente politico lecchese in contatto con responsabili della campagna elettorale della Moioli”. E guardava anche oltre, quando diceva, intercettato nel maggio 2011, che ”si andrà anche alle elezioni governative” e Giuseppe Ennio Morrone, ex parlamentare dell’Udeur, ”è un uomo da quindicimila voti (…) E penso che Giovanardi non se lo deve far sfuggire”.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento