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Il giudice che scarcerava i boss
29 Apr 2014 09:10

La direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiesto il processo immediato per il giudice Giancarlo Giusti, ex gip del Tribunale di Palmi, e per altri sei indagati della cosca dei Bellocco, accusati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari aggravata dall’aver favorito una cosca di ‘ndrangheta, e concorso esterno in associazione mafiosa.

La richiesta, firmata dal Procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, e dai sostituti, Vincenzo Luberto e Carlo Villani, è stata depositata al Gip. Giusti era stato arrestato e posto ai domiciliari il 14 febbraio scorso dagli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria. Il magistrato si trovava già ai domiciliari per una condanna a 4 anni nell’ambito di una inchiesta della Dda di Milano ed era stato sospeso dal Csm.

Agli altri sei indagati furono notificate delle ordinanze di custodia cautelare in carcere. Giusti è accusato di aver incassato denaro per disporre la scarcerazione di alcuni esponenti di spicco della cosca Bellocco.

Il fatto, secondo l’accusa, risale al 27 agosto 2009 quando Giusti, in qualità di componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, dispose la scarcerazione di alcuni esponenti dei Bellocco contribuendo, così “al rafforzamento del programma criminoso” della cosca.

Nel corso delle indagini sono state effettuate una serie di intercettazioni telefoniche dalle quali è emerso il ruolo svolto dal magistrato per ottenere il denaro e disporre la scarcerazione. Il faccendiere Domenico Punturiero, di 49 anni, cugino dei Bellocco, secondo l’accusa, fece da tramite con Giusti che già conosceva per alcuni affari immobiliari fatti a Milano.

Fu a Punturiero che gli esponenti della cosca Bellocco consegnarono 40 mila euro, prima tranche del pagamento destinato a Giusti, pari ad un terzo dell’importo totale, affinché li desse al giudice.

Il ruolo centrale assunto nella vicenda corruttiva da Punturiero e da Giusti, secondo gli investigatori, è rivelato “dal chiaro ed esplicito tenore delle conversazioni intercettate e dall’indiscussa, amicale e affaristica frequentazione tra i due”.

Il faccendiere, in particolare, secondo quanto hanno ricostruito gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria e dai magistrati della Dda di Catanzaro, era socio in affari dell’ex magistrato. La Dda di Catanzaro ritiene adesso di aver raccolto una consistente mole di documentazione e di prove tali da poter chiedere il processo con rito immediato.

Ora sarà il giudice per le udienze preliminari a decidere sulla richiesta della Dda e fissare, eventualmente, la data d’inizio del processo.


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