';

La Calabria della ‘ndrangheta e del risveglio
09 Lug 2014 06:28

Metti un libro, Io Parlo, scritto dalla giornalista Francesca Chirico, fondatrice del blog stopndrangheta.it. Metti una serata di inizio estate in una piazza che si apre sul mare nel borgo di Diamante sulla costa del Tirreno cosentino.

Metti 4 donne con storie ed esperienze diverse, che discutono di ‘ndrangheta raccontando la Calabria delle due facce, quella che si sottomette alla cultura della servitù e della mafiosità e quella che ogni giorno afferma con l’impegno e le scelte quotidiane che un’altra strada esiste.

L’evento organizzato dalla nascente associazione “Diamante la grande bellezza”, non è stato il classico dibattito sui temi della ‘ndrangheta e del ruolo che le donne hanno al suo interno a volte come vittime, a volte come comandanti di faide e guerre al massacro dei propri figli.

Insieme a Elena Fazio, attrice, Francesca Rennis, giornalista e docente di scuola superiore, Francesca Chirico, protagonista con il suo libro pieno di storie e vicende di donne che si sono ribellate alla realtà mafiosa che vivevano, abbiamo cercato di scavare nel profondo dell’anima di questa terra per capire in che modo la lotta alle mafie si trasforma in gesti quotidiani di legalità e non per forza in atti di eroismo.

Di tutto il dibattito, alcuni momenti in particolare hanno segnato un solco nel percorso che tutte noi abbiamo immaginato per la rinascita di questa terra : uscire dalla solitudine per abbattere quel muro che si chiama omertà che pesa più della stessa scelta di ribellarsi alla realtà mafiosa, e riscoprire la memoria di questa regione affinché la conoscenza si trasformi in responsabilità condivisa del problema ‘ndrangheta.

La vera partita, come dice Francesca Chirico, si combatte sugli spalti, ovvero nelle comunità con la consapevolezza che la mafia è un problema di tutti, e non solo dei magistrati e delle forze dell’ordine.

Costruire coscienza attraverso il racconto delle storie di ‘ndrangheta, delle sue vittime e di tutte le persone che con i loro progetti segnano quotidianamente un goal in favore della rinascita di questa terra, è la sola strada che potrà liberare tutti noi da una immagine stereotipata della Calabria che ci vede solo come una regione di mafia e corruzione.

Ho osservato con grande ammirazione la forza di Elena Fazio, figlia di un calabrese che ha deciso di ritornare per investire nella propria terra e che immediatamente si è scontrato con la violenza di chi questa terra non vuole si sviluppi affatto.

Negli occhi di Elena ho visto tanta amarezza per l’indifferenza della comunità che fa finta di non vedere e di non sapere, ma ho letto anche l’amore immenso per quella scelta di libertà e dignità che ha fatto insieme a tutta la sua famiglia lottando per le cose giuste e per un futuro migliore di quello al quale la Calabria sembra essere destinata.

Ho apprezzato la spinta all’impegno quotidiano forte di Francesca Rennis, che nelle scuole cerca di educare i giovani ad una vita di rispetto per se stessi e per gli altri consapevole dei tanti limiti del nostro sistema scolastico e di quanto lavoro personale sia necessario per fare in modo che nessuno dei suoi studenti cada nelle maglie di una vita fatta di crimini e mafiosità.

In un clima disteso perché pienamente consapevole di ciò che va fatto, nonostante il tema spinoso, ho visto tanti cittadini di Diamante ascoltare con trasporto i racconti di Francesca Chirico, le letture delle donne che si sono alternate sul balcone di Largo Savonarola, per affermare che un’altra Calabria, un’altra Italia senza mafie è possibile.

Sicuramente, parlare di ‘ndrangheta, come abbiamo fatto venerdì sera senza deresponsabilizzare noi stessi e mettendo in chiaro che tutti noi, cittadini, siamo i protagonisti di questa battaglia, abbiamo dimostrato che un modo nuovo e più coinvolgente di affrontare i temi più difficili della nostra terra è possibile.

Dunque, grazie all’associazione “Diamante la grande bellezza” per aver gettato un primo seme nella nascita di un modo diverso di costruire e fare cultura dell’antimafia…mentre ancora qualcuno usa le tradizioni religiose e culturali di questa terra per inchinarsi ai boss.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento