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Pontelandolfo, la strage del paese arso vivo
07 Lug 2014 09:27

C’è una macchia scura nella storia dell’Unità d’Italia, una vergogna che non può essere dimenticata.

Una strage di stato, si direbbe nel gergo del giornalismo attuale.

A compierla fu l’esercito regio. Era il 14 agosto del 1861.

Nel pieno della guerra che opponeva i filoborbonici all’esercito dei Savoia, o esercito italiano – in una delle zone più attive di tale guerra – il beneventano -avvenne un fatto che scatenò una reazione a catena.

A Pontelandolfo una componente della Brigata di Fra’ Diavolo, profittando dell’assenza di reparti dell’esercito savoiardo, entrò in paese, uccise le poche guardie rimaste ed issò la bandiera borbonica e proclamò un governo provvisorio.

Dopo quattro giorni, l’undici agosto del 1861, un luogotenente del regio esercito, cavalcava con i suoi quaranta uomini e quattro Carabinieri, verso tale paese in ricognizione.

Caddero in un’imboscata. Un gruppo di contadini ben armati, li catturò e li condusse nel vicino paese di Casalduni.

Qui furono tutti trucidati, per ordine del capo banda Michele Pica.

Riuscì a fuggire solo un soldato, un sergente, che arrivato a Benevento fece rapporto.

Il documento finì nelle mani del generale Cialdini, comandante in capo di tutte le operazioni.

Cialdini ordinò l’incendio di Pontelandolfo e Casalduni e l’uccisione di tutti gli abitanti. Un ordine pari allo stile di un bandito e non di un ufficiale di uno stato europeo.

Il generale ordinò l’eccidio ad un reparto comandato da un colonnello ed un maggiore, che giunsero in loco  la mattina del 14 agosto. Casalduni venne trovata disabitata, perchè i cittadini vennero a sapere del pericolo e fuggirono. A Pontelandolfo gli abitanti vennero sorpresi nel sonno.

E qui la barbarie fu totale. Le case furono bruciate con gli occupanti arsi vivi. Ma dove questi riuscirono ad uscire, furono vittime di un tiro a bersaglio e uccisi a fucilate.

Le donne dovevano essere risparmiate. Ma furono seviziate ed alcune violentate.

Una di esse si oppose allo stupro e venne fucilata.

I fatti furono relazionati dal deputato Giuseppe Ferrari, che si recò l’indomani del massacro a Pontelandolfo.

Il telegramma finale di un ufficiale chiosava: “Ieri matrina giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora.”.

Non si ha una stima precisa delle vittime. Si va dal centinaio alle mille.

Nel 2011, nella commemorazione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, Giuliano Amato, presidente del comitato delle celebrazioni, porse le scuse ufficiali dell’Italia, ai cittadini dei due paesi.

La macchia scura nella storia rimane, è indelebile.

Non dimenticare, è l’unico modo per sbiadirla.


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