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Il coraggio di Gaetano, l’imprenditore che abbatte la casa del clan
18 Set 2014 08:35

Si chiama Gaetano Saffioti ed è stato l’unico imprenditore palmese ad aver accettato la richiesta di demolizione fatta dal Prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, per abbattere la casa abusiva del clan dei Pesce di Rosarno (Gaetano Saffioni da 17 anni sotto scorta per aver fatto arrestare con le sue denunce decine di ‘ndranghetisti della Piana).

Nessun’altra impresa locale, finora, si era resa disponibile e nessuno ha mai partecipato alle gare di demolizione, per l’abbattimento della struttura realizzata addirittura su di un’area archeologica.

La casa, di proprietà di Giuseppa Bonarrigo (78 anni), usata regolarmente per gli incontri tra i boss, nel 2003 era stata acquisita dal Comune e sgomberata nel 2011.

Giuseppina Pesce, collaboratrice di giustizia, aveva dato importanti informazioni sul valore strategico di quella casa per la sua famiglia. Era stata Realizzata a metà degli anni ’80, in piena zona archeologica, senza che nessuno dicesse nulla. Circa 250 metri quadrati su un solo piano in un’area posta all’incrocio tra via Maria Zita e la strada che porta al vecchio e mai utilizzato ospedale. Poi nel 2003 Peppe Lavorato, il sindaco di Rosarno, l’aveva acquisita al patrimonio comunale per la demolizione.

Da lì in poi ci sono stati tutta una serie di bandi pubblici andati deserti. Infatti, nessun imprenditore, nonostante il periodo di crisi e la necessità di lavorare “si era azzardato” ad accettare l’incarico e a far giungere a Rosarno i mezzi per dare inizio ai lavori, fino all’arrivo del Prefetto Sammartino che in collaborazione con il Comando Provinciale dell’Arma ha accelerato l’iter, ben conscio del “valore di legalità” legato a quella demolizione.

Gaetano Saffioti, non ha perso tempo, e ha subito iniziato i lavori di demolizione, con i suoi operai, a cominciare dagli infissi, dalle tubature e dall’impianto elettrico. Poi è giunta la volta delle ruspe e degli escavatori che hanno buttato giù quella casa, simbolo di illegalità.

 


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