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Le labbra cucite di Fatì
02 Ott 2014 16:26

C’è un tunisino Fatì che qualche giorno fa al Centro di identificazione ed espulsione di Palese (Bari) ha preso ago e filo e si è cucito le labbra. C’è che domani a Lampedusa, e non solo lì, è un bruttissimo anniversario.

Un anno fa, il 3 ottobre del 2013, a poche miglia dal porto è affondato un barcone: 368 morti accertati, 20 i presunti dispersi. C’è che quest’anno al 26.o meeting delle riviste culturali europee, Eurozine, iniziato oggi a Conversano, in provincia di Bari, per iniziativa della Fondazione Di Vagno e di Lettera Internazionale, si parla di diritti e confini, ovvero di cercare casa nella Fortezza Europa. Durerà fino al 6 ottobre. Più di cento fra editori, giornalisti e intellettuali parteciperanno ai dibattiti e ai workshop in programma.

Tra i relatori: Carlo Galli, professore di Storia delle dottrine politiche a Bologna, editorialista e deputato del Partito democratico; Rita El Kayath, intellettuale marocchina, il politologo svedese Peo Hansen, il giornalista e scrittore Fabrizio Gatti e la scrittrice croata, ma svedese di adozione, Slavenka Drakulic.  

L’attualità di Fatì incrocia la storia della più grave catastrofe marittima del Mediterraneo, climax tragico dell’irrisolto tema dell’immigrazione, una ferita aperta nel cuore del mare nostrum. “L’Europa è un progetto incompiuto…e, perché la frontiera abbia qualcosa a che fare con la legge, si richiede che alla volontà di unità si accompagni la volontà di giustizia”, ha detto nella relazione d’apertura di Eurozine il Prof. Galli.

Giustizia. La chiede Fatì che protesta da giorni per la sua libertà e per le condizioni di vita all’interno del Centro di accoglienza. Rifiuta cibo, acqua e cure mediche. Il collettivo “Rivoltiamo la precarietà” dice che in quel posto si vive come in un lager. In realtà l’ha detto pure il Tribunale di Bari che lo scorso 9 gennaio 2014 con sentenza ha disposto lavori di ristrutturazione ritenuti “indifferibili e necessari”. Bene: a quasi cinque mesi dal dispositivo le aree abitative del CIE destinate ai migranti risultano ancora ben distanti dall’assicurare standard dignitosi di vivibilità. I servizi igienici di alcuni moduli versano in vere e proprie condizioni di fatiscenza.  Per farlo sapere a tutti quelli del Collettivo domenica 5 ottobre inizieranno un presidio permanente dinnanzi alla sede del Cie. La mobilitazione di domenica vuole fare anche sensibilizzazione sul reato di clandestinità e su quelle leggi – la Bossi-Fini e Turco-Napolitano – che in questi anni hanno reso assai precaria la vita dei migranti, economicamente sempre di più al ribasso e senza diritti riconosciuti.

«Cose che non si possono dire perché non si trovano le parole per dirle. Tutto quello che avete sofferto si contempla nel silenzio, si piange e si cerca il modo di essere vicini», ha detto Papa Francesco, incontrando ieri a Lampedusa  una delegazione composta da 37 persone, tutti eritrei (oltre 20 superstiti e alcuni familiari), provenienti da diversi Paesi europei dove hanno, nel frattempo, trovato accoglienza. Germania, Svezia, Norvegia, Olanda, Danimarca.

«A volte quando sembra di essere arrivati al porto – ha aggiunto il Papa ci sono cose durissime. Si trovano porte chiuse e non si sa dove andare. Ma ci sono molte persone che hanno il cuore aperto per voi. La porta del cuore è la più importante in questi momenti. Chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa che aprano le porte del cuore. Voglio dire che sono vicino a voi, prego per voi, prego per le porte chiuse perché si aprano!».

Ma “l’accoglienza non è solo una questione di buona volontà, di cultura della tolleranza,  di democrazia”, ha aggiunto il prof. Galli nella sua relazione a Eurozine. “Lo sdegno morale – ha detto – si deve accompagnare all’analisi storico politica…L’Europa oggi è il contrario di una fortezza perché non ha forza: né verso l’esterno né al proprio interno. ..L’Europa non è inospitale ma sta diventando passiva…E un’Europa sfidata dai giganteschi conflitti  che la lambiscono, che ormai la raggiungono. Non può accogliere un intero mondo in rovina, Africa, non ha la forza di competere con un mondo in ascesa, Cina, non sa agire senza l’America, guarda all’estremismo islamico con incredulità e paura ma senza una strategia propria”.

Domani sarà la prima “Giornata mondiale della Memoria e dell’Accoglienza“, indetta dal Comitato 3 ottobre, associazioni e istituzioni italiane ed europee si mobiliteranno con iniziative e cerimonie di commemorazione a Lampedusa.

Tra le altre iniziative previste anche la realizzazione di un murales dedicato ai naufraghi e un flash mob per le vie dell’isola con la partecipazione di 368 persone, stesso numero dei morti certi nel naufragio. Alle 16.30 poi una veglia di preghiera promossa tra gli altri da Comunità Sant’Egidio, Caritas Italiana, Acli e Centro Astalli. Alle 17.30 partirà invece un corteo a cui parteciperanno i cittadini dell’isola, i superstiti e i familiari delle vittime, i volontari, gli operatori del soccorso e quelli delle associazioni umanitarie; al corteo seguirà la liberazione in cielo di 368 lanterne. I sommozzatori delle Capitanerie di Porto collocheranno sul fondo del mare, accanto al relitto, una lapide con le impronte delle mani dei sopravvissuti e dei soccorritori. In contemporanea nei Centri di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Roma (Castelnuovo di Porto), Bari, Matera e Caltanissetta, gestiti dalla cooperativa sociale Auxilium, saranno organizzate delle fiaccolate. Dal primo ottobre è poi partito Sabir, il Festival diffuso delle culture mediterranee, promosso da Arci, Comitato 3 ottobre e Comune di Lampedusa. 


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