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Bamboccioni o disoccupati?
22 Ott 2014 09:06

“Non voglio che mio figlio patisca ciò che ho provato io”.

Intere generazioni, dal dopoguerra, sono vissute con questo manifesto culturale, per darsi un senso alla vita. Ciò ha prodotto, sopratutto al Sud, lo slancio per il progresso economico, che si tramutava in sociale, tramite l’accesso agli studi.

In virtù di tale osservazione viene da chiedersi quale è la propulsione dell’attuale generazioni di genitori.

Diciamo innanzi tutto, che il figlio non è più il perno del progetto di vita.

In sessant’anni si è creata una cultura individualista, dove in essa stessa è procreato un minimo di altruismo.

Nel senso che nel pensare a se stessi, si è pensato che esistono anche gli altri e non solo la famiglia, che al Sud assumeva connotati parossistici.

L’uomo e la donna del Sud, attualmente, sono in una linea di confine, tra la società “bene comune” e la famiglia “rifugio protettivo.”

L’una non esclude l’altra e convivono, ma la prossima tappa sarà la famiglia temporanea, pronta a disgregarsi alla maggiore età dei figli. Ciò che è già accaduto da più di trent’anni nel Nord Italia, seguendo le linee del pensiero calvinista delle nazioni del Nord Europa.

Ma la crisi economica ha rallentato tale mutamento. Nel Meridione molti giovani vivono in casa sino al trentennio inoltrato, a causa della mancanza di lavoro. Quindi il processo di autonomia individuale langue e si cerca di convivere nel medesimo appartamento seguendo un costruttivo ignoramento reciproco. Per salvaguardare i propri spazi vitali.

La contingenza ha spinto a studiare una forma di convivenza, dove figli e genitori vivono cercando di mascherare i riflessi delle pregresse identità.

Conosco molti giovani che sono tornati in famiglia e vivono con umiliazione tale condizione, altri che l’hanno accettata come temporanea, ricollocandosi adeguatamente nel nucleo familiare.

Sono queste le tematiche che riguardano gli studi sociali. Ed al Sud, più che al Nord, tale condizione di convivenza perdurata, viene vissuta con più disagio, perché molti nodi erano irrisolti.

Vengono a galla vecchie questioni esistenziali, che la lontananza da casa aveva in qualche maniera plasmato verso una pseudo-soluzione.

E’ tema complesso e importante, ma poco trattato negli aspetti della crisi economica. Perché si parla troppo di economia e si trascura la sociologia e la psicologia.

Ci fu un ministro che parlò di “bamboccioni”  e venne anche plaudito.

Se queste erano le premesse.


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