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Ci vuole una biblioteca per una buona tavola
18 Ott 2014 05:16

Un altro fatto notevole appreso, tra domenica e lunedì scorsi, nell’Orto dei Miracoli, come è stata battezzata la diciannovesima edizione dell’Appuntamento con la Daunia organizzato da Peppe Zullo, è che “senza una biblioteca non c’è una buona tavola”.

È un fatto che riguarda il pensiero e la cultura, l’ingrediente meno palpabile che lega tutti quelli che si coltivano, allevano, trasformano, cucinano e mangiano. Ne ha parlato Guido Pensato, scrittore, gastronomo, artista, per trent’anni “bibliotecario”, con un discorso perfettamente ciclico, scandito, anzi: quasi sillabato.

Pensato ha spremuto il senso di quello che Peppe Zullo ha realizzato nel Piano della Corte di Orsara di Puglia, in provincia di Foggia.
Non tanto per il pressoché autarchico utilizzo di ortaggi, erbe, frutti, vitigni “millimetro zero”, coltivati nella stessa tenuta di Villa Jamele e, spesso, recuperati in varietà che erano state ormai dismesse e dimenticate. Guido ha spiegato bene che poche cose come la cucina sono, invece, il frutto di scambi e contaminazioni, di esplorazioni nell’extraneus e di relazioni spericolate.

E infatti il cuore della visionaria visione di Zullo sta nella sua scuola internazionale di cucina, sognata e realizzata vent’anni fa, prima che cominciasse tutto (prima, per dire, che Carlo Petrini e Slow Food lanciassero il Salone internazionale del Gusto).

Succede, così, che Kenichi Motoyoshi, che ha cominciato il suo “grand tour” nelle cucine italiane alla Torre del Saracino di Vico Equense, giudichi essersi perfezionata qui, a Villa Jamele, la sua formazione e, a 41 anni, annunci la decisione di tornare nel suo Giappone per aprire un ristorante. Qualche ora dopo, “Ken” fornirà un esempio di quello che ha imparato, elaborando e presentando con precisione chirurgica e zenzero nipponici, una crema di finocchi dell’Orto zulliano, listelli di guanciale di maiale nero dei Monti Dauni, crostini di pane cotto nel forno a paglia orsarese di Angelo Di Biccari e olio extravergine d’oliva di peranzana.

“La minestra della nonna ci faceva schifo e avevamo ragione perché faceva effettivamente schifo”, stronca perentorio Guido Pensato. Servono lo studio, la ricerca e il sapere che si diffonde: servono i libri. Chiude il suo discorso, Pensato, parlando di una sua amica che dirigeva una biblioteca in uno di quei paesi del Monti Dauni, “territorio” vero nella provincia di Foggia, con paesaggi, natura, clima e cultura specifici, da una ventina d’anni disperatamente alla ricerca di un equilibrio tra conservazione e innovazione: area marginale e interna, abitata da persone che si riconoscono “mia faza, mia raza”, la stessa faccia, la stessa razza, in centinaia di spicchi d’Italia simili e diversi.

Di quelle che un altro visionario come Fabrizio Barca ha portato al centro dell’attenzione della nuova programmazione europea 2014-2020, facendola diventare una priorità nazionale che chissà se resisterà alla più recente “strategia millegiorni” del Governo Renzi.

Il pallino di Barca è come “allargare la macchia della bellezza” che sta nelle aree interne, in cui consiste il 60 per cento del territorio italiano, ma in cui abita solo il 24% della popolazione.

Nei giorni in cui si riascoltano i lamenti per il territorio italiano senza cura e in cui il Fondo Monetario Italiano chiede ai gioverni di ricominciare a investire in infrastrutture, le attrattive culturali e turistiche delle aree interne sono esposte all’invecchiamento di chi le frequenta giornalmente, se non all’abbandono da spopolamento. Invecchiamento e spopolamento causati dalla carenza di servizi, delle scuole, degli ospedali, delle infrastrutture.

La presidente nazionale di Coldiretti Giovani Impresa, Maria Letizia Gardoni, che ha concluso la seconda giornata dell’Orto dei Miracoli, quella introdotta dal gastronomo ex bibliotecario, lo ha rimarcato con voce garbata, osservando che si era dovuta mettere in macchina sei ore prima e aveva dovuto percorrere una strada impervia per raggiungere il paradiso di Villa Jamele.

D’altronde Guido Pensato aveva concluso quasi allo stesso modo, a proposito della sua amica bibliotecaria in pensione. Una signora che viaggia più spesso e, dalle sue destinazioni, si preoccupa di chiamare quotidianamente i suoi figli impartendo lezioni teoriche e pratiche per la cura degli orti. Orti che, con quel sapere trasmesso via telefonino, continuano a vivere e a produrre sapori.
Mentre la biblioteca diretta dall’amica di Guido Pensato ha chiuso.


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