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Totonno Chiappetta e quel delicato profumo di rivoluzione
22 Dic 2014 06:19

Totonno. Nè Antonio né Tonino ma Totonno. Al tempo dei compagni lo chiamavano Chiò Chiò. Di cognome invece Chiappetta. Schiatta illustre per il secolo breve della mia Itaca (Cosenza). Il nonno omonimo fu giornalista di grido e fondatore di testata gloriosa. Ma soprattutto papà di Jugale, l’unica vera maschera cosentina. In un città priva di Commedia dell’arte la figura simbolica sta nello scemo del villaggio. Sappiamo bene che dietro uno scemo c’è sempre un villaggio. Quindi dietro Jugale c’è Cosenza, soprattutto quando ancora qualcuno afferma: “Ma si propiu nu Jugale”

Jugale, quello di “cala due ceci”, libro scritto e diffuso oralmente a livello di massa, era quindi lo zio putativo di Totonno Chiappetta, attore, cabarettista, artista a tutto tondo, flaneur romantico di lungo corso, uomo buono che ha visto smettere di battere il suo cuore matto e generoso la mattina del 16 dicembre del 2014. Nel calendario urbano della città di Cosenza, data di lutto, considerata la moltitudine di volti corrucciati e cupi che nel passare dei minuti sui social si sono registrati dalla Presila ai Casali da Portapiana al Basso Tirreno, dall’Alto Jonio e al Pollino. Rari gli sconfinamenti nel catanzarese, più’ numerosi e seri i turbamenti all’estero nelle comunità degli emigrati.

Totonno Chiappetta era amato dai cosentini. Al pari di suo zio Jugale con la comicità innata e una personalità “corazzuna” e’ stato sicuramente il riferimento identitario della sua comunità. Merito anche dei genitori. Un papà maestro di scuola che in quel di Carolei (toponimo significativo della biografia di Totonno) conosce e impalma una donna del popolo. Totonno, per sua stessa ammissione, ha avuto modo di conoscere e interiorizzare nel suo personale romanzo di formazione la straordinaria capacità intellettuale della borghesia colta cittadina mescolandola alla più’ ruspante e autoironica rabbia corrosiva del proletariato urbano e “turrieru” cosentino.

Chiappetta fu colto da giovinetto. Libri e giornali, dischi e fumetti ne fecero subito un don Chisciotte situazionista. Ha sempre amato la vita, figurarsi negli anni Sessanta e Settanta da giovane anche se in un borgo meridionale. Rubava ricordi ai vecchi e facezie agli stolti. Desiderava molto. Fu subito beat. Ad una pianola su un palco era già a suo agio. Fu presto anarchico e gauchista. Per le vie di Roma nel cappotto spigato (leggenda vuole comprato da Joe Sentieri povero in canna) non passava inosservato. E se tutti gridavano compatti: “Pagherete caro, pagherete tutto” statene certi che l’acuto solitario “ E se la pagherete” era di Totonno.

Una sera fini’ su un palco per caso. Improvviso’ due strozzate romanzelle che ancora non si chiamavano così. Era nata una stella. Una stella provinciale. Non di provincia. Una stella felliniana. Quella di Totonno Chiappetta.

Totonno è stato un eclettico. Anche dispersivo nel suo genio. In eterno conflitto con la normale ansia di successo che attanaglia l’uomo di spettacolo che sogna e anela all’applauso planetario che vada oltre il suo riconoscimento territoriale. Ma questo non ha mai inciso sul suo carattere gioviale e fanciullesco e su un animo buono raramente in conflitto con qualcuno o qualcosa.

La famiglia di Totonno è sempre stata in rapporto diretto con i De Marco. Ovvero con la stirpe di frazione Perito nata da Ciardullo. Rette parallele decisive per l’aedo dialettale del Novecento cosentino. Nel cabaret originario di Chiappetta sta una robusta radice che scolpisce difetti e pregi del cosentino medio. In quegli spettacoli con Carlo Napoletani dove allignano zingari di Gergeri, parlata mascagna da “giro” caratterizzata da “oi fra” con voce cavernicola, gente da “sprido”, toghi e spierti, modi e tic, parolacce e gergo. Tutto schekerato dalla conoscenza antica di Duonnu Pantu e poesia. Con la chiusa finale che “Il dialetto non muore mai”.

Chiappetta è stato anche un protagonista del teatro cosentino. Fu stretto il sodalizio con Vincenzo Zicarelli. I principali lavori del drammaturgo cosentino lo videro spesso in scena anche nei registri tragici. Avrebbe meritato qualcosa di più’. Ma i teatranti cosentini hanno il vizio della tribù’. Qualcuno poteva osare meglio.

Totonno persegui’ anche il cinema. Soprattutto l’avaro e ristretto cinema calabrese parco di titoli e occasioni. C’è un lavoro filologico da effettuare e che molto potrà svelare a quelli che verranno. La pietra miliare fu la capacità filologica di far avventurare il mondo talentuoso di Peppe Voltarelli (uno dei sodalizi più’ riusciti di Totonno) a realizzare “La vera storia di Tony Vilair”. Quella volta fu red carpet per una storia vera ed epica. Molto merito fu di Chiappetta.

La televisione fu il grande medium popolare di Totonno Chiappetta. Visse di striscio quella importante. “Macao” con Boncompagni e qualche comparsata illustre a “Piacere Raiuno”. Ma sulle private nacque il mito. Capobanda di filubuste e di cast arboriani cosentini per anni ha catalizzato un pubblico vasto. “Capitani coraggiosi”, “Lupi in carrozza”, “Bolle” “Cataratta”, “Gran caffè” furono successi strepitosi che ne allargarono la popolarità. Compreso il motto di vita “E ni scialamu”. Strepitoso il rapporto con le maestranze tecniche. E’ stato anche testimonial di campagne pubblicitarie locali.

Totonno ebbe sodalizi umani e artistici rilevanti. Quello con Enrico Granafei a mio parere il piu’ intenso e strepitoso. Vissuto anche in America. Tutto quello che Granafei ha egregiamente contaminato nel suo standard internazionale si deve a Totonno per complicità affettiva e sentimentale.

Chiappetta era tifoso della Fiorentina. Ma da buon cosentino verace era “malato” del Cosenza. Fotografo in campo senza alcuna giustificazione in cronaca e poi opinionista tifoso a tutto tondo con lo sguardo ironico del suo talento. Produsse rumanzelle ed altre amenità di genere.Sta di diritto nel pantheon dei tifosi dei Lupi.

Nel 1993 Totonno scelse di stare in lista con Giacomo Mancini. Non fu eletto ma divenne il comico di corte di quella signoria illuminata. Non fu mai buffone anche perché non dileggiò mai il suo signore. Mancini lo gradiva e lo apprezzava. L’attore sociale Chiappetta in quel periodo ebbe modo di aumentare i suoi spettacoli per detenuti,quartieri popolari, centri anziani. Un naturale connubio di un certo humus culturale della Cosenza novecentesca. Un atto di appartenenza rinnovato dalla candidatura comunale con Paolini sindaco alle ultime elezioni.

Totonno Chiappetta è stato un mio amico. Abbiamo condiviso i gradini di Palazzo degli uffici e ogni sera ci s’incontrava in qualche platea di cinema. Fummo sempre legati da risate e curiosità locali. Lo ricordo presenza amica in tutte le redazioni che ho girato. Una notte d’estate al bar Renzelli quando Cosenza non era ancor rinata, con lui e la tammorra di Alfio Antico e la mia Lucia ancora solo collega e altri amici si faceva festa ad ora tarda. Piovve acqua dal balcone e arrivò la polizia. Il giorno dopo era cronaca fresca ed esclusiva da Quotidiano. In quel giornale un giorno venne ridendo con una splendida foto in bianco e nero ingrandita e incorniciata. Era il circolo della cultura di Cosenza antifascista ritratto in farmacia. C’era il padre, Ciardullo, il vecchio Rodotà, Vaccaro, Fera e gli illustri di un tempo. Quel ritratto d’epoca fu sempre dietro la mia scrivania in tutti i giornali che ho diretto. Chiunque lo vedeva restava incantato. Anche il principe Caracciolo guardandolo disse: “Gran bella foto” dopo essere passato insensibile davanti alla stampe nuove messe dal padrone.

Totonno era sopravvissuto ad un trapianto di cuore. Il battito questa volta è cessato. E’ stata una fortuna conoscerlo ed averlo al nostro fianco anche se mastichiamo amaro per non poterlo più’ ascoltare e fruire del suo gentile scrivere e affabulare vecchi, donne e ragazzini. Del suo comunicare ironico sui social.Eclettico con le parole, le foto e il disegno “u chiangianu i petri i menza a via”. Totonno Chiappetta è come l’acqua du Zumpu, i caramelle i Ciccillo, a fera i San Giusepppe, i turdiddri a Natale. “Era u nipoti i Jugale”.

Sergio Crocco alias Canaletta, uno degli eredi naturali di Totonno insieme a Nunzio Scalercio, ha scritto che “La morte di Totonno Chiappetta rende la mia città più povera”. Enrico Granafei invece ha così’ chiosato: “Dicono che con lui se ne va una parte di Cosenza, io dico invece che la parte più bella di Cosenza esiste e continuerà ad esistere perche` c’è stato Totonno.”.

Io mi voglio congedare con un suo recente pensiero: “Ogni generazione finisce con la convinzione di non aver combinato nulla.

Ad un certo punto della nostra vita si pensa che tutto è stato inutile, considerando la mediocrità che ci circonda. Invece no; anche un semplice slogan, un diverso modo di fare, una burla, potrà essere importante nel tempo. Basta non dissolvere nell’aria quel delicato profumo di rivoluzione”.

Nè Antonio né Tonino. Totonno Chiappetta romantico libertario. Cosentino illustre. A futura memoria.


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