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Così ci siamo mangiati l’Italia. Ecco i dati
09 Feb 2015 06:26

Immaginate un quadrato di cemento con 80 km di lato (circa 660.000 ettari, una superficie ampia quasi quanto il Friuli Venezia Giulia) che piomba sull’Italia: è quello che ci aspetta nei prossimi 20 anni se nel nostro Paese si manterranno i ritmi di consumo di suolo che hanno caratterizzato gli ultimi 50 anni.

Negli ultimi anni, infatti, il territorio italiano è stato occupato per 90 ettari al giorno (circa 10 m2/sec). Dal secondo dopoguerra le aree sottoposte a conversione urbana sono quadruplicate ed oggi ammontano a circa il 7,5% della superficie nazionale: tutto ciò rende più precario l’equilibrio idrogeologico, dissipando le nostre risorse naturali ed amplificando i fenomeni estremi causati dai cambiamenti climatici.

Una corsa a cementificare senza sosta, come emerge dal Report del WWF “Land transformation in Italia e nel mondo: fermare il consumo del suolo, salvare la natura, riqualificare le città”, frutto dell’iniziativa “Riutilizziamo l’Italia” (http://www.wwf.it/news/pubblicazioni/?13621/Riutilizziamo-lItalia—report-WWF-2014): il lavoro collettivo ed antologico più aggiornato in Italia sulle cause del consumo di suolo e sulle risposte più avanzate per contenerlo nel nostro Paese e nel mondo.

Si tratta della seconda edizione del Report “Riutilizziamo l’Italia”Nel 2013 il WWF aveva coinvolto una Rete di 27 docenti di 12 diversi atenei sul tema, mentre al Report 2014 hanno collaborato 40 docenti di 12 diversi atenei (Politecnico di Bari ed il Politecnico di Milano, e le Università di Camerino, Firenze, L’Aquila, Messina, Napoli, Reggio Calabria, Roma Tor Vergata, Roma Tre, Torino, Venezia).

Nonostante il consumo di suolo sia ormai un argomento di stretta attualità (il 2015 è stato indicato dall’ONU “Anno internazionale dedicato ai suoli”) non si arresta il consumo di suolo nel nostro Paese. L’indice di urbanizzazione pro-capite a livello nazionale è passato in 50 anni dai 120 m2/ab agli oltre 370 attuali. Ma in alcune aree del Paese, come emerge da una ricerca coordinata dal professor Bernardino Romano dell’Università dell’Aquila, la situazione è ancora più allarmante: nei comuni costieri adriatici, ad esempio, negli ultimi 50 anni la cementificazione e l’urbanizzazione lineare dei nostri litorali hanno avuto uno sviluppo di quasi 10 km/anno.

Si deve intervenire urgentemente perché tutto questo sta comportando una perdita costante e progressiva di risorse naturali che non risparmia neppure la aree della Rete Natura 2000 che dovrebbero essere massimamente tutelate perché conservano la biodiversità del nostro continente: se si prende in considerazione un’area di prossimità di 1 km di larghezza intorno ai siti protetti si registra che dagli Anni ’50 ad oggi la densità di urbanizzazione è passata dal 2,7% al 14%.

Oggi finalmente esiste un confronto parlamentare su una proposta di legge di iniziativa governativa che definisce il suolo bene comune e risorsa non rinnovabile. Tuttavia il WWF sottolinea come sia ormai passato un anno dall’inizio della discussione alla Camera e nel frattempo i cittadini italiani e le Regioni attendono indicazioni valide su tutto il territorio nazionale che il Parlamento deve dare al più presto.

Il Report del WWF fissa l’obiettivo del consumo netto di suolo pari a zero per il 2050. Del resto, il dibattito sul contenimento del consumo del suolo e la rigenerazione urbana è aperto non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. E su scala globale si discute sulle shrinking cities (città in contrazione), sulla crucialità degli usi del suolo in competizione tra loro (in particolare il rischio relativo al cosiddetto Land grabbing, accaparramento della terra), sul potenziamento della biodiversità nelle aree urbane o sulla progettazione del verde, dalla Green Grid (rete verde) di Londra al Green Infrastructure Plan di New York.


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