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Cara Expo2015, la pizza sarà patrimonio dell’umanità dell’Unesco
02 Mag 2015 07:57

Stasera pizza e birra. Ma stavolta andiamo a farcela togliendoci tanto di cappello: stiamo parlando di un piatto candidato al titolo di bene universale dell’umanità. Insomma una ricchezza unica e inimitabile, come dice l’Onu quando deve assegnare questi titoli.

Come i trulli di Alberobello, Castel del Monte, i Sassi di Matera.

Se un giorno dalle parti nostre sbarcheranno i marziani, capiranno che uno dei vantaggi di vivere sulla Terra è proprio lei, la pizza.

PRESTIGIO PLANETARIO – Ovvio che si parli di quella napoletana, tutte le altre essendo sbiadite varianti: anche se comunque pizze sono, tranne le copie alla cinese. La verace verace “made in Naples” deve essere, secondo la Bibbia pizzaiola, un prodotto da forno tondeggiante ma con le misure più precise di una modella. Forno a legna a 500 gradi. Diametro non superiore ai 35 centimetri, bordo rialzato (il cornicione) di 1 o 2 centimetri, regolare, gonfio, privo di bolle e dorato. Parte centrale spessa 0,4 centimetri (tollerato il 10 per cento in più o in meno). Condimento in cui spicca il rosso del pomodoro perfettamente amalgamato con l’oro dell’olio, il verde dell’origano e del basilico, il bianco dell’aglio e della mozzarella di bufala, strettissimamente bufala, piazzata a chiazze e spruzzata di formaggio grattugiato. Il tutto sia morbido, elastico, facilmente piegabile a libretto. E il sapore tipico del cornicione (come pane ben cresciuto e ben cotto) si amalgami con l’acidulo del pomodoro che, persa l’acqua, sarà denso e consistente. Più facile vincere al Superenalotto.

Ma per carità, che sia il modello classico Margherita o Marinara, essendo tutto il resto opera del Maligno. Altro che capricciosa, quattro stagioni, quattro formaggi e altre oscenità. Per non parlare di roba da ergastolo come pizza-sushi, pizza-popcorn, pizza-leccalecca. Perciò, come dice il famoso “da Michele” di Napoli, “nun ‘e cercate sti pizze complicate, ca fanno male ‘a sacca e ‘o stomaco patì”. E attenzione attenzione: si perde il marchio di origine e la santificazione planetaria se, orrore, si porta a casa e non si mangia in loco, appena sfornata calda e profumata. Bastano quattro tavolini e quattro sedie, il resto lo fa lei.

Una carriera niente male per una ex pezzente che è diventata l’alimento più consumato al mondo: anzi, come si dice oggi, il più globale. Noi ce ne spariamo 3 miliardi l’anno (7 chili e mezzo a testa), ma gli americani ci stracciano con 13 chili l’uno. Si racconta che per capire se qualche riunione importante si sta svolgendo alla Casa Bianca, dove abita il presidente, basta seguire il movimento di furgoncini che portano pizze, altro che la plastica di hot dog e hamburger.

TROPPI INVIDIOSI – Dolore, tremendo dolore, il monopolio ci è stato strappato proprio da loro, che hanno le cinque più grandi catene multinazionali e arrivano ovunque, dalla Patagonia al Kilimangiaro, a cominciare da quella Pizza Hut che sta alla pizza napoletana come la gassosa sta allo spumante. Giro di affari mondiale di 52 miliardi di euro manco fossero lingotti d’oro. E purtroppo ormai ovunque su Internet si spacciano pizze pronte surgelate come baccalà norvegese. E un nuovo ritrovato permette di ordinarle dalla console dei videogiochi, non c’è mai limite all’orrore.

Né mancano i terroristi alla Isis. Soprattutto gli inglesi, nelle cui vene scorre più veleno che sangue. Si sono inventato il semaforo per tentare di bloccare col rosso prima l’olio extravergine di oliva (loro mangiano burro), ora appunto la pizza perché la dieta mediterranea farebbe ingrassare. E la McDonald’s, che già in Puglia è stata costretta a cambiare aria dalla focaccia, spaccia un “Happy meal” per bambini a 4 euro, sostenendo che è meglio della pizza. Non ci credete, bambini, ve lo dice anche papa Francesco che quando a Napoli si è visto passare una pizza al volo sul lungomare, non si è fatto pregare manco fosse un’ostia.

La pizza è un passato di fame cui neanche Masterchef si permetterebbe di mancare di rispetto. Un prodigio di manualità e di sintesi del gusto con i componenti tutti d’accordo fra loro. Peccato che il nordico ministro Franceschini, invece di appoggiare la candidatura all’Onu della pizza, preferisse puntare sull’Arte della falconeria, divertimento medievale da nobili riccastri e del quale non frega niente a nessuno. Noi meriteremmo ministri più competenti almeno a tavola. Franceschini si merita di mangiare polenta a vita.


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