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Lettera di pentimento di un emigrante del Sud
16 Giu 2015 08:15

Presi la valigia e partii. Avevo vent’anni. Vivevo in un paese in provincia di Avellino.

Figlio di agricoltori, in casa eravamo quattro figli: tre maschi ed una femmina. Lavoravamo la campagna e andavamo a scuola. Fino alla terza media. Non stavo così male. Ma avevo voglia di benessere. Erano gli inizi del 1980 e sentivo il bisogno di comprare un auto tutta per me.

I miei amici, emigrati in Svizzera ed in Germania, tornavano al paese con delle belle Alfa, qualcuno con la Bmw. Allora partii anch’io.

Per un auto. Partii per nient’altro che un auto.

In Germania iniziai a fare il cameriere, poi mi assunsero in una ditta che trasportava bibite. Imparai a parlare un po’ di tedesco, trovai una fidanzata figlia di italiani. Mi stabilii a Francoforte.

Dopo sette mesi misi da parte i marchi per comprare un’Alfa Sud Sprint 1300. A quel punto ero pronto per tornare in paese. Volevo esibilrla per sentirmi qualcuno. E andai, esaudendo questo intento.

Ma non mi bastava. Tornai a Francoforte, inizai a comprare le bibite in proprio, e con un socio fondai una piccola azienda. Avevo 21 anni e decisi di andare a convivere con la mia ragazza. Ma non lo dissi in famiglia. Lo ritenevano riplorevole e tacqui la circostanza.

Lei era di famiglia calabrese, del cosentino, aveva l’amore per la lettura e con ella, la sera, iniziai ad avvicinarmi a qualche romanzo. Amava scrivere e riempiva interi quaderni che a volte mi faceva leggere.

Dopo quasi un anno riuscii a comprare un Alfa 6, di seconda mano. L’auto ammiraglia dei ministri, e con essa scesi fiero in paese. Era grigio metallizzato con le tendine abbassate nel lunotto. Feci un figurone. I miei familiari guardavano stupiti quell’auto e non sapevano se ero diventato ricco o mi ero messo in qualche guaio.

Tornai in Germania. La mia ragazza, Concetta, volle che mi iscrivessi ad un corso per prendere la licenza di ragioniere. Due anni in uno poi tre anni in uno. Infine l’esame.

Mi preparò lei, la sera.

Continuavo a lavorare. Mi misi in proprio, avevo anche un dipendente. Rifornivo di bibite quasi cinquanta locali. Dopo circa un anno riuscii ad acquistare un Bmw 520 i, con selleria in pelle. Nuova!

Mi costò molte cambiali e con essa discesi al paese.

L’auto era fiammante, tutti capirono che non era il solito usato rabberciato. La parcheggiai nella piazza del paese. Era lo stesso tipo di auto che aveva il notaio ed un ricco commerciante. Un orgoglio per me e per la mia famiglia.

La casa dove abitavano i mei, era un’appartamento in una palazzina popolare. Sotto casa emergeva la fanaleria di una Bmw. Simbolo del potere. Due realtà che facevano a pugni.

Ce l’avevo fatta. Ero arrivato dove volevo.

Quando tornai in Germania cambiai vita. Diedi più spazi agli studi.

Lavoravo, guadgnavo, scendevo in paese in Bmw. Lo feci per due anni, poi diedi gli esami li superai e m’iscrissi ad un concorso per l’insegnamento.

Mi preparò Concetta, lo vinsi. Cedetti l’attività ricavandone una buona cifra e mi dedicai all’insegnamento. Guadagnavo cinque volte meno. Dovetti vendere la Bmw e comprare una Polo. Sposai Concetta.

La sposai in Germania, i miei familiari vennero su a partecipare alla festa. Gli dissi che avevo chiuso con il denaro. Io e Concetta eravamo due giovani insegnati.

Non scesi più in paese. Non avevo più auto da esibire, ne’ nulla da raccontare. Ero diventato un altro. E mi vergognavo di quelle auto, di quel modo di pensare. Mi vergognavo di quel passato.

Ci volle molto tempo per rifarmi una vita e tornare al Sud. Il paese mi sembrava più piccolo, o ero io che ero cresciuto troppo.


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