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La #Sicilia è come la #Grecia, ad un passo dal default
08 Lug 2015 05:02

Una situazione drammatica, molto difficile, al limite del collasso che sancisce il fallimento controllato (da Roma) della Regione siciliana. I conti fanno acqua da tutte le parti ed il debito pubblico ammonta a quasi otto miliardi di euro, mentre le entrate diminuiscono progressivamente.

La Corte dei Conti nella sua relazione annuale non può fare a meno di evidenziare con toni duri le responsabilità non solo del Governo Crocetta ma anche del Governo nazionale.
Avrei voluto intitolare la mia requisitoria “luci ed ombre della realtà siciliana”, vi ho rinunciato perché le luci sono poche e fioche mentre le ombre sono oscure e minacciose – ha dichiarato Diana Calaciura Traina, procuratore generale d’Appello presso la Corte dei Conti. Devo rilevare che nell’anno finanziario 2014, la fase recessiva dell’economia siciliana non si è arrestata anzi prosegue in maniera maggiore non solo rispetto al resto d’Italia ma anche rispetto al Meridione. Non accenna a diminuire in Sicilia il fenomeno predatorio della corruzione. I sistemi criminali – aggiunge – si sono affinati ed operano oggi più di ieri attraverso modalità camaleontiche. Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, creando un circolo vizioso.

Il debito della Sicilia è cresciuto del 3,05 per cento nonostante le due anticipazioni del Ministero dell’Economia che ha trasferito 900 milioni nel 2013 e la sottoscrizione di un prestito nel 2015, autorizzato dal parlamento regionale, per un miliardo 776 milioni.

Una voragine destinata ad allargarsi. Il debito è più che raddoppiato, frutto dell’aumento della spesa per il personale e per la spesa sanitaria che ha un’incidenza del 48% sull’intero bilancio regionale. A pesare, di molto, anche le partecipate con oltre 7.000 dipendenti e oneri superiori a 220 milioni di euro annui. Le stesse partecipate che Crocetta voleva chiudere ma che poi ha mantenuto in vita mettendo a capo i “suoi amici” più fidati.

Le responsabilità del Governo nazionale. Ma se in Sicilia “i conti sono in rosso” le responsabilità sono ascrivibili anche al Governo Renzi che ha utilizzato l’isola come bancomat per far fronte all’emergenze finanziarie del Paese.

Negate all’Isola le somme dovute per Statuto, ignorate le sentenze della Consulta e pesantissimi gli interventi sulla Regione delle manovre finanziarie nazionali – a dichiararlo Licia Centro, relatore sul rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2014.  Lo Stato  – continua – ha tolto e continua a togliere alla Regione somme che sarebbero utilissime, soprattutto in una fase di grande difficoltà come questa” .

Basti pensare al mancato riconoscimento alla Sicilia dei tributi previsti dallo Statuto – in particolare dall’art. 37 – e al definanziamento dei Fondi PAC. Inoltre, come si legge nel rendiconto della Corte dei Conti, “sulle già ridotte risorse erariali pesano in misura preponderante i tagli subiti per effetto delle pesanti manovre di finanza statale, che hanno determinato disponibilità assolutamente insufficiente a far fronte agli oneri di spesa incomprimibili”.

Si aggiunge a tutto ciò la rinuncia da parte del Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ai contenziosi con lo Stato. Insomma, il Presidente Crocetta ci ha messo del suo ma il Governo nazionale, da anni, contribuisce pesantemente all’impoverimento della Sicilia.

Questa la dura realtà che, non solo si legge in un rapporto economico, ma la si vive giornalmente in una Regione per lungo tempo, troppo tempo, vilipesa e sfruttata, da una classe dirigente politica (di turno) che non ha saputo e non ha voluto risollevare la Sicilia dalle ceneri. Quanto basta per staccare la spina a questo Governo, forse il peggiore della storia della Sicilia.

Mancanza di coraggio tra i democratici siciliani. Eppure, nonostante il Pd, nella scorsa Direzione Regionale durata 8 ore, abbia riconosciuto il disastro di questo Governo mettendo il Presidente della Regione di fronte ad un bivio, Crocetta resta ancora convinto che i democratici non si spingeranno fino a una rottura totale. In effetti, tanti chiedono la “testa” del Presidente della Regione siciliana – compreso il Sottosegretario Davide Faraone che sta dentro il Governo regionale con tanto di assessori e amici negli uffici di Gabinetto – ma tutti restano “incollati” alla poltrona. E quando si parla di “voto anticipato” cala il gelo tra i deputati regionali del Partito Democratico, forse perché alla prossima legislatura molti di loro sono a rischio considerando che a Sala d’Ercole andranno non più 90 parlamentari ma 70.

Un Governo, quello di Crocetta, che ha cambiato in poco più di due anni e mezzo 36 componenti della giunta. Negli ultimi tre giorni si dimettono tre assessori, tra cui Lucia Borsellino- figlia di Paolo Borsellino, noto giudice ucciso dalla mafia – che, dopo lo scandalo che ha portato agli arresti dell’unità di Chirurgia plastica di Villa Sofia a Palermo (compreso il medico di Crocetta nominato da lui primario), con una nota durissima prende le distanza dal Governatore siciliano: “Prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale, sempre più inconciliabili con la prosecuzione del mio mandato, mi spingono a questa decisione anche in considerazione del mio percorso professionale di oltre vent’anni in seno all’amministrazione regionale della Salute”.

Un Governo, quello Di Crocetta e del Pd siciliano, che passerà alla storia come un governo che voleva fare la rivoluzione senza rivoluzionare nulla. Uno dei peggiori in assoluto che ha portato l’Isola sull’orlo del precipizio. La Sicilia (chiamata “Trinakria” proprio dai greci) oggi è la “Grecia” d’Italia  che marcia con disinvoltura verso il dissesto con un presidente, Rosario Crocetta, che continua a nominare dirigenti ed un Pd che continua a proporre rimpasti di giunta. Il tutto nell’indifferenza totale del Governo nazionale.

In quest’Isola che non sorride più, al di là dei teatrini che hanno ondeggiato fra il drammatico ed il grottesco, non ci resta altro che rimboccarci le maniche per salvare quel poco che è rimasto, nella speranza che anche il popolo siciliano-  come quello greco – inizi a ribellarsi a questo sistema politico arroccato sul potere che per troppi anni ha mortificato i nostri territori e le nostre vite. Se non ci diamo una mossa faranno della nostra Regione esattamente quello che l’Europa ha fatto alla Grecia. Il destino della Sicilia è nelle nostre mani, nelle mani dei siciliani onesti che devono abbandonare la rassegnazione per andare a riprendersi il proprio futuro.


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