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#FedericaDeCola: “Solo chi ha sofferto conoscerà la #felicità”
29 Ott 2015 08:54

Federica De Cola è una giovane attrice siciliana che oramai da diversi anni vediamo sul piccolo e grande schermo, oltre che a teatro. Dolcezza e grande disponibilità caratterizzano questa giovane attrice originaria di Messina; dopo il successo di “Grand Hotel”, stiamo vedendo Federica  proprio in queste settimane nella fiction di successo “E’ arrivata la felicità”, sempre targata Rai1. Interpreta Rita, una giovane omosessuale follemente innamorata di Valeria che incontrerà non poche difficoltà per questa sua scelta di vita ma che non le impediranno di essere felice.

Chi è Federica De Cola oggi?

Sono la stessa Federica che da ragazzina sognava di diventare un’attrice. Ho lo stesso amore di un tempo per questo mestiere che mi appassiona sempre di più e che cerco di svolgere nel modo più scrupoloso possibile. Non potrei fare altro.

Cosa significa per te essere attrice e quando hai compreso che la strada che stavi percorrendo era quella giusta?

Essere attori significa essere spudorati, ma non nel senso usuale in cui si usa questo termine. Bisogna non aver pudore di manifestare i propri stati d’animo, anche i più segreti, schiudendo la propria interiorità affinché lo spettatore possa identificarsi nelle tue emozioni. Ho capito che stavo percorrendo la strada giusta, che è fatta di studio e approfondimenti continui, su un palcoscenico quando ho avvertito di essere riuscita a coinvolgere il pubblico; infatti solitamente non ama vedere un interprete che simula, al contrario vuole “sentire” che l’attore “vive” insieme a lui.

Sei messinese. Cosa rappresenta per te la Sicilia?

Le prime parole che mi vengono in mente sono: terra, casa, famiglia, solidità. C’è un’affermazione di un pittore settecentesco, Jean Houël Voyage, nella quale mi ritrovo pienamente. Lui diceva che tutte le feste popolari, viste nelle diverse città della Sicilia, sono la prova tangibile che questo popolo ama enormemente lo spettacolo e che tale amore spiega perché, nel tempo, i nostri avi hanno costruito anfiteatri così belli, così perfetti e così numerosi.

Ti vediamo tutti i giovedì in “E’ arrivata la felicità”, fiction di Rai1. Per quali motivi hai detto sì a questo progetto?

Ero entusiasta già dopo aver letto la sceneggiatura. Ivan Cotroneo, Stefano Bises e Monica Rametta sono tre autori che ti fanno vedere già vivi i personaggi. Le scene dinamiche e brillanti funzionavano anche su carta. Finivo di leggere una puntata e immediatamente avevo voglia di divorare la successiva. Poi la regia di Riccardo Milani e Francesco Vicario era una garanzia, per non parlare di tutto il cast!

Interpreti Rita, la compagna di Valeria. Ci racconteresti meglio del tuo personaggio?

Rita è una giovane omosessuale molto innamorata della sua compagna Valeria.  Rita e Valeria, decise ad avere un figlio, sono ricorse alla fecondazione assistita in Spagna. Il mio personaggio ha un momento di smarrimento perché alle difficoltà che ogni coppia vive prima di una nascita, si aggiungono le paure di una mamma che sa di non essere tutelata dalle leggi e che si sente un po’ estranea al parto perché nella pancia della sua compagna non c’è niente di suo. E’ un ruolo che spero svegli le coscienze di quegli spettatori che non pensano che, in fin dei conti, è soprattutto l’amore che forma una famiglia.

Come ti sei preparata per questo ruolo?

Facendo delle piacevoli chiacchierate con amiche care che vivono o si stanno preparando a vivere la splendida avventura di diventare mamme. Quante occasioni di arricchimento mi offre questo splendido mestiere! Posso esplorare sensazioni ancora sconosciute e crescere non solo professionalmente.

Oggi secondo te cosa vuol dire essere omosessuale?

In Italia, troppo spesso, vuol dire sentirsi discriminato. Ho cari amici gay sui 50 anni i quali, al contrario degli omosessuali di altri paesi in cui già da molto tempo è consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso, hanno vissuto gran parte della loro vita, la loro giovinezza, senza alcuna tutela da parte dello Stato. Questo ha causato loro un senso di emarginazione, di esclusione dalla società, una sofferenza che, soprattutto a quell’età, è ormai radicata nei loro animi. E’ anche vero però che ragazzi omosessuali oggi possono sentirsi parte di un momento di svolta che sembra affacciarsi in gran parte del mondo occidentale e quindi possono avere la speranza che presto anche in Italia le cose possano cambiare.

Hai preso parte a diversi progetti;  ricordiamo “Nuovomondo” di Crialese e fiction  come “La vita rubata”, “L’ultimo dei Corleonesi,  “Il commissario Montalbano”, “Sissi”, “Atelier Fontana – Le sorelle della moda”, “Braccialetti Rossi”, per citarne alcune. C’è un ruolo che ti ha lasciato qualcosa in più anche dal punto di vista umano?

Ogni ruolo è un’occasione per conoscere la storia del nostro Paese, di personaggi esistiti o immaginari, è una grande chance per potersi immergere in realtà che conosciamo appena. Ma ogni ruolo dà anche la possibilità di conoscere meglio se stessi, ciò che siamo nel profondo.

Ti abbiamo vista affiancare mostri sacri come Mariangela Melato e Alessio Boni in “Rebecca, la prima moglie” ed Elio Germano ne “Il giovane favoloso”. Quali ricordi hai di queste due esperienze?

Anche in queste esperienze ho avuto la fortuna di incontrare registi attenti e navigati ai quali mi sono affidata totalmente. Con Riccardo Milani c’è un rapporto di stima e affetto reciproco, ci capiamo subito sul set. Martone è anche un grande regista teatrale e avevamo un linguaggio comune. E poi sul set io “rubo” molto da tutti  miei colleghi bravi. Vedere la Melato ed Elio Germano all’opera è stata una lezione di tecnica d’attore che nel mio percorso resterà sempre un punto di riferimento.

Il teatro rimane sempre la tua passione?

Metto ovunque lo stesso impegno e mi piacciono tutti i miei ambiti lavorativi. Ma il teatro è il luogo più sacro per un attore e anche il più divertente. In TV e al cinema il tuo rapporto è soprattutto con una cinepresa; sul palcoscenico, invece, interagisci con l’emotività delle persone, si vive insieme agli spettatori ciò che si racconta.

La vera protagonista di “E’ arrivata la felicità”, è proprio la felicità: cos’è per te? Quando “arriva la felicità” secondo te?

Della felicità non potremmo goderne pienamente se non conoscessimo anche il suo opposto. Le persone che hanno vissuto momenti davvero difficili godono di più, anche delle piccole cose. Io voglio far tesoro di questo. La felicità per me è quando sono sul palcoscenico, quando sono con tutta la mia famiglia riunita, quando cucino per i miei amici, quando mi perdo nello sguardo di mio marito e  mi sento una sola cosa con lui.

Cosa vorresti restasse al pubblico di questa fiction?

Spero resti la consapevolezza che le divergenze nelle famiglie, tra due persone che si amano, sono inevitabili ma anche utili per conoscersi meglio. E se poi si riesce a trovare un modo per gestire tali difficoltà trasformandole in qualcosa di produttivo che ci potenzia e che ci avvicina agli altri, allora non è stato invano vivere certi conflitti.

Nuovi progetti?

Nel 2016 riprenderò “Lei e lei”, uno spettacolo che ha avuto un grande successo nella scorsa stagione. E’ prodotto dal Teatro di Messina e diretto da Giampiero Cicciò, qui anche autore e, insieme a me, interprete. Lavoro con lui da anni e abbiamo un’affinità molto forte. Il personaggio che Giampiero ha scritto per me è uno tra i più articolati che abbia mai affrontato. Cambia spesso stato d’animo, atteggiamento, abbigliamento, modo di parlare. E’ una ragazza che vive ai margini e che imparerà a sopravvivere alla sua grande solitudine usando la fantasia. Saremo in scena a Roma al teatro Lo Spazio la prima settimana di marzo!


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