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Viaggio nell’inferno di fango di #Benevento
22 Ott 2015 08:27

Guardia Sanframondi. Decine e decine di grappoli pieni e rigogliosi aspettavano solo di essere raccolti. Mai annata, negli ultimi tempi, era stata più favorevole: il bel tempo aveva aiutato raccolti d’uva che promettevano bene. Ora, interi vitigni sono invasi dal fango.

Su molti terreni coltivati a viti, vedi le piante in attesa, circondate da materia limacciosa che impedisce la raccolta. Ettari e ettari sommersi, con il sindaco di Guardia Sanframondi, Floriano Panza, ad avvisare: «Temiamo che i raccolti possano andare persi». Era tempo di vendemmia, tempo di mettere in produzione un raccolto che, nell’intera provincia, impegna qualcosa come diecimila aziende vitivinicole.

Un enorme serbatoio per l’intera Campania. È il Sannio la vera cantina della regione, la fonte privilegiata di gran parte della produzione dei vini campani. Ironia della sorte, in questo periodo si doveva raccogliere proprio l’uva destinata al rinomato vino Aglianico e in parte anche alle bottiglie di Falanghina. Tanti coltivatori si preparavano, proprio a Guardia Sanframondi, alla vendemmia. Ma ora come si fa a raccogliere uva da viti accerchiate dal fango? Guardia è uno dei centri che teme per le sue perle.

Ma la preoccupazione è estesa anche più a sud, a Telese e poi giù fino a Solopaca. Qui, le famose Cantine sociali fanno i conti con un’aggressione senza precedenti: il fango ha invaso il piazzale dell’azienda, minacciando persino gli uffici. Si spala attorno alle bottaie. È un allarme per la produzione fiore all’occhiello del Sannio, che vanta ben sei vini doc e due Igr. Un anno fa, le 38 aziende vinicole sannite presenti a Vinitaly, la tradizionale fiera dei vini a Verona, rappresentavano il 40 per cento della produzione campana.

Nella sua azienda a Torrecuso, la Fontana vecchia, Libero Rillo, presidente del consorzio «Sannio tutela vini», è in contatto continuo con molti associati che segnalano danni. Il consorzio, contando i soci delle cooperative Guardia, Solopaca e Taburno, raggruppa ben 2500 associati.

Spiega Rillo: «Il giorno dopo, si fanno le prime stime dei danni. Ci sono almeno quattro situazioni di aziende più danneggiate di altre dal fango. Poi, le viti. Quelle in pianura, quindi aggredite dall’esondazione del fiume Calore, hanno avuto i danni maggiori. Quelle in collina si sono salvate, anche se in alcuni casi il fango impedisce la raccolta e questo rischia di diventare un danno. Se non si raccoglie in tempo, l’uva potrebbe perdersi. Pensare che quest’anno la stagione produttiva era davvero segnata da buoni auspici. Poi, la notte di follia».

(fonte il Mattino)


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