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“Vi spiego perché abbiamo trasformato la caccia al boss del clan dei #Casalesi in una #fiction”
02 Nov 2015 02:35

A Casal di Principe si nasconde Antonio Iovine, detto o’ ninno (il bambino) perchè inizia la sua carriera criminale molto presto; è  uno dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia. L’uomo è ricercato da ben quindici anni e la sua cattura è ormai una vera e propria sfida per Michele Romano, primo dirigente della Squadra Mobile di Napoli.

Nel corso del tempo, le vite dei poliziotti vanno sempre di più  a intrecciarsi con quella di Anna, una giovane ragazza di appena vent’anni, divisa tra il fascino di lavorare per un boss della camorra  e l’amore per un ragazzo che non ha nulla a che fare con la criminalità organizzata. Sarà proprio Anna ad essere il punto d’incontro tra la Polizia e il capomafia; questo comporterà una scelta molto importante per lei, ovvero quella di decidere da che parte stare.

Ispirata alla storia dell’ex capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani, è interpretata da un bravissimo Claudio Gioè, autore della cattura del superlatitante Antonio Iovine che invece il volto di Guido Caprino. Nella mattinata dell’arresto del boss, Romano chiede ai suoi uomini di non indossare il passamontagna che le forze dell’ordine sono solite indossare durante le grosse operazioni “perché ci dovete mettere la faccia”, spiega loro, “noi chiediamo alla gente di denunciare e poi ci nascondiamo?”.

Sono molte le fiction ma anche i film che ci hanno raccontato cosa sia la mafia, ma “Sotto Copertura”, con la regia di Giulio Manfredonia e la straordinaria sceneggiatura di Salvatore Basile e Francesco Arlanch (di cui potete leggere a seguito l’intervista), non racconta soltanto il male, anzi. Racconta soprattutto il bene, l’impegno di uomini che hanno rischiato costantemente la propria vita senza conoscere né sabati né domeniche, il riscatto di una terra che non è stata solo lo scenario di spari e morte ma di speranza per un futuro migliore, la stessa che ha visto il non voltarsi dall’altra parte di uomini giusti come don Diana.

Chi è Francesco Arlanch oggi?

Uno sceneggiatore fortunato. Ha avuto la possibilità di scrivere “Sotto copertura” con un maestro come Salvatore Basile, di vederlo girato da un regista di cui era ed è grande fan, Giulio Manfredonia, prodotto da una grande casa di produzione come la Lux Vide e interpretato da un cast fantastico, a cominciare da Claudio Gioè e Guido Caprino.

Cosa significa essere sceneggiatore oggi?

Penso che sia un momento di grande cambiamento: nuovi modelli produttivi, nuovi interlocutori e vecchi schemi che saltano. Questo comporta delle difficoltà, ma anche grandi opportunità. È un’età dell’oro per le serie-tv, soprattutto quelle anglofone. E quella appena conclusa, per il cinema di Hollywood, è stata la stagione con i maggiori incassi di sempre. Sta anche a noi sceneggiatori trovare il modo affinché ci sia una nuova età dell’oro per la fiction e il cinema italiani.

Ci racconteresti in che modo e perché ti sei avvicinato al mondo del cinema?

Nato e cresciuto in una piccola cittadina della provincia bergamasca, non osavo nemmeno sognare di lavorare nel mondo della televisione e del cinema. Mi sono laureato in Filosofia, con una tesi in Logica formale. Cinema e scrittura erano “solo” una passione. In attesa di trovare un incarico in un liceo, ho frequentato il Master in Scrittura e Produzione per la Fiction e il Cinema, presso l’Università Cattolica di Milano. Ho così avuto l’opportunità di fare uno stage di sei mesi a Roma, presso la Lux Vide. Lo stage si è trasformato in un contratto da story editor. Dopo tre anni e mezzo ho deciso di provare a diventare autore e sono andato “a bottega” da Salvatore Basile, con il quale ho avuto il privilegio di fare esperienza concreta di scrittura e cominciare a firmare i primi progetti.

Questa sera e domani vedremo in prima serata su Rai1 la miniserie “Sotto copertura”, la cui sceneggiatura è stata scritta anche da te. Cosa ti ha spinto a firmare questo progetto televisivo?

La gioia di poter scrivere un poliziesco tratto da una storia vera così bella da sembrare inventata.

Perché questo titolo?

All’inizio era solo un titolo provvisorio, ispirato al fatto che la giovane che frequentava il bunker del boss ricercato aveva un lavoro “legale” e una relazione sentimentale “di copertura”. Pensavamo che, nel corso dello sviluppo del film, il titolo sarebbe cambiato. Ma, sebbene ne siano stati proposti altri, “Sotto copertura” è rimasto quello più convincente.

Nel ruolo di protagonisti vediamo Claudio Gioè e Guido Caprino, rispettivamente nel ruolo di Michele Romano, il primo, e Antonio Iovine, il secondo. Perché avete scelto proprio loro per questi ruoli?

Perché sono entrambi attori straordinari, fra i migliori della loro generazione. Ed erano perfetti per interpretare i protagonisti di questa storia vera.

Esiste una sorta di parallelismo in questa storia tra chi segue e chi viene inseguito?

Sono entrambi mossi da una sorta di amore: chi segue (un personaggio ispirato a Vittorio Pisani, capo della Squadra Mobile che ha portato a termine la cattura) l’amore per Napoli e per le potenzialità che questa città può esprimere, chi viene inseguito l’amore per tutto ciò che è cosa sua.

Avete girato interamente a Casal di Principe, terra dei Casalesi ma anche di uomini come Don Diana. Cosa ha significato per te?

Un omaggio a un uomo e un sacerdote che ha pagato con la vita il suo impegno civile e la sua fede in Dio.

Cos’è per te la camorra?

Qualcosa che ho la fortuna di non aver mai conosciuto direttamente. Ma alla radice della camorra, c’è qualcosa che è possibile trovare in ogni Stato, in ogni regione, in ogni uomo: la fascinazione per un sistema in cui l’azione violenta, cattiva, viene vissuta come un gesto di fedeltà e coraggio, e dunque buona. Questa distorsione dei valori rende questi sistemi cattivi molto attraenti, prima e al di là del potere e del denaro che permettono di ottenere.

Casal di Principe, una terra dalle mille sfaccettature, contaminata dalla criminalità organizzata. Può esistere secondo te un riscatto per chi nasce in queste terre?

Al centro della nostra storia, c’è una ragazza appena maggiorenne che, da complice ma anche  vittima della camorra, di cui subisce il fascino seducente, apre gli occhi sulla verità e decide di scegliere un’altra vita. È una storia vera. Ed è un esempio del fatto che, anche se a volte è molto difficile e il prezzo può essere molto alto, c’è sempre la possibilità di fare la scelta giusta, senza mai farsi scegliere.

Cosa vorresti arrivasse al pubblico di questo film in due puntate?

La speranza. Anche dove sembra che nulla possa mai cambiare, con il lavoro duro, la solidarietà e un po’ di coraggio le cose possono cambiare.

Nuovi progetti?

A fine novembre Alessandro D’Alatri comincerà le riprese di una sceneggiatura per il cinema che ho scritto in questi mesi. È la storia vera di un giovane della periferia romana che ha avuto grande successo con un’idea per un social network. È una storia sul merito, sul successo, sulla fatica, sulla fedeltà a se stessi e ai propri affetti. E anche sui giovani nell’Italia di oggi.


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