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“A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare?” Le parole di #PippoFava vengono ricordate da #PietroGrasso
09 Gen 2016 08:25

Il 5 gennaio del 1984 cinque colpi di pistola alla nuca, uccisero il giornalista Giuseppe Fava detto Pippo. Avvenne a Catania, intorno alle 21,30 mentre l’uomo, stimatissimo giornalista, era da più tempo nel mirino della mafia.

Egli era già scampato ad un attentato con il tritolo ed aveva continuato la sua battaglia tra mille difficoltà economiche, oltre che ambientali. Trovare i finanziamenti a giornali scomodi non era semplice. Così, come ultimo atto della sua vita, fondò la rivista I Siciliani, che divenne un punto di riferimento importante per il movimento antimafia.

Dopo la sua morte, Pippo Fava è diventato un’icona della lotta alle attività criminali organizzate e il giorno dell’anniversario del vile atto, sono vi sono state celebrazioni alla sua persona.

Quest’anno il Presidente del Senato Pietro Grasso, che nel suo curriculum ha il titolo di Procuratore Nazionale Antimafia, ha voluto ricordare Fava a 32 anni dalla sua morte.

“Quando Pippo Fava combatteva la mafia con la forza della verità – ha scritto Grasso – molti pensavano che avrebbe pagato con la vita quella sua ‘incoscienza’. Era tutt’altro che incosciente. Credeva che non esisteva altro modo per interpretare la professione di giornalista e ripeteva spesso ‘a che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare?'”

“Pippo Fava – ha continuato il Presidente del Senato non è stato solo un grande giornalista ma anche e sopratutto un grande veicolo di forza e dignità per l’Italia intera. E’stato infatti il maestro di tanta gente che tramite il suo esempio hanno trovato una ragione per impegnarsi contro la cultura mafiosa.”

Grasso conclude: “Alla tristezza per la sua dolorosa assenza si aggiunge quella per la recente scomparsa della figlia Elena, che fieramente ha tenuto viva la memoria di un uomo a cui tutti dobbiamo molto.”


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