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Fai agli altri quello che vorresti fatto a te. Intervista all’attrice Cecilia Dazzi
26 Apr 2016 08:35

Raggiungo Cecilia Dazzi al telefono in un tiepido pomeriggio di primavera. La sua è una voce calda e accogliente, disposta a raccontarsi. Facciamo un rapido excursus della sua brillante carriera, soffermandoci naturalmente su Giada, il suo personaggio nella seconda stagione di “Una pallottola nel cuore”.  Non solo piccolo e grande schermo, ma anche famiglia, gentilezza, bontà e rispetto, non soltanto da ricevere, ma anche, e soprattutto, da dare perchè nella vita donare è qualcosa di importante e Cecilia  ci sta regalando molto, come artista e come persona.

Chi è Cecilia Dazzi oggi?

Sono una donna e una madre che ama profondamente quello che fa. Sono sveglia dalle 6.45 con un bambino che ride e si tuffa nel letto grande, con me e con il  padre. Dopo un po’ ne arriva un altro e tutti insieme facciamo una cosiddetta lotta senza quartiere. Ci alziamo, facciamo colazione e, dopo averli portati a scuola, comincia la mia giornata. Cerco di prepararmi al meglio per il nuovo personaggio che sto girando a Trieste e ora, eccomi qui al telefono con te.

Il cinema e il mondo della recitazione cosa rappresentano per te?

Non sono solita distinguere la recitazione al cinema, in teatro o in televisione, come invece fanno molti miei colleghi. La recitazione è la mia linfa vitale, è la musica che viene intonata con chi lavoro. In queste settimane, sono su Rai1 in “Una pallottola nel cuore 2”, un prodotto popolare in cui non si può spingere nei lividi e nelle ferite perchè ha un pubblico che richiede una chiarezza di base.

Ti vediamo nella seconda stagione de “Una pallottola nel cuore”. Perchè hai detto sì a questa fiction?

Beh per il mio ruolo soprattutto! Interpreto un personaggio disgraziato ma privo di cattiveria, vittima di scelte sbagliate; è un personaggio tenero in fondo con una debolezza espressa con la tossicodipendenza.

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Come tu stessa hai detto, interpreti Giada, una donna dipendente dalla droga. Oggi più che mai la dipendenza da alcool e droga causano devastazione e morte. Interpretando Giada, che idea ti sei fatta di questa grave problematica?

E’ una tematica davvero molto delicata e difficile da affrontare. Secondo me, è una problematica può nascere in seguito a vuoti educativi, in particolare. E’ un tentativo di compensare principalmente di paura di non essere abbastanza forti, la paura di non farcela, di non riuscire a ragionare con il proprio sentimento e la propria testa, di una situazione in famiglia difficile da superare. Credo sia fondamentale insegnare ai giovani a stare da soli, a leggere e anche a praticare un sport, perchè è proprio grazie a quest’ultimo che, dinnanzi a sconfitte, si ritrova la grinta e la forza  di rialzarsi e continuare a combattere per arrivare al traguardo.

Com’è stato lavorare con Gigi Proietti?

Innanzitutto un Grazie va in particolare a Luca Manfredi che è un regista che si fida molto dei suoi attori, perciò ti dà quella libertà che altri non danno. Gigi Proietti è un signor solista che è molto abituato allo spettacolo e che non ti fa pesare la sua bravura, cosa non di poco conto per una persona che sembra che questo mestiere gli sia stato cucito addosso; più gli stai vicino e più percepisci la sua straordinaria energia.

Il grande successo arriva con “I ragazzi del muretto”; è stata questa la grande occasione?

Ogni lavoro che fai, è un’occasione per esprimere una parte di te; non credo che esista la grande occasione! Da una pubblicità puoi essere chiamata da un regista di culto, da un cortometraggio puoi fare un film, da una pellicola puoi arrivare alla radio e così via. Secondo me, questo mestiere è costituito da un anello dopo l’altro in cui l’uno è indipendente dall’altro, profondamente legati ma diversi e mai uguali.

Una fiction di successo è stata anche “Dio vede e provvede”, in cui interpretavi suor Luminosa. Qual è il tuo rapporto con la religione?

Il mio credo è: fai agli altri quello che vorresti fatto a te. Sto cercando di insegnare ai miei figli la bellezza del rispetto per gli altri; vorrei comprendessero fino in fondo quanto sia bello vedere gli altri ridere piuttosto che piangere, condividere con gli altri quello che abbiamo perchè è più bello magiare con gli altri piuttosto che da soli. Vorrei che chiunque capisse l’importanza dello stare insieme, perchè un abbraccio, un bacio, una carezza rendono la nostra esistenza meravigliosa. Qualche settimana fa, rientravo da Trieste e mi sono imbattuta in Francesco, un ragazzo che stava al bar della stazione. Mi ha chiesto dei soldi e io gli ho offerto un cappuccino e un cornetto. E’ un giovane disagiato che non ha mai fatto male a nessuno, elegante a suo modo; faceva freddo e lui aveva i piedi nudi. Nonostante la povertà, mi ha colpito la sua fierezza e la sua grande dignità. E’ stato bello incontralo quella mattina; io gli ho regalato la colazione, ma lui mi ha regalato il suo sorriso.

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Se ti dico Nicolò Fabi e “Capelli”, cosa ti viene in mente?

Mi torna in mente una persona davvero straordinaria, una persona piena di vita, di speranza e di amore e lo dimostra con ogni passo che fa.

Il tuo sogno da bambina era quello di fare l’attrice?

Posso dirti che da piccola mi immaginavo investigatore. Mi sono innamorata di Conan Doyle e del suo modo di analizzare il mondo che gli stava intorno e, nel mi piccolo, ho sempre cercato di applicarlo al mio vero mestiere perchè credo che, in qualche modo, ogni attore debba scavare e andare oltre alla superficie. Il pubblico quando ti vede, riesce a capire anche qual è il pensiero che ti sta attraversando in quel momento.

Quest’intervista verrà pubblicata in Resto al Sud. Qual è il tuo rapporto con questa parola?

Un ottimo rapporto, direi! Credo che il Sud abbia un istinto, una luce, una passione per i colori e una magia che il Nord non ha. Quando penso al Sud penso al caldo, al profumo dei fiori, alla bellezza della Puglia in cui ho girato una fiction per la Rai con i suoi ulivi e i suoi muretti, penso a una pioggia battente che si fa da parte per un sole accogliente e gentile; penso alla parte più dolce e melodica dell’Africa, penso al suono della savana, agli odori speziati, al profumo dei gelsomini di Taormina, al peperoncino della Calabria. Penso all’amore e alla passione. Penso alla cultura del Sud, sempre meno razionale rispetto a quella del Nord; penso ai sorrisi infiniti che si vanno a scontrarsi con quelli sempre meno frequenti del Nord, grigio e freddo, contrariamente alle terre del meridione.

Dopo “Una pallottola nel cuore 2”, dove ti vedremo?

Mi vedrete in “Braccialetti rossi 3”e “La porta rossa” di Carmine Elia.


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