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Il trionfo ai David di Donatello di “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese
21 Apr 2016 08:35

Lunedì sera si è svolta la cerimonia di consegna del più importante premio del cinema italiano, il David di Donatello, giunto alla sua sessantesima edizione. La premiazione è avvenuta negli Studios di via Tiburtina a Roma, trasmessa per la prima volta su Sky. L’apertura è avvenuta con la messa in onda di un corto che metteva in risalto alcuni dei protagonisti di un’annata cinematografica molto importante per il nostro Paese con lo slogan “il cinema è il soffitto del cuore“.

E’ stato l’anno di “Lo chiamavano Jeeg Robot”, il film del regista esordiente Gabriele Mainetti che si è aggiudicato ben sette riconoscimenti, tra cui i migliori attori protagonisti, Claudio Santamaria e Ilenia Pastorelli, il migliore non protagonista, Luca Marinelli e la migliore non protagonista, Antonia Truppo.  “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone ha conquistato sette statuette, tra cui quello di miglior regia.

Il vero trionfo della serata è stato però per “Perfetti sconosciuti” che, oltre il premio per la miglior sceneggiatura, ha vinto la statuetta più importante, ovvero il David di Donatello per il miglior film.

Il film campione d’incassi, firmato da Paolo Genovese, ci racconta di un gruppo di amici che si ritrovano a cena a casa di Rocco ed Eva, pacato lui, molto più nevrotica lei; oltre a loro, ci sono anche Carlotta e Lele, una coppia apparentemente felice, Cosimo e Bianca, molto affiatati, o almeno così sembra, e Peppe, unico single della serata. Durante la cena, la proprietaria di casa propone un gioco che ben presto si rivelerà l’inizio della fine, ovvero mettere il proprio cellulare sul tavolo e accettare che, nel corso della serata, ogni messaggio, chat o chiamata venga condiviso.

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Dopo qualche tentennamento iniziale, tutti accettano. Come è facile intuire, quella che sarebbe dovuta essere una tranquilla serata tra amici si trasformerà in un vero e proprio gioco al massacro. Chiamata dopo chiamata,  messaggio dopo messaggio verranno alla luce i segreti, i tradimenti, le bugie, le ambiguità, i sogni e le vite di ognuno dei sette protagonisti di questa storia, facendo emergere il finto perbenismo di ognuno, tanto da mostrare quanto l’amicizia sia ahimè soltanto di facciata. Gli smartphone sono oramai diventati le scatole nere della vita perchè, al loro interno,  ci sono le nostre vite pubbliche, private e anche segrete.

“Perfetti sconosciuti” è una commedia amara in cui i colpi di scena si inseguono uno dopo l’altro; si ride ma si riflette anche molto su quella che è la vera condizione dell’uomo, ovvero quella di nascondere molto spesso le verità più inconfessabili. E’ un film i cui personaggi si ritrovano costretti a togliersi la maschera, a rivelarsi per quello che sono in un inevitabile scontro tra la realtà e la finzione.

“Perfetti sconosciuti” è un film che non si ferma alla superficie dell’apparenza, bensì mette sotto i riflettori la normalità della vita; pone l’accento su un oggetto che, anziché migliorare la nostra routine, oggi come oggi non fa altro che smascherare, un volta acceso, le nostre reali debolezze. Siamo infatti sempre meno disposti a vivere la vita nella sua pienezza, ad assaporarla in ogni istante, viviamo sempre più attraverso un piccolo schermo che molto spesso finisce con il condizionarci.

Vedere il film di Paolo Genovese è un po’ come riscoprire l’incanto del cinema, ovvero quella straordinaria capacità che ha di rapirci e di rendere più intensa e ricca la nostra esistenza nella sua semplice complessità. “Perfetti sconosciuti” è una commedia dal sapore amaro che critica la natura umana perchè quando ne scopriamo i limiti, preferiamo tornare a vivere nell’ipocrisia.


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