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“Gomorra? Bel prodotto televisivo ma la camorra di oggi è un’altra cosa”
25 Mag 2016 16:31

L’avventura artistica di Massimiliano Rossi in Gomorra è terminata quando il suo personaggio, Zecchinetta, è stato ucciso nella prima stagione.

Oggi, mentre su Sky Atlantic è in onda la seconda serie, l’attore si è aperto a Resto al Sud, raccontando quelli che, secondo lui, sono i pregi e i difetti del prodotto televisivo ispirato dall’omonimo e celebre romanzo di Roberto Saviano.

“Da attore – ci ha confidato Rossi – è stata una bella esperienza, perché Gomorra è senza subbio una serie TV molto ben confezionata, figlia di una nuovo modo di raccontare le storie nel piccolo schermo del nostro Paese, strizzando l’occhio ai mercati esteri, soprattutto quello americano”.

E da cittadino spettatore?

“In questo caso nutro qualche perplessità sui messaggi trasmessi, volutamente o meno, da Gomorra: nella fiction, infatti, mi pare che manchi l’impegno nella costruzione di una rappresentanza più attinente all’attualità”.

Perché cos’ha di diverso la camorra di Gomorra con quella di tutti i giorni?

La camorra della serie odora di anni 80. Manca, a mio modesto parere, ad esempio, la presenza dello Stato e dei collaboratori che permettono di contrastarla. In fondo, Gomorra esiste proprio grazie alla conoscenza scaturita dalle indagini e dai racconti di chi si è pentito, altrimenti ne sapremmo ben poco. E nella serie sembra, invece, che tutto accada da sé, senza la presenza dell’impegno della società. Ma oggi le cose stanno diversamente”.

E si è fatto un’idea del perché queste mancanze?

“Penso che ciò sia dovuto al fatto che Gomorra sia soprattutto un prodotto televisivo che si rivolge a un preciso target, non solo italiano ma anche straniero, a cui manca la percezione della vera camorra sul territorio. Insomma, un punto di vista da Romeo e Giulietta, dove a scontrarsi e basta sono le famiglie e le generazioni, mentre tutto il resto fa da contorno”.

Allora, lei fa parte di chi pensa che Gomorra possa provocare emulazioni, soprattutto tra i più giovani?

“No, questo no. Ognuno di noi sa distinguere il bene dal male. Ho fatto riferimento all’elemento della ‘superficialità’ della trattazione dell’argomento ‘camorra’ ma questo credo che sia dovuto anche al fatto che si tratta di un tema ‘aperto’, in ‘divenire’ e non ‘chiuso’, com’è avvenuto nel caso di Romanzo Criminale. Gomorra, comunque, ha anche del buono”.

Ovvero?

Parla del male senza buonismo, senza creare due mondi paralleli, dove è la società buona che parla di quella malata, spesso in maniera fastidiosamente ipocrita. Gomorra ha la qualità del coraggio che va lodata. E, poi, non bisogna mai dimenticare che anche questa serie TV è necessaria per rafforzare il principio della libertà di espressione: chiunque è libero di raccontare le storie come vuole, anche puntando più sui personaggi negativi per mostrare il lato oscuro della società”.


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