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La Maggiolata di Castel del Giudice – rito e festa del faggio propiziatore
08 Mag 2016 08:45

Tra le ricorrenze molisane, ispirate all’arrivo di maggio, La Maggiolata di Castel del Giudice si pone in maniera specifica  conservando l’idea di fondo con le altre feste maggiaiole che celebrano in maniera rituale il ritorno della bella stagione rinnovatrice nel giorno del primo maggio.

Le feste, dedicate a maggio, dette anche calendimaggio, sono presenti in più regioni d’Italia e si pongono nella duplice valenza di riconferma della comunità e della sua storia locale e di funzione propiziatrice che  scandisce la circolarità del tempo e con esso il ritmo produttivo della terra. A Castel del Giudice è il faggio, in particolare rami di faggio di diversa grandezza, il protagonista arboreo de La Maggiolata, tanto che per trasposizione linguistica il faggio viene detto anche il maggio o meglio rù maje, così nel dialetto castellano.

Per tradizione orale, che si fa risalire fino agli inizi dell’Ottocento, erano i contadini giovani che dalle sette di mattino in gruppo iniziavano il giro del paese andando di casa in casa con in mano  rami di faggio appena germogliati e sfoggiati con le loro fresche e lucenti foglie mentre quasi senza sosta si intonava ad alta voce una canto che come una cantilena benevola chiedeva la benedizione di Dio e di San Nicola di Bari.

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Ma l’atmosfera gioiosa iniziava dal giorno prima quando i giovani del paese si recavano nel bosco a cercare i rami più belli, quelli più ornati di foglie che poi al ritorno  venivano nascosti perchè una sorta di competizione e di rivalità giocosa aleggiava fra i ragazzi che appartenevano ai vari rioni del paese quali Fonte Grande, la Piazza, Case popolari, Porta Pagana, via Fonte Vecchia.

Chi cominciava prima il giro del paese e portava il ramo più ricco di foglie poi riceveva in cambio uova, soldi ma anche salsicce, salami, conservati per le occasioni di festa, le stesse cose i paesani comunque  donavano a tutti i partecipanti non prima però di aver ascoltato il canto Rù Maje eseguito in coro con voce portante che dava anche il via.

Per  sua naturale evoluzione dagli anni Settanta del Novecento agli attuali il gruppo  impegnato a far rivivere La Maggiolata è composto sia da ragazze sia da ragazzi vestiti in costume tradizionale  con la partecipazione nutrita di bambini che indossando anch’essi il costume  accompagnano il corteo festante tenendo in mano dei cestini nei quali vengono riposte le offerte. Se il giro del paese rimane lo stesso, si parte dalla Piazza G. Marconi e G. Caldora quindi per  Borgo Vignale, via Calvario, via Regina Margherita, via Torino di Sangro fino a Rione UNRRA (acronimo di United Nations Relief and Rehabilitation Administration), l’orario di inizio della ricorrenza è posticipato alle nove per concludersi dopo le undici, rimanere in Piazza per la benedizione finale impartita dal parroco don Nicola Perella e quindi assaporare la grande frittata ottenuta con le uova donate, cucinata dalle signore del luogo esperte a preparare  piatti della tradizione come le succulente polpette dette pallotte.

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La manifestazione, organizzata dalla Proloco e dal suo presidente Remo Gentile, in carica dal 2000 e sempre attivo nelle varie iniziative promosse,  in stretta collaborazione con l’Amministrazione Comunale e con il sindaco Lino Gentile ( dai tanti successi e premi ottenuti per l’Albergo Diffuso di Borgo Tufi) oltre a coinvolgere tutto il paese nei preparativi accoglie anche ospiti e appassionati di tradizioni popolari in Piazza  vivacizzata  dal gruppo folk di Agnone Rintocco Molisano e dai ragazzi maggiaioli al canto de Rù Maje che ogni anno il primo maggio, senza interruzioni, ritorna a risuonare atteso e festante: “Ecco il Maggio, il sole splende il raggio/ verdi i campi, verdi i prati,/nella tempestata il Dio ce la scampa,/ il Signore ci benedica l’animale con la spiga,/noi cantiamo con amore come fa l’agricoltore./ Eccht quisct maje, maj majtt purtat ru maje/ e purtatl a vedè, quist maje nun sapè/e vnit vu zitell a purtà l cos bell/ e vnit vu signor a purtà l cos bon/ p la città d’Bar e p’santa Nicular,/santa Ncola faceva la spiga/ santa Ncola la bnedica/ santa Ncola va camp camp/ Padre Figlio e Spirito Santo/ ova alla cesta e soldi in tasca”.


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