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Capire il mondo diventa sempre più difficile
07 Ago 2016 08:35

Raccolgo poche informazioni, pose da post, provocazioni di amici, leggo qua e là il network sociale. Accadimenti avvenuti con grande rapidità hanno fatto parlare i miei amici virtuali, con le solite interazioni di flusso, riflusso, controflusso.

Tutti ne parlano, io non ne parlo, mi si nota di più se posto contro i post o se me ne sto in disparte, ecc. Il dibattito a volte si sposta da Fb ai giornali, rimbalza, tutto rimbalza dappertutto, ci sono sempre i video che però, anche nel 2016, sembrano fatti con telecamere analogiche degli anni ’80.

Dei fatti di sangue non so, non voglio e non posso più parlare. Mi è evidente che non capisco bene quello che accade, che non riesco a sopportare quasi più nessuna spiegazione, e di conseguenza non riesco a darla.

Non mi riesce più in effetti l’interpretazione del mondo, disciplina nella quale mi pareva di eccellere anche solo dieci anni fa. Il non riuscire a restringere i fatti che accadono nella comoda catena degli universali mi spinge sempre più spesso alla fuga, al pensare solo ai fatti miei, a preferire il riso stolto al pensiero costringente, intriso di senso del tragico.

Perciò non so dire niente di Nizza, non so dire niente della Turchia, non so dire niente sulla fine – adesso davvero evidente – delle ideologie, sostituite direttamente dai dogmi. La mia trasformazione è perfettamente funzionale alla discesa inarrestabile della società mondiale verso il nuovo ordine.

Avevano ragione, quelli di Francoforte, l’evoluzione epistemologica avrebbe davvero chiuso la porta in faccia alle idee politiche novecentesche, ma non verso una società aperta ed efficientista come l’avevano immaginata loro, bensì contro un’autorità dogmatica e religiosa che tutto sa, tutto capisce e tutto domina.

Si tratta della direzione del califfo, è la direzione del dittatore turco, è la direzione della dinastia divina araba, la direzione delle tecnodemocrazie occidentali, tutte d’accordo, tutte in affari fra loro.

Si tratta della Ragione di Stato che schiaccia lo Stato di Diritto attraverso la foia legalgiustizialista, le reiterate riforme a sottrazione continua di diritti, sradicando pezzi di democrazia con scientifica progressione.

Sono il primo dei complici di questi cambiamenti in atto, perché non mi affretto a chiedere un referendum vero, serio, su almeno cinque quesiti separati sulla riforma, e non un ignobile accettazione o rifiuto in blocco, che è un insulto all’intelligenza umana, un passo deciso verso il dogmatismo generale.

Sono il primo dei complici perché non ho tempo, non mi sembra di avere più tempo, perché non possiamo più parlare, tutti lontani, affrettati, compresi nella continua valutazione di noi stessi.

Perderemo tutto, anche per questo.


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