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Pazzi per Gaetano
22 Ago 2016 08:30

Ci sono giorni in cui il mondo sembra essere diventato un deserto. Sangue, odio, sofferenza, morte. Ci sono giorni in cui senti che dal cuore parte una sorta di silenzioso rimprovero verso il Signore della vita e della storia: « Dio dove sei?». Poi, aguzzi lo sguardo, e nel deserto ecco apparire un fiore. Bello. Colorato. Profumatissimo. E ti accorgi che la vita è sempre prepotente. Forte. È verità contro la menzogna della morte, soprattutto quando è inutilmente e drammaticamente provocata. Ti accorgi che di bene è impregnato il mondo. Che la solidarietà è un fiume carsico. Umile. Nascosta. Ma decisa, perseverante. La nostra Italia è proprio bella. Tutta. Il mare del Salento è uno spettacolo.

Ma noi, oggi, vogliamo raccontare una storia che rallegra il cuore e che rischia di passare inosservata. Gaetano è un poliziotto felicemente sposato e con due bambine. Non ha ancora 40 anni quando viene colpito da una terribile malattia, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Nel giro di due anni Gaetano perde il controllo del suo corpo. Gli resteranno solo gli occhi per comunicare quello che passa nel suo cuore e nella sua mente lucidissima. Inizia la salita del calvario. La croce è pesantissima. Chiunque sotto quel peso rischierebbe di crollare. Dopo lo smarrimento iniziale, Gaetano e sua moglie, Giorgia, capiscono di doversi rimboccare le maniche. Le battaglie da combattere saranno molte e tutte faticose. Ma la caparbietà riuscirà a spuntarla. La prima lotta è contro l’ ignoranza e le lungaggini della burocrazia. Poi ci sono i pregiudizi e i peccati di omissione. Gaetano non può camminare, non può mangiare, ma può pensare. Non può parlare ma può riflettere. Ed ecco che dal suo cuore sgorga il desiderio di dare vita a una associazione.

Nasce il gruppo “Tutti pazzi per Gaetano”, vecchi e nuovi amici che si mettono insieme col desiderio di rendere le sue giornate più sopportabili. Lui adesso ha imparato a “parlare” attraverso un “comunicatore”, una sorta di computer che funziona con la sola forza dello sguardo. Nei primi mesi, Gaetano, abbattuto e scoraggiato per quella “bomba” esplosa all’improvviso, diceva di sentirsi “come una pietra”. Adesso non lo dice più. Non solo, ma ha voluto che il motto dell’ associazione fosse “Io posso”. Lui è convinto che occorre trovare “il coraggio per essere felici”.

Gaetano vive a Calimera, uno dei paesi salentini di origine greca, poco distante da San Foca, luogo balneare di estrema bellezza. L’ex poliziotto si chiede perché i fratelli e le sorelle con problemi di disabilità non debbano godere, come tutti, la gioia di fare un bagno a mare. Da soli non ce la fanno, è vero, le barriere da superare sono tante, ma se vengono aiutati, anche per loro l’ estate può portare un pizzico di felicità. Ci pensa. Ne parla. Si organizzano. Trovano nel sindaco di San Foca un alleato che sposa l’ iniziativa. Nasce nel giro di poco tempo “La terrazza. Tutti al mare”, una sorta di corridoio sulla spiaggia con piccoli ambulatori attrezzati, destinato a loro, ai fratelli che ci aiutano a riflettere e a essere più buoni.

Che ci danno la possibilità di crescere nella fede e nella solidarietà. Per loro che hanno bisogno di arrivare a riva su una carrozzina o una barella. Lui stesso, Gaetano, ritornerà a immergersi nel mare. Stupendo. Viene voglia di applaudire. Di ridire e di piangere. “Non bisogna calunniare l’ uomo” scriveva don Mazzolari. Vero. Guai a farlo. Anche quando altri uomini si arruolano a servizio del male. Anche quando – cattivi o ingenui – hanno lasciato il loro cuore in balia dell’ odio, dell’ invidia e di veleni. Si tocca con mano a ogni tornante della vita il mistero nel quale tutti siamo avvolti. Il terribile e incommensurabile dono della libertà, fuoco sacro e indispensabile per essere promossi a essere veramente uomini. A Gaetano chiedo: «Sei più arrabbiato con Dio o con gli uomini?». Lui si prende il tempo per scrivere, lettera dopo lettera, la sua risposta. Poi il comunicatore rivela il suo pensiero: «Con gli uomini …» Con gli uomini che potrebbero fare molto e non lo fanno. Che non sempre riescono a capire che basta poco per rendere la vita di chi è “incappato nei briganti” più sopportabile. Che non sempre si rendono conto della ricchezza immensa che hanno ricevuto in dono. L’ esperienza di San Foca, per adesso, è unica in Italia. Sarebbe bello se potesse moltiplicarsi. Chissà. Sono certo che ci sono amministratori comunali e regionali, medici e volontari che stanno già pensando: si può fare. Forza, allora! Vogliamo farci carico dei fratelli e delle sorelle che hanno bisogno di una mano. Loro, da veri galantuomini, ricambiano sempre quel poco che riusciamo a dare. A volte con un semplice sorriso. E nascono amicizie belle. E vite degne di essere vissute. A Gaetano e ai suoi amici, a Giorgia e al paese di San Foca vogliamo esprimere riconoscenza e gratitudine. Nel vedervi fare così bene il bene, anche noi troviamo la forza per continuare a impegnarci sempre e solamente per il bene.


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