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Inseguire il sogno, il proprio. Intervista a Gianni Rosato
15 Set 2016 08:30

Questa sera su Rai1 torna un appuntamento imperdibile per gli amanti delle serie tv; torna infatti un’altra entusiasmante puntata di “Un medico in famiglia”, giunto alla sua decima stagione. Stasera, tra i protagonisti della sesta puntata, ci sarà anche Gianni Rosato, un attore che a differenza di molti suoi colleghi, oltre che per bravura, ha la particolarità di essere estremamente gentile e cortese, caratteristica non di poco conto per chi appartiene al mondo dello spettacolo. Gianni, di strada ne ha fatta sino ad oggi; ha lasciato la sua Calabria per approdare a Roma per inseguire il suo sogno, quello di diventare un bravo attore. Con entusiamo e sacrificio, sta continuando a proteggere il suo sogno, con il sorriso, suo immacabile compagno di viaggio.

Chi è Gianni Rosato?

E’ un sognatore e lo è sempre stato. E’ nato in Calabria, cresciuto in Piemonte e vive a Roma ormai da 16 anni. Ha scelto la capitale per coltivare la sua passione più grande, ovvero la recitazione. La città magica ed eterna per eccellenza offre svariate possibilità che altre non potrebbero darti. E’ un ragazzo molto altruista, solare e passionale, è del Sud, non potrebbe essere diversamente! E’ convinto che nella vita niente gli sia dovuto, anzi, che sia necessario lavorare duramente, anche se non sempre purtroppo si riesce subito a portare a casa un risultato. Per un lungo periodo, infatti, ha fatto provini su provini, ma non lo richiamava nessuno. Non si è mai buttato giù però, ha sempre lavorato, facendo il cameriere per pagarsi gli studi e spesso, per affrontare queste spese, non riusciva ad arrivare a fine mese, ma era felice perchè inseguiva un sogno, il suo sogno e si è ripromesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di calpestarlo, perchè era il suo e soltanto il suo.

Cos’è per te la recitazione?

E’ l’arte del poter vivere più realtà; è pensare, interagire, immedesimarsi nei personaggi più diversi ogni volta in una famiglia diversa. Non pensare che per recitare sia necessario solo imparare a memoria ed il gioco sia fatto; un attore infatti fa un lavoro interiore tremendo e meraviglioso al tempo stesso. Impari a conoscere davvero te stesso grazie a degli insegnanti molto meticolosi che ti aiutano ad incanalare determinate emozioni. Un grazie con il cuore va a Fioretta Mari e Monica Scattini con le quali ho avuto modo di studiare. Fa paura ritornare a casa, guardarsi allo specchio e chiedersi: “e tu chi sei?”. Amo recitare e non importa se a teatro, al cinema o in TV. La cosa importante è farlo al meglio emozionando il pubblico! Con una predisposizione ci nasci, poi, crescendo, impari a conoscerla e, se sei determinato, la coltivi fino al giorno in cui questa passione prenderà finalmente forma.

Cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo in “Un medico in famiglia” in cui ti vedremo stasera?

Non esisteva un motivo per rifiutarlo a dire il vero! “Un medico in famiglia” é una fiction ormai giunta alla decima edizione, una serie tv fortunata, longeva, in cui lavorano eccellenti attori; ho cercato di assorbire il più possibile!

Come ti sei preparato?

Il personaggio che interpreto é molto diverso da me. Io sono determinato e non mi accontento mai, lui invece si accontenta della vita che fa, é anche un po’ irresponsabile e sfaticato. É un adulto che vede al primo posto il giusto compromesso a tutto ciò che lo circonda, compromesso che però deve soddisfarlo materialmente. Sono P. Deodato e lavoro all’università. Entro in scena nel sesto episodio e subito mi scontrerò con Nonno Libero ma sarò anche facilmente corruttibile con Valerio Petrucci. Amo impersonare personaggi che possano attingere dalle mie emozioni e dal mio trascorso, anche se quando questi non mi somigliano per niente, il gioco si fa ancora più divertente.

Sei entrato a far parte di un cast molto affiatato. Com’è stato lavorare sul set con professionisti come Lino Banfi e Milena Vukotic?

Ho conosciuto Lino Banfi qualche tempo fa nell’ateneo LUISS. Ero un allievo dell’Accademia Actors Planet di Rossella Izzo. Ricordo che Lino ci raccontò della sua infanzia dura e complicata; fu proprio mentre lo vidi emozionarsi che espressi un desiderio, dentro di me, ovvero quello di poter lavorare con lui e ora posso dire di essere stato davvero fortunato! Sul set, è stato molto generoso; ha una personalità e un carisma molto forti, sia in scena che a telecamere spente. Alla fine delle riprese, mi ha fatto emozionare, quando salutandoci, mi ha stretto le mani e mi ha detto: “Mi ha davvero fatto tanto piacere conoscerti e lavorare con te, vedrai quante cose arriveranno in futuro”. Dal cast, ho avuto affetto, calore e stima, ma soprattutto ho ricevuto il loro sorriso che mi resterà impresso per sempre!

Gianni Rosato con Stefano Dionisi

Gianni Rosato con Stefano Dionisi

E con Stefano Dionisi?

Ricordo che un giorno, sul set, faceva particolarmente freddo. Battevo i denti per quanto freddo sentivo. All’improvviso si é avvicinato Stefano Dionisi, che senza pensarci due volte, si é tolto la coperta dalle spalle e, adagiandomela addosso, mi ha detto: “Prendila, copriti! Io, nella mia vita, di freddo ne ho preso fin troppo e so cosa vuol dire”. Mi ha fatto venire la pelle d’oca per il suo gesto nei miei riguardi. Non lo dimenticherò!

E’ la fiction che parla per eccellenza della famiglia. Per te cosa rappresenta il nucleo familiare?

Per me, la famiglia é importante. Mia madre é tutto. E’ il mio punto di partenza, il mio giro di boa, il mio rifugio. E’ il luogo da cui parto per poi ritornare!

Quest’intervista verrà pubblicata in “Resto al Sud” un quotidiano molto attento alle tematiche che riguardano il nostro Mezzogiorno, ma non solo. Quando pensi alla parola Sud, cosa ti viene in mente? E la Calabria?

Penso alla gioia e all’orgoglio di essere uno del Sud, ma al tempo stesso alla rabbia nel vedere che molte zone della nostra straordinaria terra, che ha un potenziale illimitato, restano aride e nessuno investe per apportare migliorie. Ogni anno sono centinaia i ragazzi che si iscrivono all’università per fare un percorso formativo che purtroppo solo pochi porteranno a termine con successo; altri restano a casa a godere della pensione della zia anziana o della nonna ormai morente; altri ancora lavorano pochi mesi per poi richiedere la disoccupazione. Ecco, vorrei rivolgermi a questi ragazzi, che, come me, saranno gli uomini di domani. Dobbiamo essere ambiziosi, determinati, non dobbiamo mai dire di non avere possibilità! Dobbiamo solo credici e volerlo davvero! In Calabria ho la mia famiglia, i parenti e molti amici. Essendo un po’ sparsi per l’Italia, l’estate diventa il modo per rivederli un po’ tutti. Mi piace parlare di come le nostre vite siano cambiate, dei sacrifici fatti per realizzare i nostri sogni e perché no, mi piace anche confrontarmi con chi ha deciso di restare in paese e mettere su famiglia.

Secondo te, è possibile resistere e non lasciare sole queste terre?

Niente é impossibile se vuoi veramente qualcosa! Penso che le aree abbandonate (o in declino) siano il risultato del menefreghismo delle persone del posto che ci vivono e criticano le condizioni poco agiate in cui viene vissuta la realtà del quotidiano. Se stiamo solo a guardare senza fare niente, aspettando che siano sempre gli altri a fare qualcosa, creare opportunità di lavoro e far sì che un Paese cambi, cresca e si evolva, non accadrà mai nulla. Rimboccarsi le maniche e creare nuove prospettive e opportunità sarebbe la cosa migliore da fare.

Hai ancora dei sogni nel cassetto?

Ho promesso a me stesso che farò di tutto per realizzarli e se non dovessi riuscirci, almeno non avrò il rimpianto di non averci nemmeno mai provato!

Nuovi progetti?

Sono stato con il cast di “Edhel”, un film che abbiamo girato per il cinema, al Giffoni Film Festival per presentarlo. A fare da padrone, ancora una volta il calore dei ragazzi intervenuti, provenienti dalle più diverse parti del mondo. Spero che questo film piaccia al pubblico proprio perché tocca un argomento molto delicato. In questo periodo ci stiamo concentrando su questo progetto che sta prendendo piede sempre di più.


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