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Il successo di Claudia Vismara. Stasera su Rai2 con “Rocco Schiavone”
16 Nov 2016 08:30

Questa sera torna su Rai2 “Rocco Schiavone”, la serie tv che ci racconta del vice questore, per l’appunto Rocco Schiavone, che viene trasferito ad Aosta da Roma per indagare su vari casi avvenuti nel capoluogo valdostano.

Ad affiancare Marco Giallini, troviamo Claudia Vismara, la brava e bella attrice milanese ma che già da qualche anno vive a Roma, già conosciuta al grande pubblico per i suoi ruoli in tv, come per esempio in “Un medico in famiglia” e ne “Il Paradiso delle signore”. Non solo teatro e cinema, ma anche teatro e diversi spot. Pur riscontrando un grande successo, Claudia è sempre rimasta la stessa giovane di un tempo, passionale e istintiva, fragile ma determinata, dolce e semplice, a dimostrazione ancora una volta che fare ciò che si ama non può che garantire il raggiungimento della felicità.

Chi è Claudia Vismara?

Una giovane donna, vicina ai trenta, che ha la fortuna di fare il lavoro più bello del mondo. Guardandosi allo specchio, vede ancora la Claudia di sempre, per fortuna: semplice, solare, a volte un po’ folle e con la testa per aria, piena di sogni vagabondi e allo stesso tempo pigra e casalinga, perennemente in contraddizione, indecisa, a volte insensata. E’ innamorata della vita, romantica, molto attaccata ai suoi affetti e alle sue radici. Insomma, è corazzata e fragile, altruista e testarda, irascibile e generosa.

Sei nata vicino a Milano ma ora vivi a Roma. Cosa rappresentano per te queste due città?

Milano è “famiglia”. Il luogo in cui posso ancora sentirmi la bimba di tanti anni fa, protetta, coccolata, viziata, amata. Il Natale a Milano ha un fascino unico, fatto di cappotti, neve, alberi scintillanti, bancarelle, caldarroste, migliaia di pacchetti e nastrini che si scontrano in piazza Duomo, musica di strada, bambini che scalpitano, facce sorridenti… Per non parlare di quello in casa mia. Tra i profumi della cucina di mia madre, le nonne un po’ assonnate, i giochi che iniziano dopo pranzo, verso le sei, e vanno avanti fino a notte inoltrata, le chiacchiere, i gusci di spagnolette che invadono il tavolo da pranzo, il ritrovarsi ogni anno più grandi. Sono molto legata a tutto questo; ho la fortuna di avere una famiglia molto unita, e ogni volta che torno a Milano, la gioia più grande è ritrovarla. Roma invece… ormai è “casa”. Vivo qui da sette anni e nonostante tutti i limiti e i difetti che ha, purtroppo la amo terribilmente. E’ troppo bella per non innamorarsene. Senza contare che qui c’è il mio lavoro, il mio compagno, i miei amici, la mia casa, i miei gatti, le ottobrate romane e un po’ di mare a meno di mezz’ora di viaggio!

Com’è nata la tua passione per la recitazione?

Mi divertiva fin da quando ero piccola, fin dall’asilo, anche se è andando avanti con gli anni che ho capito che sarebbe diventata la mia vita. Il mio primo corso di recitazione l’ho iniziato a quindici anni, quando era ancora tutto un gioco, una scoperta; facevamo teatro da camera, sperimentale, e al quinto anno di corso ho deciso di trasformare quel gioco in qualcosa di più serio e mi sono iscritta a un’accademia di musical.

Teatro, cinema, tv, film, fiction e spot. In che modo affronti il tuo lavoro?

Con tanto amore! Non c’è niente che mi faccia sentire più viva. Ritengo che questo sia il lavoro più bello del mondo e mi sento molto fortunata. Ogni tanto ancora mi stranisce però, soprattutto quando sposto un pochino lo sguardo e mi rendo conto di quale sia la quotidianità del resto del mondo, fatta di orari più o meno rigidi, di routine, di “capi”, di ripetizioni suppongo. Nella mia vita lavorativa non c’è niente di tutto questo, è solo un gran casino, ci sono giorni in cui mi sveglio alle 11 del mattino, altri alle 5, passo le mie giornate a fare quello che tutti noi facevamo da piccoli, travestendomi da qualcosa che non sono io, e a metà mattina ci portano pure la merendina! Insomma, siamo dei cuccioli mai cresciuti, noi attori, e la cosa più assurda è che ci prendiamo terribilmente sul serio!

Dal 9 novembre, ti vediamo come protagonista femminile in “Rocco Schiavone”. Come mai hai accettato questo progetto?

Perché è molto bello, come ha dimostrato il gran numero di spettatori che ha saputo incollare alla tv. E’ un crime visivamente molto innovativo, internazionale, insomma un prodotto molto atipico, soprattutto per Mamma Rai. Sono orgogliosa di farne parte. Per di più era una vita che sognavo di fare la poliziotta, sul set ho dovuto imparare ad armeggiare con la pistola (vera, anche se modificata per non poter sparare), a mettere delle manette con il rimbalzo, a placcare qualcuno in fuga… meraviglioso.

Ci racconteresti un po’ del tuo personaggio?

Be’ interpreto Caterina Rispoli, giovane vice-ispettrice della Squadra Mobile di Aosta e unico membro femminile del team di Schiavone. E’ una delle poche persone di cui Rocco si fida e lo aiuta spesso nello svolgimento delle indagini. Caterina è una donna indipendente, che ama il suo lavoro; subisce indubbiamente il fascino del suo capo -Rocco Schiavone per l’appunto- ma la sua professionalità è così forte da non permetterle mai di abbandonarsi davvero a questa fascinazione. Per di più a volte trova sgradevole il suo approccio con le donne, diretto e un po’ machista, e non manca di farglielo notare. Nel corso della serie vivrà un’altra relazione, con Italo, ma senza esserne davvero coinvolta fino in fondo. Insomma, la vita sentimentale della Rispoli non è delle più romantiche, anzi, spesso in lei combattono la “donna-poliziotta” e “la donna-Caterina”, ma non vi svelo alla fine chi l’avrà vinta.

Come ti sei preparata per questo ruolo?

Innanzitutto leggendo le sceneggiature e i libri di Manzini. Analizzando gli archi narrativi, il mutare dei rapporti tra personaggi, cercando di capire quale sapore dovesse avere questo personaggio. In seguito ho rubato da Claudia quello che si poteva rubare, capendo quanto c’era e quanto no di me in Caterina Rispoli. E per tutto ciò che non era mio, ho lavorato di fantasia e immedesimazione. Ho anche incontrato una giovane poliziotta della Squadra Mobile di Aosta e ci siamo fatte una lunghissima chiacchierata, dove mi ha raccontato praticamente vita, morte e miracoli del suo lavoro! Per un attore questa è una sorta di manna dal cielo e ci tengo a ringraziarla tantissimo.

Chi è per te Rocco Schiavone?

Un capo prima di tutto. Carismatico, intuitivo, burbero e ironico. Un bravo poliziotto, sicuramente. E un uomo, dal passato non chiaro, affascinante e respingente allo stesso tempo.

Come ti sei trovata al fianco di Marco Giallini?

Marco è una bomba di energia, in un modo o nell’altro ne sei necessariamente travolta! E’ un attore fantastico e poterci lavorare assieme è stato un grande onore per me.

Cosa ti piacerebbe arrivasse al grande pubblico di questa fiction televisiva?

Tutto l’impegno che ci abbiamo messo per renderlo un buon prodotto, diverso da quello che abitualmente si vede sulla Rai. Dati gli ascolti registrati, direi che ci stiamo riuscendo e questo ci rende immensamente felici.

Hai fatto parte anche dell’amatissima serie tv di “Un medico in famiglia”. Cosa rappresenta per te la famiglia? Che ricordi hai di questo ruolo televisivo?

Ho la fortuna di averne una solida e unita (di sicuro meno numerosa di quella di nonno Libero!) e questo mi ha sempre dato grandi sicurezze. Mi sento molto fortunata perché sta diventando una cosa sempre più rara, soprattutto di questi tempi. Spero di saperne costruire una altrettanto forte in futuro. Per quanto riguarda la serie tv in questione, è stato il mio primo ruolo importante, quello di Veronica, quindi non posso che essere grata a “Un medico in famiglia”, anche se il mio personaggio era l’antagonista della serie, una donna fredda e non particolarmente amabile, e tra i ruoli interpretati devo dire che non è quello che ricordo con più affetto.

Nella seconda stagione di “Rossella”, interpretavi suor Andreina. Posso chiederti quali sono i tuoi rapporti con la religione? E’ stato impegnativo vestire questi panni?

Non sono assolutamente credente e non mi riconosco in alcuna religione. Non sento il bisogno di etichettare la mia spiritualità o il tipo di “connessione” che sento con la vita in generale, ma condivido pienamente i principi di alcune di esse, come il rispetto, la tolleranza, l’altruismo, la ricerca della felicità. Ho sempre trovato un po’-permettetemi il termine- presuntuoso darsi delle risposte riguardo a “Dio”, se così vogliamo chiamarlo, e pensare di poter afferrare il senso della vita con una logica del tutto umana, fatta di sentimenti e regole. Ciò nonostante rispetto il credo di chiunque, sono assolutamente della filosofia “Vivi e lascia vivere”, purché questo non limiti la libertà di chi la pensa diversamente. Per questo personaggio, sono tornata in chiesa, dopo forse quindici anni che non vi mettevo piede. Era una chiesetta minuscola e deliziosa, vicino Villa Pamphili, a Roma. Ho ascoltato in rispettoso silenzio il rosario recitato da una decina di anziane signore, e devo ammettere che all’inizio ero molto a disagio. Trovavo ipocrita il mio stare in un luogo di preghiera che per me invece non rappresentava nulla, mi sembrava quasi di spiare il dolore altrui. Poi superato questo momento iniziale d’imbarazzo, mi sono lasciata andare e mi sono goduta quel momento di raccoglimento, in mezzo ad altre donne, mi sono sentita semplicemente parte di una comunità, umana, bella. Una volta uscita da lì, ho cercato di portarmi a casa quel senso di “divino” e di mistero, e di costruirci un percorso attoriale sopra.

Hai ancora sogni nel cassetto?

Dici oltre a vincere un Oscar, diventare un’apprezzata attrice internazionale, avere una villa sull’Appia Antica, potermi permettere di viaggiare sei mesi l’anno tutti gli anni, avere tre figli, scrivere almeno un romanzo di successo, pubblicare le mie poesie in una raccolta, incidere un album, aprire un mio centro di recupero per animali selvatici in Africa e sposare il principe azzurro? Mah, non saprei.

Quest’intervista verrà pubblicata in Resto al Sud, un quotidiano il cui nome è semplicemente dovuto al fatto che, oltre che occuparsi di tutto quello che accade in Italia e nel mondo, è molto attento alle tematiche che riguardano il Sud. (Con Sud, possiamo intendere qualsiasi cosa, il Sud del nostro Paese, del mondo, ma anche il Sud di Milano, tanto per fare alcuni esempi). Tu che rapporto hai con la parola Sud?

“Sud” mi fa venire in mente solo cose belle, nonostante spesso confini luoghi problematici e in difficoltà. Nella mia testa “Sud Italia” è caldo, spiagge, mare, veracità, semplicità, tradizione popolare, ma purtroppo è anche povertà, mafie, corruzione e mentalità arretrata. Mi piacerebbe un giorno non si dovesse più parlare di “nord” o “sud”, in Italia o nel resto del mondo, ma ci si sentisse semplicemente cittadini del pianeta, ognuno con pari diritti e opportunità, condividendo gli stessi principi, la stessa visione del futuro e la stessa idea di libertà.

Dopo “Rocco Schiavone” quali sono i tuoi prossimi progetti?

A gennaio uscirà il film “Acqua di marzo” di Ciro de Caro, già presentato alla Festa del Cinema di Roma di quest’anno, con me, Roberto Cacioppoli e Rossella D’andrea come protagonisti. Poi sarà il turno della seconda stagione di “Tutto può succedere”, della quale sono una new entry, nei panni d Lucrezia. E infine toccherà alla seconda stagione de “Il paradiso delle signore ”, serie che stiamo per iniziare a girare e che mi occuperà per qualche mese.


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