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A proposito della morte di George Michael
30 Dic 2016 08:15

Non ho molto idolatrato George Michael come popstar. Apprezzato sì.

Mi ha fatto riflettere che un uomo ricco e famoso muoia di overdose di eroina il giorno di Natale, uno che cantava “The last Christmas“.

Un testo un po’ banale ma di grande successo.

La storia mi ha richiamato alla mente un racconto di una discreta notorietà alternativa, scritto da William S. Burroughs e tratto da “Interzona”: si chiama “Il Natale del tossicomane“.

Francis Ford Coppola dal testo ne ha prodotto un cortometraggio visibile su youtube. Io, più modestamente lessi il testo di quel racconto ai microfoni di Radio Ciroma tra il 24 e il 25 dicembre del 1993 con musiche di sottofondo accuratamente scelte per la situazione di un dj solitario che pretende di intrattenere degli ascoltatori che non mangiano il pandoro a casa.

A Gergeos Kyriakos Panatiou, alias George Micheal, uomo alla ricerca di sollievi come un qualunque lavamacchine, dedico una citazione significativa di quell’ormai, quasi per me, dimenticato racconto

Danny attraversò la stanza e chiuse gli scuri. Tornò nella sua stanza e chiuse la porta ma senza girare la chiave. Si sedette sul letto, e rimase a guardare il contagocce vuoto. Fuori si stava facendo scuro. Il corpo di Danny soffriva per l’astinenza, ma era un dolore sordo adesso, sordo e disperato. Rigidamente, staccò l’ago del contagocce e lo avvolse in un pezzo di carta. Poi avvolse insieme ago e contagocce. Rimase lì seduto con il pacchetto in mano. Devo metterlo via in qualche posto, penso. Improvvisamente un’ondata calda gli pulsò attraverso le vene e gli arrivò alla testa come un migliaio di speedballs dorate. Cristo Santo, pensò Danny. Deve essermi capitata la dose immacolata! La serenità vegetale della droga si adagiò nei suoi tessuti. Il volto gli si rilassò, in pace, e la testa gli ricadde in avanti. Danny il Lavamacchine era fatto“.

A chi ha avuto la pazienza di leggere ho offerto due linee di letteratura mista ad una buona dose di vita autentica, quella vita che giornali e media stentano oggi a saper raccontare.


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