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Giornata della Memoria, quando mio nonno salvò mia nonna (e me)
27 Gen 2017 10:48

Quel signore con la mano destra alzata, con cappello e sciarpa, si chiamava Giuseppe Giannò ed era mio nonno.

È morto nell’ottobre del 1968 a causa di un cancro ai polmoni ed era un sindacalista e un politico.

La famiglia ebrea di mia nonna Kaden (è la bambina seduta sul divano). Vittoria Ventura è in alto a destra.

Al momento della sua scomparsa era il segretario della Provincia di Palermo della UIL ed ebbe molti legami politici con personaggi autorevoli, come Pietro Nenni, Casimiro Vizzini, Ruggero Vercelli.

In occasione della Giornata della Memoria, c’è un episodio che mi piace ricordare, perché se esisto lo devo a quello che fece per sua moglie.

Infatti, mia nonna Kaden Ester Cori, scomparsa pochi anni fa, era di stirpe ebraica (seppur, poi, convertita al cristianesimo) e si trovava con la madre, Vittoria Ventura, a Palermo, in un albergo di corso Vittorio Emanuele, ai tempi delle leggi razziali e antisemite del governo fascista.

Quando un gruppo di fascisti andò lì per prelevare le due donne, la mia bisnonna prese per il colletto della camicia nera uno di quei balordi che avrebbe dovuto condurre lei e la piccola Kaden verso un campo di concentramento (o meglio di sterminio) e gli disse che mai avrebbero lasciato la città.

Mio nonno, un giovane che lavorava allora in una banca prestigiosa, decise di intervenire, dichiarando che avrebbe sposato la ragazza ebrea, dal momento che erano fidanzati (e lo fece, in Cattedrale, di notte, dopo che mia nonna prese – in fretta e furia – i sacramenti necessari).

Così evitò la deportazione di Vittoria e Kaden ma perse ogni diritto civile e politico e dovette abbandonare immediatamente il suo posto in banca, perché aveva macchiato il suo sangue (italiano) con quello di una ebrea.

La coppia visse quegli anni fascisti e bellici in preda a tantissime difficoltà e paure, ma per fortuna (anche mia) sopravvissero.

Successivamente mio nonno Giuseppe decise di darsi alla politica, e più precisamente all’attività all’interno del Partito Comunista Italiano (mosso dall’antifascismo) e poi all’interno della vita sindacale della UIL, “cercando – come disse alcuni anni fa il senatore Carlo Vizzini in una trasmissione televisiva esortato da una domanda del sottoscritto – di far diventare grande un piccolo sindacato”.

Devo a lui la mia vita (oltre che all’audacia e al coraggio della mia bisnonna Vittoria).


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