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Con l’olio extravergine di oliva la Puglia ha tutto un altro gusto
03 Feb 2017 12:59

Se pensando alla Toscana la nostra immaginazione è sedotta dai suoi inestimabili monumenti storici-artistici-architettonici, perché quando pensiamo alla Puglia non avviene la stessa cosa con i suoi monumenti ecologici e naturalistici rappresentati, per esempio, dalle migliaia di ulivi secolari che presidiano come fiere sentinelle ruralità ancora incontaminate? Almeno in Puglia, infatti, gli ulivi secolari non sono “semplicemente” alberi: sono anche – come dice Elisabetta De Blasi – “custodi di una storia collettiva”, da conoscere e da diffondere alle generazioni future. Ed è proprio con l’idea di umanizzare questa “verità eco-storica” che la degustatrice ed assaggiatrice Elisabetta De Blasi, quasi un anno fa, ha fondato l’associazione “Passione Extravergine”. Per far scoprire l’assoluta straordinarietà degli oli pugliesi e, tramite essi, dei paesaggi in cui nascono mediante il lavoro di migliaia di contadini che, non rinnegando le tradizioni popolari, stanno confidando ed investendo nell’innovazione agricola per produrre oli dall’alta e riconosciuta qualità. Abbiamo, pertanto, rivolto alcune domande ad Elisabetta.

Quando nasce, e con quali finalità, l’associazione “Passione Extravergine”? Quali le principali attività svolte in questi ultimi anni?

Tre anni fa circa, insieme a 3 amici assaggiatori con i quali avevamo inizialmente costituito un gruppo informale, abbiamo pensato che mancasse un’associazione in Puglia che si occupasse di cultura olearia, in grado di fornire al consumatore informazioni tecniche, ma rese fruibili e comprensibili. Nella consapevolezza che occorresse cominciare proprio dalla regione con il paesaggio olivicolo più bello d’Italia e che potrebbe essere leader anche nella qualità. In questi anni abbiamo fatto proprio questo, con diverse iniziative: “Scoprire l’extravergine” abbiamo promosso una serie di serate di degustazione per appassionati e consumatori in cui con chef, maestri dell’arte bianca, maestri cioccolatieri, hanno tematizzato il prodotto in abbinamento a ingredienti particolari; con “In giro per frantoi” abbiamo consentito ai curiosi appassionati di vedere il backstage dell’eccellenza, ossia dove e come nascono le bottiglie che vengono premiate nei concorsi più importanti. Abbiamo, inoltre, ideato un mini corso per 10 pediatre perché sono il primo interfaccia con i genitori; abbiamo camminato in mezzo agli ulivi millenari e, infine, partecipato alla Conferenza Internazionale dei Borghi più belli del Mediterraneo conducendo un tavolo di lavoro sull’olio come ingrediente interculturale.

Quali, invece, le specificità dell’ultimo progetto in corso di realizzazione “Dall’assaggio al paesaggio”? L’ecosistema naturale può essere salvato da un diverso approccio al sistema gastronomico?

Dall’ “Assaggio al Paesaggio” è un progetto di economia circolare. C’è il no-profit dell’Associazione e il profit dei produttori, ci sono le istituzioni con le scuole e i Comuni. L’idea è quella di creare una rete sinergica e strategica sul tema della tutela del paesaggio e la valorizzazione del patrimonio museale agricolo. Per offrirne una lettura emotiva e coinvolgente ai bambini delle scuole elementari, ai quali volevamo trasferire la conoscenza del prodotto con i gesti che farebbe un assaggiatore professionista, ossia l’assaggio al bicchiere. I materiali e i format, naturalmente, sono stati costruiti appositamente per i bimbi.  Abbiamo previsto, inoltre, un monitoraggio del progetto, condotto dall’Università degli Studi di Bari che ci permetterà di testarne l’efficacia, ma anche che fornirà una base di dati per ragionare con gli enti locali più sensibili e attenti nella progettazione di ulteriori azioni di programmazione nell’educazione al paesaggio.

Perché è importante riscoprire l’extravergine, nella valorizzazione delle sue proprietà naturali e dei suoi valori culturali? Per questo scopo quale potrebbe o dovrebbe essere il ruolo della Scuola?

È importante riscoprire l’extravergine perché innanzitutto il consumatore medio non sa ancora riconoscere un vero extravergine da uno falso, con un danno importante per chi vive onestamente del suo lavoro e cerca di produrre un olio di qualità. Occorre dire, con chiarezza, che il paesaggio è un bene comune che ci riguarda tutti. Ci vuole un approccio antropologico al territorio e la scuola può fare molto per questo. Capire che anche se quell’albero è nel campo di un signore che ne è proprietario, è anche un po’ mio, perché è nostro patrimonio visivo. I bambini possono anche sicuramente portare a casa la competenza sul prodotto, insegnare ai genitori come si riconosce un vero extravergine, dopo aver fatto il nostro laboratorio che ha proprio questo obiettivo, trasferendo la condivisione della competenza all’interno della famiglia.

Quali gli usi oggi possibili con l’extravergine e quanti ce ne sono? In Puglia, e nella provincia di Bari, quanto e di quale tipo ne viene prodotto e successivamente esportato?

Parliamo di extravergine, perché la Puglia non produce unicamente qualità, sebbene ci siano frantoiani che, conoscendo bene le varietà e le potenzialità delle stesse, saprebbero come fare per ottenere determinate sfumature aromatiche. L’extravergine è un alimento, un ingrediente ed un nutrimento. Un alimento sano perché è un grasso che fa bene, una matrice alimentare, uno mezzo tecnico in cucina. La Puglia produce intorno al 50% di tutto l’olio nazionale, a seconda delle annate, ma non siamo ancora in grado di produrre solo qualità e non siamo nemmeno leader del settore. Molte aziende esportano e questa è un’altra incoerenza perché l’Italia consuma più di quanto produce, per cui perché dare agli altri il meglio? La risposta è che qui crediamo di conoscere il prodotto e, invece, mangiamo cose non conformi.

Perché, almeno fino ad oggi e nell’iconografia dell’ulivo secolare, l’olio – pur essendo, forse, anche più del vino uno dei simboli della nostra Puglia – rispetto “all’oro nero” non gode della stessa attenzione, economica e mediatica e politica?

L’olio è una commodity e come tale viene trattato dalla Grande Distribuzione. Poi bisogna dire che è un prodotto molto frodato e non bisogna pensare a frodi eclatanti, che a volte pure ci sono, come l’olio di semi colorato con la clorofilla e venduto per extravergine, ma penso principalmente al vergine venduto come extravergine. Si capisce bene come un prodotto come l’extravergine, e ancora di più uno di qualità, sia costoso da produrre perché la resa, in percentuale, può essere bassa. È un prodotto che viene dalla natura e, quindi, soggetto a variabilità di anno in anno. Chi muove grandi masse di prodotto e chi gestisce la parte economica rilevante di questo comparto, ovvero gli imbottigliatori e gli intermediari, risponde all’esigenza di avere un grasso da cucina. Altra cosa è, invece, un ingrediente e ancora altra un nutrimento. C’è un grande bisogno di cultura, di formazione del consumatore, perché io sogno un consumatore, o un ristoratore, che assaggiando un sorso d’olio dica al produttore “sta schifezza te la bevi tu”.

 


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