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La civiltà dei salentini contro i metodi coloniali dello Stato. Come indurlo ad ascoltare?
29 Mar 2017 14:47

Come opporsi all’atterraggio del gasdotto della Tap su uno dei più bei tratti di costa del Salento?

Intanto:

  • Siete capaci di dire solo No”: è vero, nel caso del Tap? Non è vero. Sarebbe stata la stessa la risposta dei salentini, se il tubo maledetto fosse stato portato (lo portassero) nella zona industriale di Brindisi, già attrezzata e compromessa per altri usi, e a tiro di una centrale che brucia le peggiori porcherie del mondo, facendo pagare un prezzo spaventoso in salute e vite umane? Non voglio entrare (non qui, non ora) troppo nei dettagli, ma se hanno scelto Melendugno per risparmiare, hanno fatto malissimo i loro calcoli, perché alla fine questo scontro potrebbe produrre costi pari se non maggiori. Ma finché dal centro, con prepotenza, sceglieranno di imporre ai territori cose immonde, senza ascoltarli, il minimo che possa succedere è quello che abbiamo sotto i nostri occhi. Ed è solo l’inizio; non si illudano. Dovrebbero aver capito che c’è gente tosta, qui, larga di cuore e di cervello.
  • Che si oppone. Sono tanti? Sì, ma non quanti si sono mobilitati per osteggiare il dissennato piano di distruzione dell’uliveto-Puglia (tanta parte del), per …difendere gli ulivi di Puglia (secondo la curiosa teoria che per vincere la malattia, o anche solo il sospetto della malattia, basta uccidere il malato. «Ci sono circa 80 situazioni di conflitto aperte sul tema dell’ambiente nel Salento, e ogni situazione fa nascere una associazione», riferisce Luigi Russo, del Forum Terzo Settore, di Lecce). I pugliesi hanno saputo dimostrare, con i fatti, la tenacia, le loro ricerche e la capacità di divulgarle, che quella della Xylella assassina è una diagnosi che non sta in piedi. Non è credibile. O, a voler essere cerchiobottisti, è almeno moooolto dubbia. Tanto che gli esperti della magistratura hanno trovato ulivi xylellosi in perfetta salute e fruttificanti e ulivi indenni dal batterio ma affetti da disseccamento rapido. Nel caso della Tap si sta usando la stessa strategia? Non vivo in Puglia, seguo quel che accade tramite miei contatti personali e con quanto viene pubblicato. Ma ho la sensazione che il movimento contro la scellerata idea di sbattere la Tap in paradiso non sia ancora vasto e compatto come quello contro la storiella della Xylella. Spero di sbagliarmi. Ma ho idea che la prepotenza con cui si pretende di imporre uno stupro alla Puglia e la brutalità con cui si reprime la sacrosanta, benedetta protesta, potrebbero ottenere a breve (come successo per il popolo degli ulivi) il risultato di assemblare le varie anime, per far più ampio fronte comune.
  • Contro l’arma spuntata della Xylella, la via legale, la ricerca di ogni cavillo, la denuncia di ogni forzatura delle norme da parte di istituzioni che si ritenevano autorizzate a tutto, ebbero conseguenze utilissime, perché oltre a salvare ulivi, dilatarono i tempi, consentendo alla protesta di organizzarsi e crescere e mostrando come, per giungere a ogni costo all’abbattimento degli alberi, non si guardasse tanto per il sottile: predicavano l’eradicazione per impedire che il territorio fosse contaminato, e poi abbandonavano per terra gli alberi eradicati, come se il potere di contaminare lo avessero solo stando in piedi… Nel caso della Tap, i privati paiono avere meno possibilità di intervento sul piano legale, ma possono pressare ancora di più le istituzioni in grado di agire in tal senso. Le autorità comunali di Melendugno sono molto attive; il presidente della Regione annuncia ricorsi. E poi? È possibile altro? C’è chi non sta facendo quel che potrebbe?
  • Eppure (spero di sbagliarmi), c’è la sensazione che la protesta possa esser tenuta ai margini e non riuscire a fermare la devastazione. Certo, è facile che tale idea si formi, se vedi lo schieramento delle forze dell’ordine in assetto da battaglia e privati cittadini a volto aperto e mani nude; braccia che si agitano contro enormi camion che portano via ulivi amputati…

La sproporzione è tanta. Ma, pur fatta la tara, ti chiedi se il muro-contro-muro (anzi: muretto contro muraglione) ha qualche possibilità di farcela. O se non si debbano cercare nuovi metodi. La forza d’urto dello Stato è sempre vincente, almeno nell’immediato, contro quella di cittadini inermi. Ovvio: lo Stato ha il monopolio della violenza (esiste per questo) e la violenza del cittadino non è solo sbagliata, ma è un reato.

Di questo, lo Stato, se asservito a interessi economici potenti, può fare abuso. E mostrare l’abuso, in un Paese con tracce di democrazia (giusto tracce…, per le avvenute demolizioni, chiedere a Napolitano e soci) può far vincere, esponendo le autorità a un crescente giudizio negativo. Ma questo non lo vedi quando la polizia carica cento, trecento, mille, o quanti siano, manifestanti. Vedi la folla che si disperde, chi è preso si dimena ed è portato via, urla, e tutto finisce in un ingombro al pronto soccorso.

No; forse, per rendere maggiormente visibile come viene inascoltato e schiacciato chi prova a far udire la sua voce dei territori, contro quello schieramento antisommossa non bisogna andarci (o aspettarselo addosso) tutti insieme, ma a uno a uno. Devono disperderne cento, trecento, mille? Beh, lo facciano cento, trecento, mille volte. E a mano a mano che uno viene allontanato, avanza un altro. Lo usò Gandhi questo sistema; e funzionò.


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