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Alternanza scuola-lavoro, reportage dell’Istituto “Majorana-Fascitelli” sul Castello Pandone di Venafro
02 Ago 2017 13:50

Progetto di Alternanza scuola-lavoro realizzato in collaborazione con Digital Media e Restoalsud.

Una delle numerose ma anche poco note bellezze nostrane è certamente il castello Pandone (http://www.moliseturismo.eu) di Venafro.

Proprio allo scopo di conoscere meglio e più da vicino questo patrimonio abbiamo intervistato l’architetto Franco Valente (http://www.francovalente.it), autore del libro “Il castello di Venafro”.

Nella splendida cornice della stanza “dei cavalli” abbiamo avuto modo di porre alla sua attenzione diversi quesiti nonché di soddisfare nostre piccole curiosità. “Il castello è come un organismo umano” – afferma subito l’architetto Valente – “si trasforma nel tempo, subisce degli acciacchi e può darsi che muoia”. Fortunatamente il castello Pandone è ancora lì, dall’epoca dei longobardi, e la sua storia continua ancora oggi. Iniziando ad illustrare le caratteristiche principali dell’edificio, l’intervistato si è soffermato sull’affascinante serie di affreschi equestri, fortemente voluta dal conte Pandone.

Egli, infatti, fu anche un grande allevatore di cavalli: di qui la sua volontà di far rappresentare i venti cavalli più importanti della scuderia. Cosa ancora più strabiliante è il fatto che a ciascuna raffigurazione si accompagna un vero e proprio identikit del cavallo (nome, razza ed età). Quattro dei venti cavalli presenti nel castello si trovano nella cosiddetta stanza “dei cavalli”. La loro particolarità consiste nel fatto che sono a “rilievo” e leggermente “bombati”. Tutto ciò fa sì che si abbia l’impressione di avere a che fare con una realtà tangibile. Una vera e propria trovata geniale e innovativa per quell’epoca (‘500). Inoltre ogni cavallo è bardato e presenta il marchio di Enrico Pandone: un’enorme “H”.

Infine è stato sottolineato da Valente che gli equini qui raffigurati costituiscono un’unicità nella storia dell’arte italiana: infatti si differiscono da altri affreschi equestri del ‘400 e del ‘500, essendo rappresentati per la loro importanza fisica.

In seguito ci siamo soffermati sulle famiglie più illustri che si sono succedute alla guida del castello. Oltre ai già citati Pandone, di una certa rilevanza sono stati anche i Lannoi, tra l’altro vicerè di Napoli, i Perretti e i Savelli, entrambi principi romani. In particolare, mentre erano proprietari i Savelli fu realizzato il teatrino di corte. Si tratta di un ambiente esclusivamente familiare, per un pubblico ristretto. Qui si svolgevano piccoli concerti o rappresentazioni a cui prendeva parte l’elite della corte. L’ultimo grande proprietario è stato invece un tale Giovanni di Capua, che proprio qui si sarebbe dovuto sposare, sennonché per colpa di un incidente mortale il matrimonio non fu mai celebrato.

Successivamente abbiamo chiesto maggiori informazioni circa la pinacoteca,  situata nell’ultimo piano del castello. A tal proposito l’esperto Valente ci ha parlato di un capolavoro qui conservato. Si tratta di un paliotto di alabastro inglese in cui è raffigurata la passione di Cristo. Si caratterizza per una singolare peculiarità: i “buoni” hanno le facce chiare, i “cattivi” facce scure. Una volontà dell’artista per sottolineare il differente destino cui andranno incontro gli uni e gli altri.

Una volta avuta una panoramica generale dell’edificio, abbiamo chiesto all’intervistato se il castello può “modernizzarsi” maggiormente e quindi proiettarsi più vigorosamente verso il futuro. Una volontà da lui stesso espressa, con l’auspicio che attraverso i moderni mezzi di comunicazione si possano contestualizzare le opere d’arte presenti nel Pandone con altre opere realizzate nello stesso periodo nelle più importanti corti europee.

Prima di congedarci dall’architetto, abbiamo voluto domandargli per quale motivo andrebbe visitato il castello di Venafro. La risposta è stata piuttosto semplice ma densa di significato. In questa struttura si trovano raffigurazioni uniche in Italia: dai cavalli, straordinari per singolarità di rappresentazione, al grande “fascione” che decora il salone principale, dove figurano gallinacci, importati dall’America, un “indiano” e “festoni”(decorazioni realizzate con  frutti esotici come l’ananas e il cocomero).

Tomeo Gaia: Referente

Carrino Maria Pia e Incani Alessandro: fotografie/video

Tamburri Ilenia: stesura domande interviste

Tesone Angela: interviste

Franchitti Vincenzo: stesura articoli


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