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“Ho paura, vogliono la mia morte”. Nuove minacce per il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto
29 Ago 2013 07:33

“Aiutatemi, mi sento solo. La mia condanna è stata scritta, non riesco più a vivere a Bitonto. Mi seguono, mi minacciano, diversi esponenti delle forze dell’ordine mi hanno detto di lasciare questo posto. Ma dove vado?”.

Si sente accerchiato e terribilmente solo il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto, il referente dell’Associazione “I cittadini contro le mafie e la corruzione” di Bitonto.

Qualche giorno fa hanno danneggiato, in pieno giorno, la macchina che utilizzava, prestata da un amico. Ha ricevuto il conforto e il sostegno delle forze dell’ordine, del primo cittadino di Bitonto, Michele Abbaticchio, e del presidente nazionale dell’associazione Antonio Turri.

Ma la situazione, per Gennaro, è peggiorata. “Mi seguono, mi hanno giurato vendetta. Mi trovo in una situazione delicatissima: da una parte il clan Vuolo di Castellamare, che cerca vendetta per le denunce precise e riscontrate sui lavori autostradali, dall’altra parte i ‘delinquenti’ di Bitonto”.

Lo scorso 13 agosto avevamo raccolto le parole di Gennaro (“Io, testimone di giustizia, sono carne da macello…”): “Bitonto è terra di nessuno, abbandonata da tutti.

Ne ho viste di situazioni particolari, ma qui è fuori dal normale. Continue sparatorie, droga, motociclette che viaggiano senza targa”.

Era stato chiaro: “Sono carne da macello, sono un uomo morto. La mia sentenza è stata scritta. Ora iniziano i processi, sono l’unico testimone oculare”.

Gennaro Ciliberto ha denunciato i lavori sulle autostrade, i pericoli causati da gente senza scrupoli, impegnata solo a fare soldi illegalmente.

Mettendo in pericolo tante vite umane. “Sono anni che dico ai magistrati che bisogna controllare. Si fanno i lavori con delle compiacenze e non si fanno i collaudi.

Un lavoro fatto male e preso in tempo può essere riparato”. Ma dopo le sue denunce non è successo niente. “Questi continuano a costruire, io continuo a denunciare.

Fino a quando non avvengono i crolli e le Procure mi cercano. Loro cambiano ditte e continuano a costruire. Hanno una potenza impressionante, non è quella camorra di strada che spara.

È una potente mafia che è entrata nel tessuto imprenditoriale, fatta di connivenze con alti ufficiali, politici, dirigenti”. Gennaro è tenace, dopo l’esperienza a Novara ritorna al Sud e si trasferisce a Bitonto (“terra di nessuno, abbandonata da tutti”).

Continua la sua battaglia per la legalità. In Puglia è impegnato ‘nell’antimafia di strada’, collabora con le forze dell’ordine per cercare di contrastare questa gentaglia.

“Mi hanno minacciato di morte, ho presentato regolare denuncia ai carabinieri della locale stazione. Mi stanno creando il deserto intorno, nessuno vuole salire più sulla mia macchina. Nemmeno i camerieri vogliono venire a lavorare da me”.

Gennaro Ciliberto, a Bitonto, gestisce un’attività di ristorazione, “ma sta diventando tutto molto complicato. Mi sento solo. Ho paura”.

Lo stesso concetto che ha spiegato ai carabinieri: “dopo il danneggiamento della macchina e dopo la manifestazione di sostegno denominata ‘Incapaci’ ho ricevuto forti pressioni da parte di diversi malavitosi.

Mi bloccano per le strade in gruppi e la stessa cosa fanno quando sono in auto, mi seguono con le motociclette.

Non ho mai forzato, ho sempre evitato lo scontro. L’altro giorno, un gruppo di giovani, mentre percorrevo a piedi le strade della città, ha urlato: ‘bravo, adesso ti daranno un’altra medaglia’.

Uno di loro mi ha anche avvisato che verrà nel mio ristorante per mangiare gratis, perché a Bitonto lui non paga”. Gennaro fa nomi e cognomi: “L’altra mattina un noto personaggio del posto mi ha fermato e in terza persona mi ha detto: ‘dite al napoletano che io sono stato a Secondigliano e lui sa bene come funziona’.

Le intimidazioni sembrano non finire mai. Il noto pregiudicato Gaetano Cozzella, dopo avermi fissato lungamente con lo sguardo, si è avvicinato e mi ha chiesto se avessi problemi.

Non contento mi ha intimato di lasciare il più presto possibile Bitonto, perché gli ‘sbirri’ a loro non piacciono”. ‘Sbirro’, questo è il termine utilizzato per Gennaro, una persona onesta che ha deciso di mettere in pericolo la sua vita (e quella della sua famiglia) per compiere il proprio dovere.

Oggi, Gennaro, ha paura per la sua incolumità: “mi hanno avvisato, la situazione sta diventando sempre più delicata, pericolosa. Cosa devo fare? Molti mi hanno consigliato di lasciare Bitonto. Perché devo scappare? Quel proverbio che recita “uomo avvisato mezzo salvato” oggi, purtroppo, mi torna in mente come un ritornello che non è certo sinonimo di tranquillità”.

Ecco l’invito “a tutti gli uomini onesti” da parte de ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione – Circolo di Bitonto’: “Io non farò un solo passo indietro, non mi sento di abbandonare né di mollare, perché sarebbe una sconfitta di una intera comunità che in varie occasioni ha dovuto fermarsi, subire, e a volte anche pagando a caro prezzo questa ‘politica’ del terrore.

Ormai gli schemi sono ben delineati e nulla più c’è da capire: i ‘nemici’ hanno un volto, dei nomi e dei cognomi, ed hanno palesemente esternato il loro netto contrasto affinché questa cultura della legalità possa affermarsi e positivamente contaminare più persone.

Quando sei sul campo a lottare per i diritti e la cultura della legalità, quando non fai nulla di più che vedere e capire come e perché tutto questo possa accadere, quando cerchi di risvegliare le coscienze degli onesti dormienti, quando scrivi le verità e racconti la storia quotidiana, è proprio quando lo stai iniziando a fare che vogliono fermarti, e lo fanno nei modi che ben sanno fare, nel modo che hanno sempre usato e che meglio esprime la loro natura criminale.

Si potrebbe semplicemente non vedere, non sentire e non parlare, ma questi atteggiamenti conniventi e omertosi certo non fanno parte di noi cittadini contro le mafie”.


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