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La strage in Puglia e i ritardi del Sud
28 Lug 2016 08:45

La  riflessione di Roberto Saviano in merito al tragico incidente ferroviario in Puglia offre l’occasione per una serie di valutazioni sul dibattito pubblico che si è sviluppato a seguito dell’accaduto.

Sulla rete dopo il tragico incidente hanno iniziato a girare notizie false, bufale pazzesche, statistiche prive di qualsiasi fondamento, come quella in cui si sostiene che il 98% degli investimenti sulle ferrovie è diretto al Nord e solo il 2% al Sud. Così come leggo delle specie di fatwa da parte di Pino Aprile o riflessioni neo borboniche di revanscismo meridionalista che rimbalzano di bacheca in bacheca quasi fosse una pandemia. Una emotività fuorviante e dannosa per un Sud che in quel caso sì vuol farsi dimenticare.

Nella sua informativa al Parlamento il ministro Delrio ha provveduto  a dettagliare risorse e investimenti voluti dal Governo che rendono invece bene l’idea dello sforzo compiuto da questo esecutivo nel cercare di invertire la rotta rispetto a decenni di abbandono. Ma io non voglio soffermarmi su cifre e numeri. Credo che la drammaticità richieda un di più di responsabilità.

Avrei desiderato  che nella sua riflessione un intellettuale come Saviano si soffermasse anche sugli  istinti ferali che albergano in alcuni segmenti di questo nostro Paese e che sono emersi attraverso i social in maniera disgustosa. Mi riferisco a quei post di “gioia” per il decesso di “terroni”. E non chiamiamola libertà di espressione perché non si possono squalificare, nel calcio,  curve e stadi per cori territorialmente discriminanti e poi consentire linguaggi del genere come se ci fossero  zone franche all’interno della rete.

Come ha detto il Ministro Delrio questo Governo vuole investire in mobilità e sicurezza e punta sulle infrastrutture quale leva di sviluppo per il rilancio del sud. Non è un caso che il presidente del Consiglio intervenendo al convegno promosso dai Giovani Industriali a Santa Margherita Ligure abbia  citato espressamente il caso  di Matera città capitale europea della cultura per l’anno 2019 non ancora raggiungibile dal treno ribadendo  la volontà di questo esecutivo di superare queste criticità che frenano il decollo del Mezzogiorno.

E’ trascorso quasi un anno da quel 7 agosto in cui il Pd riunì la sua direzione nazionale per affrontare il tema del Mezzogiorno. A novembre 2015 è stato dato il via libera alle linee guida per il Masterplan. Ad oggi sono stati siglati accordi con le Regioni Campania, Calabria e Basilicata e con le Città Metropolitane di Catania, Palermo e Reggio Calabria. Sono stati impegnati complessivamente poco più di 20 miliardi di euro e riguardano prevalentemente infrastrutture di trasporto, opere di messa in sicurezza antisismica o contro il dissesto idrogeologico, edilizia scolastica, beni culturali e riqualificazione urbana. Abbiamo affrontato vertenze industriali complesse, salvaguardato livelli occupazionali. Ultimo in ordine di tempo il decreto approvato ieri dalla Camera sull’Ilva, un’assunzione di responsabilità che offre una prospettiva di un futuro migliore ai lavoratori dell’Ilva e ai cittadini di Taranto e che finalmente mette in campo le risorse per sanare la conflittualità tra lavoro e ambiente.

La tragedia della Puglia è una tragedia che colpisce il Paese nella sua interezza. E non credo ci si debba rendere responsabili persino di un federalismo dei lutti. Penso, sinceramente, sia ingeneroso affermare che non abbiamo visione, perché tra suggestioni assistenzialiste di fantomatici redditi di cittadinanza e condizioni di oggettiva difficoltà proviamo a dare al Mezzogiorno l’opportunità  di essere motore della nostra ripresa.

Pochi giorni fa la stessa Bankitalia ha certificato una importante inversione di tendenza nella ripresa del lavoro persino nella fascia più disperata quella in possesso della sola licenza media, perché spesso parliamo di cervelli in fuga ma non dobbiamo mai dimenticare che ci sono troppe braccia inattive.

Da mamma prima ancora che da parlamentare mi sono chiesta quali fossero gli stati d’animo di chi la sera prima sapeva di dover prendere quel treno per svolgere la sua vita, andare al lavoro, recuperare crediti formativi,  fare una semplice passeggiata o una visita ad un parente. Vite spezzate. E di fronte alla morte a quel tipo di morte non si può non avere un impeto di rabbia.

Ora indagherà la magistratura, si accerteranno responsabilità, si comprenderanno ragioni che però non restituiranno quelle vite ai loro affetti. Ma sappiamo purtroppo che gli incidenti non accadono solo sui binari unici o per via dei fonogrammi. Dall’inizio dell’anno si sono registrati incidenti ferroviari negli Usa, in Germania, in Olanda, e da ultimo in Belgio, lo scorso giugno, su tratte da pluri binario e da dispositivi di sicurezza più sofisticati del fonogramma. Anche quelle vittime che non conosciamo avranno avuto  tratti in comune con le 23 decedute in Puglia.

Dobbiamo quindi investire in sicurezza, dobbiamo ammodernare strade e infrastrutture, ma non ci sono bacchette magiche. Quello che a noi non  manca è la volontà di dare un impulso ad un territorio che vuole, può e deve contribuire a far crescere il nostro Paese. E il punto principale sarà quello di ricostruire la fiducia tra comunità e istituzioni dimostrando che i numeri che si pronunciano si concretizzano realmente.

Lo dobbiamo a quelle vittime  perché non dobbiamo dimenticarle.


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