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Napoli-Fiorentina e quella maledetta sparatoria
04 Mag 2014 09:46

Tre capitali mondiali della cultura: Roma caput mundi, Firenze patria del Rinascimento, Napoli sede di una delle più antiche università del mondo e riflesso immediato della rivoluzione francese.

Tre città note in tutto il pianeta, sono state tirate in ballo in una storiaccia nata da una partita di calcio.

Dieci feriti, tre da arma da fuoco e tafferugli. Cori beceri dagli spalti, inneggianti al Vesuvio. Scoppi di pericolosi petardi pieni di chiodi. Un esempio di pura inciviltà, da chi la civiltà l’ha cullata ed esportata.

Certo, parliamo di una minima parte delle ottantamila persone che hanno partecipato all’evento.

Ma immaginate i notiziari di tutto il mondo che accostano tre mete universali del turismo artistico, a gesti di violenza gratuita e folle.

Può darsi che, come dice la questura di Roma, i ferimenti sono fenomeni delinquenziali, slegati dalla partita. Ma se quella partita non ci fosse stata, sicuramente quei tifosi del Napoli a Tor di Quinto non ci sarebbero andati.

Comunque, le forze dell’ordine vanno elogiate perché hanno fatto di tutto per gestire uno straordinario evento emozionale, che aveva portato a Roma venticinquemila tifosi della Fiorentina e più di quarantamila napoletani.

Non si possono gestire folle oceaniche in ogni punto della città.

Può darsi che i delinquenti che hanno sparato si siano dati un appuntamento, oppure sia stata un’imboscata, oppure abbia sparato un uomo impaurito.

La verità la sapremo nelle prossime ore.

Ma gli stadi sono uno specchio della parte malata della società. Una nazione ormai piena di tensioni, quella italiana, con tanta rabbia sociale.

Insomma, c’è tanto da riflettere su questo evento e non lasciarlo ai soliti commenti sulla violenza negli stadi. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo a questa nazione in difficoltà.

Mai, in concomitanza di una partita, si era verificata una sparatoria. Mai era successo tutto questo in Italia.

Anche chi vi scrive è attonito e trova a stento le parole. Il dolore colpisce come quella maledetta pallottola infilata nella spina dorsale di un trentenne.

Per questo fermiamoci e cerchiamo di capire.


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