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Se i disoccupati sono pronti a lavorare per le mafie
02 Nov 2014 08:58

Quella di martedì 28 ottobre è stata davvero una giornata particolare non solo per la Città di Cetraro, ma anche per la nostra terra di Calabria che già vive l’ennesima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale.

Si sono concluse le celebrazioni per il centenario della nascita del Senatore Giuseppe Mario Militerni che qualcuno, nostalgicamente, definisce un “politico d’altri tempi”. Tale definizione evidenzia il fatto che politici della sua levatura umana, morale e culturale capaci di coniugare straordinaria creatività spirituale, speculazione filosofica e teologica all’impegno etico-politico, oggi ce n’é davvero pochi. Leggere i suoi volumi, in particolare quello più conosciuto e per molti versi ancora insuperato, il messaggio sociale di San Francesco di Paola, significa per chiunque riconciliarsi con questo mondo straordinario della politica che conserva ancora, nonostante i tanti “Proci” che la frequentano, il suo immutabile fascino.

Una politica, quella in cui uomini come il Militerni hanno creduto e servito, che davvero ha saputo mostrare il suo vero volto di «forma più alta ed esigente di carità», come l’ha giustamente definita Papa Paolo VI, ripresa da tutti i suoi successori compreso Papa Francesco nella Evangelii gaudium. Compresa in quest’ottica, l’azione politica non è meramente economica, volta a trasformare le varie realtà istituzionali, parti integranti di uno Stato democratico, in aziende ove si consuma un freddo e farraginoso calcolo di costi e di ricavi teso a far quadrare i bilanci, ma è anzitutto azione sociale onde poter creare le giuste e degne condizioni di lavorative per tutti. Azione sociale attenta alla tutela della salute, della scuola, della famiglia, della libertà di opinione, dei disabili.

La politica è anche azione amministrativa nel senso più ampio del termine: prendersi cura della gestione dei beni. Ove i termini apparentemente distanti “prendersi cura” e “gestione” sono assolutamente inseparabili. Si gestisce la cosa pubblica con cura, perché tale gestione è stata affidata attraverso un atto di fiducia e libero dei cittadini elettori. Tradire questa fiducia attraverso una gestione corrotta o collusa è uno dei più grandi crimini che un uomo o una donna possano commettere perché equivale ad uccidere la libertà, rubare la speranza, affossare la democrazia.

La politica è poi azione legislativa, orientata non verso la promulgazione di quelle norme che garantiscano privilegi, consolidamento e spartizione del potere, men che meno soggette ai desideri di pochi che pretendono si debbano soggiogare valori come la famiglia all’appagamento dei loro bisogni. Le norme non sono, né possono essere, l’espressione di un desiderio ma, siano esse cogenti, costitutive, dispositive o suppletive, innovative, di competenza ecc., sono sempre e comunque l’espressione di un’attenta ponderazione degli interessi dei cittadini.

Tale azione comporta equilibrio, riflessione, capacità di giudizio, libertà dalle appartenenze, discernimento, ma soprattutto ascolto delle esigenze dei cittadini al di là e al di sopra degli schieramenti. La politica è, infine, azione culturale.  Anche quest’ultima intesa nel senso più ampio del termine, sempre tesa  a valorizzare e trasmettere, custodire ed incoraggiare, l’insieme delle conoscenze nelle sue molteplici forme ed espressioni, sempre attenta ad ascoltare ed interagire con tutto ciò che c’è di bello e di universale in tutte le altre culture. Che non si sentano più, per carità, espressioni del tipo: “con la cultura non si magia”!

Come si può, allora, concretamente sintetizzare questa vasta e variegata azione politica se non attraverso la parola carità? Essa, e solo essa, infatti, la fonda, la contiene, la supera. Come mai quando sentiamo parlare di carità non l’accostiamo giammai alla politica? Come mai quando viceversa sentiamo parlare di politica  – o quasi tutti i politici – non sentiamo mai parlare di carità? Una vera azione politica non può fermarsi al miglioramento delle strutture, delle forme, dei metodi, ma deve mirare alla crescita di tutta la persona, in tutte le sue componenti individuali e sociali. Per questo urge soprattutto oggi promuovere un proficuo incontro tra la carità e la politica, due termini strettamente legati e assolutamente interdipendenti. L’attività umana nasce dall’amore, manifesta l’amore ed è ordinata all’amore. Giorgio La Pira, in una lettera a Pio XII del 25 maggio 1958, scriveva: «La politica è l’attività religiosa più alta, dopo quella dell’unione con Dio: perché è la guida dei popoli… una responsabilità immensa, un severissimo e durissimo impegno che si assume». La parola responsabilità è risuonata molte volte durante la giornata conclusiva del centenario della nascita del sen. Militerni, pronunciata da Don Luigi Ciotti in un suo appassionato intervento dal titolo: “cittadini responsabili, il vero bene è quello comune”.

«Occorre stimolare – ha precisato il presidente di Libera – il desiderio all’interno di autentici cammini educativi di una corresponsabilità che ci renda cittadini autentici, affinché la diversità non diventi mai avversità. Proprio quest’ultima, la diversità è il sale della vita, privare la società della diversità è privarla di una straordinaria forza vitale». In quest’ottica in cui la responsabilità, che significa rispondere a, coinvolge davvero tutti, nessuno escluso, ed invita a “guardarsi dentro”, ha aggiunto il sacerdote «il problema più grave non è fare il male ma il lasciarlo fare», cioè il disinteresse, l’apatia, non solo nei confronti della cosa pubblica ma soprattutto nei confronti di chi subisce il male, di quelle 3500 vittime delle mafie e dei loro familiari. Questa mancanza di responsabilità – che ha fatto lievitare la disoccupazione a livelli davvero allarmanti non solo in Italia, dove si contano, tra l’altro, 10 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà relativa e 6 milioni di poveri assoluti – conduce all’amara constatazione di un altro dato allarmante fornito da Don Ciotti: «il 61% dei disoccupati ha dichiarato in un’intervista che sarebbe disposto a lavorare lì dove le mafie riciclano il denaro».

Auspico che queste elezioni regionali, siano occasione di confronto, di crescita e di speranza per la nostra terra di Calabria, che oggi più che mai ha bisogno di politici responsabili, capaci di comprendere che la speranza in Calabria ha il volto dei disoccupati, dei 95.000 emigrati che ogni anno lasciano questa Terra per motivi di lavoro, degli immigrati, di tanti giovani brillanti e capaci esclusi dalle varie carriere universitarie per la solita logica delle appartenenze, dei tanti ammalati costretti a curasi altrove, per mancanza di servizi sanitari adeguati.


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