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Braccialetto Amazon e rivoluzione digitale
05 Feb 2018 10:00

La vicenda riguardante il dispositivo digitale progettato da Amazon, per l’utilizzo nel lavoro di spedizioni di prodotti acquistati on line, sta sollevando un grande polverone, che si spera non copra la natura vera del problema, come è accaduto ad esempio recentemente con i voucher. Infatti sulla disputa voucher, si sono mischiati più temi nella discussione, molti dei quali, non attinenti con la natura dei quesiti sollevati. Amazon, il colosso americano dell’e-commerce, starebbe per adottare un dispositivo elettronico applicato alle mani con sistema wireless, in grado di aiutare a trovare efficientemente i pacchi da inviare a clienti, con dentro prodotti acquistati. Il tema comunque è spinoso, trovandoci nel mezzo della transizione tra i lavori tradizionali e la inarrestabile rivoluzione digitale, che sta investendo l’intera organizzazione del lavoro.

Comunque già grandi passi in avanti si sono fatti, che hanno smentito le preoccupazioni di chi paventa da tempo la violazione dello Statuto dei Lavoratori ( legge n. 300 del 1970), che prevede il divieto di impianti ‘audio visivi’, atti a controllare i lavoratori da parte della azienda, per limitarne la libertà di associazione e di attività sindacale. In più occasioni, alcuni ambienti sindacali, hanno tentato di teorizzare la estensione dell’ambito di copertura delle norme, anche sul possibile controllo dei quantitativi della produzione; il jobs act, con il suo varo, si è già incaricato, tra le altre regolazioni, di fare sufficiente chiarezza.

Ma nel caso in questione non c’è nessun spionaggio ai danni di lavoratori, bensì la efficienza produttiva. Con la rivoluzione digitale, vengono stravolti completamente i termini e le regolazioni tradizionali. Chi tenta di allargare l’ambito di applicazione, anche al tema di un ipotetico controllo da parte della azienda, dei ritmi della produzione con il cosiddetto “braccialetto”, pur sapendo che esso si limiterebbe solo ad indicare quale è il pacco buono da prendere (venendo incontro anche al benessere psico-fisico del lavoratore), dovrebbe spiegare perché il problema non si dovrebbe invece porre, a tutta la estesa casistica del lavoro robottizzato, al telelavoro, o ai tanti altri lavori, dove la elettronica o la telematica condiziona i ritmi della produzione. Insomma il ritmo del lavoro è altra cosa, e deve essere contrattato tra azienda e lavoratori. Qualora non ci fosse accordo, il Ministero del lavoro attraverso i suoi uffici, prescriverebbe i comportamenti da avere.

Quindi nessuna coercizione o controllo dei lavoratori, se l’utilizzo di mezzi digitali, venissero utilizzati solo per migliorare la disposizione e spedizione dei pacchi Amazon. Se invece il rumore che si fa riguarda le questioni salariali carenti per i lavoratori, questo argomento sacrosanto, basta ed avanza per una battaglia salariale contro l’azienda. Troppi sono i neo luddisti di questi tempi che raccontano la storia della oppressione delle tecnologie digitali a scapito del lavoro. Questa però è una storia lunga come quella del mondo: delle paure alimentate ad ogni cambiamento, che come si sa scomoda le abitudini e sfida ciò che non si conosce. Ma questa dinamica, è vitale ed essenziale per il cambiamento del mondo. Il cambiamento di oggi, che muta ciò che è stato riformato ieri, è un bene per la nostra evoluzione, ed occorre assecondarlo e non certamente fermarlo.


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