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I danni collaterali del precariato
20 Mar 2016 08:35

I precari pubblici beneficiati da un minisalario occasionale non si sentono per nulla vincolati al lavoro. Lo considerano un risarcimento dovuto, o addirittura la semplice premessa di future rivendicazioni.

Ma a chi conviene rompere il giocattolo? Non ai precari, che ricevono una piccola cifra, ma in cambio di un lavoro che possono pure non svolgere. Non agli intermediari, che intascano il grosso dei finanziamenti. Non ai politici di riferimento, che alimentando queste forme striscianti di precariato tengono in vita il patto di Gratitudine Sospesa, quello che vincola gli elettori in vendita alle sorti del maggiore offerente. Il patto scellerato che ci sta dietro è semplice: il perpetuo bilico lavorativo produce una perenne fidelizzazione elettorale.

Di fronte a questa concomitanza di interessi, a rimanere schiacciato risulta il semplice cittadino-utente il quale, benché ingrediente sociale di maggioranza, difficilmente troverà modo di ricollegare questa perversione politica ai pessimi servizi che riceve, e a costi decisamente più alti. Il danno della Gratitudine Sospesa si manifesta su piani diversi e convergenti.

In termini di mancata progettualità esistenziale riguarda i giovani precari che accontentandosi di un reddito di sussistenza non trovano la forza di crescere e imparare sul serio un mestiere. E si capisce: sanno che domani toccherà di sicuro fare qualcos’altro.

Inutile imparare a asfaltare una strada se domani bisognerà trovare impiego come cameriere in trattoria. Il risultato è che nessuno sa più fare niente, né stendere l’asfalto né servire ai tavoli. Ecco il piano su cui il danno tocca anche l’interesse della borghesia a prima vista più disinteressata, assuefatta e mansueta, che otterrà servizi sempre più cari e di peggiore qualità, fino al punto di rottura.

Forse solo l’ira di questi mansueti potrà innestare l’inversione di tendenza.


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