';

Perché gli studenti si spostano da Sud a Nord
09 Mar 2016 08:35

L’Italia è caratterizzata da una significativa mobilità geografica interna degli studenti universitari. Nell’anno accademico 2014-15 oltre 55mila immatricolati, più di un quinto del totale, hanno scelto un ateneo localizzato in una regione diversa da quella di residenza.

Un aspetto centrale del fenomeno è che segue la direzione Sud-Nord, ma non quella contraria. Il 23 per cento degli studenti meridionali si immatricola in università del Centro-Nord. Sono invece pochissimi quelli che fanno il percorso inverso: gli studenti del Nord e del Centro rimangono più vicini a casa (solo il 7 e il 10 per cento rispettivamente cambia circoscrizione). Così, nel 2014-15 la Puglia e la Sicilia hanno “perso” oltre 5mila studenti; Lazio, Emilia e Lombardia ne hanno “guadagnati” altrettanti. L’asimmetria crea effetti rilevanti. Indebolisce il processo di accumulazione di capitale umano nelle regioni del Mezzogiorno. Determina un trasferimento di reddito a favore del Centro-Nord – per i soli costi del periodo di studi – che può essere stimato tra un miliardo e un miliardo e mezzo di euro all’anno.

Le ragioni alla base dei flussi di mobilità studentesca sono molteplici. Certamente l’ampiezza e la qualità dell’offerta formativa al Centro-Nord (comparata a quella al Sud) giocano un ruolo importante. Ma si tratta esclusivamente di una scelta, da parte di studenti perfettamente mobili, basata su questo? Come documentato anche nel Rapporto della Fondazione Res, si sommano altri importanti fattori. In primo luogo, le condizioni del mercato del lavoro profondamente diverse, con conseguenti maggiori opportunità di inserimento lavorativo e più elevati livelli salariali per i neo-laureati nelle regioni settentrionali, influenzano marcatamente la direzione della migrazione delle matricole. Ed è interessante notare che, con tutta probabilità, l’effetto “mercato del lavoro” è diventato più rilevante con la crisi economica: negli ultimi anni gli immatricolati meridionali si sono diretti sempre più verso Piemonte e Lombardia e relativamente meno verso Lazio e Toscana. Giocano fattori, esterni alle università, ma relativi al contesto in cui sono insediate.

A parità di altre condizioni, la possibilità di ricevere una borsa di studio per gli studenti idonei è oggi assai maggiore al Nord rispetto al Sud, dove rimane molto alto il numero di “idonei non beneficiari”: nell’anno accademico 2013-14, nel Centro-Nord circa il 90 per cento degli studenti idonei ha effettivamente ricevuto la borsa di studio, contro il 61 per cento nel Mezzogiorno e il 38,5 per cento nelle Isole.

Inoltre, la qualità della vita nelle città, con annessi servizi pubblici essenziali, offerte ricreative e culturali, è assai differente nelle due aree del paese. I vantaggi più che compensano le più alte tasse universitarie e il maggior costo degli affitti nelle città centrosettentrionali; d’altra parte, l’offerta di alloggi universitari è assai maggiore al Nord. Non ultimo, giocano un ruolo le possibilità di spostamento, la disponibilità di reti e servizi di trasporto di relativa efficienza: la situazione è di gran lunga migliore all’interno del Centro-Nord e per i collegamenti Nord-Sud di quanto non lo sia per gli spostamenti interni al Mezzogiorno: modestissimi e in rilevante peggioramento negli ultimi anni.

Così uno studente siciliano può raggiungere con relativa facilità e a costi contenuti un ateneo del Centro-Nord (grazie anche al miglioramento dei voli low cost) mentre gli è praticamente impossibile arrivare nelle sedi delle università della Calabria o della Puglia. Conta la possibilità di “pendolare”, che riduce molto il costo degli studi, e che è assai maggiore ad esempio in Campania rispetto alla Sicilia, dove i collegamenti interni sono ancora a livelli medioevali. Il recente rapporto “Pendolaria” di Legambiente documenta ad esempio che per percorrere in treno i 250 chilometri fra Ragusa e Palermo sono necessarie 6 ore e 11 minuti.

Le differenze di contesto

Se la mobilità degli studenti fosse determinata solo o principalmente dalla maggiore “qualità” assoluta degli atenei di destinazione, la percentuale di immatricolati di ogni provincia che si spostano verso atenei del Centro-Nord dovrebbe essere piuttosto simile. Così non è. Come si vede dalla figura, si va da quasi il 60 per cento per Trapani a meno del 6 per cento per Napoli. Le differenze, al netto di casi particolari di collocazione geografica (Teramo, Chieti), sembrano spiegate dall’interazione fra la disponibilità di un’offerta formativa ampia e articolata e la possibilità di raggiungerla. Si vedano ad esempio le marcate differenze fra le province siciliane e calabresi: da Catania o Cosenza “emigrano” pochi studenti, mentre vanno via in tantissimi da Ragusa e Crotone. Le principali sedi universitarie del Sud, e le province a esse più facilmente collegate, sono tutte collocate nella parte destra del grafico, pur con qualche eccezione (Potenza, Lecce, dove però l’offerta formativa si limita a un piccolo numero di corsi e la distanza dagli altri atenei del Sud è elevata).

Figura 1 – Immatricolati meridionali che scelgono atenei del Centro-Nord, in percentuale degli immatricolati residenti nella provincia (anno accademico 2014-15)

viesti

Fonte: Rapporto Res su dati ministero dell’Istruzione, università e ricerca – Anagrafe degli studenti

Differenze nelle condizioni di contesto, esterne al mondo universitario, contribuiscono dunque a spiegare la mobilità degli studenti. Ma gli effetti sulle università molto rilevanti (sul gettito contributivo degli immatricolati; e sul fondo di finanziamento ordinario, legato in misura crescente al “costo standard”). La mobilità studentesca è un fenomeno per molti aspetti positivo, a cominciare dalle esperienze di vita indipendente per i giovani adulti. Non va certo ostacolata; semmai ulteriormente favorita. Ma alle politiche pubbliche dovrebbe spettare il ruolo di rendere meno disomogenee le condizioni esterne agli atenei che influenzano la loro capacità di attrazione. In particolare, servirebbero politiche volte ad accrescere e diffondere nell’intero paese il diritto allo studio (borse di studio, alloggi universitari e servizi), a migliorare la qualità della vita per gli studenti nelle città universitarie, a intensificare e potenziare le reti di trasporto locali. Oltre, naturalmente, a più generali politiche di sviluppo regionale, per rendere meno dissimili i tassi di occupazione dei laureati.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento