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Alessio Praticò in “The miracle”
28 Mag 2018 07:00

Anche questa settimana vedremo su Sky “The miracle”, la serie tv che sta tenendo incollati migliaia di telespettatori. La fiction ruota intorno al  ritrovamento di una statuetta della Madonna che piange sangue umano. Questo evento miracoloso  va ad influenzare l’esistenza di più persone; tra questi, troviamo Fabrizio Pietromarchi, premier in carica e in difficoltà il referendum sull’uscita dell’Italia dall’Ue, alla biologa Sandra Roversi preoccupata sulla saluta della madre inferma fino a Marcello,  uomo la cui fede è in profonda crisi. Tra gli interpreti di spessore troviamo Alessio Praticò che gentilmente ci ha concesso quest’intervista.

Ti vedremo su sky in “The miracle”. Perché dire sì a questo progetto televisivo?

I motivi sono tanti. Su tutti, direi, perché nella scrittura c’è il tocco di Niccolò Ammaniti. Ricordo che quando ho letto le sceneggiature, in particolare la linea narrativa del mio personaggio, mi sono entusiasmato moltissimo. Ho letto tutte le puntate in un solo pomeriggio, una dopo l’altra. La sceneggiatura è la base di tutto, è fondamentale. Un altro motivo è che il racconto dei fatti è condotto attraverso una narrazione distopica, con atmosfere fantasy e mistery, a tratti surreali. Un qualcosa di solito poco percorso nel panorama delle serie italiane.

Ci racconti del tuo personaggio?

Il mio personaggio si chiama Salvo. E’ un giovane padre, ha tre figli, uno dei tre in particolare, Nicolino, lo porterà a dover affrontare una prova molto complessa, sopratutto per un genitore.

Vengono affrontate varie tematiche nella serie tv, tra le quali quella della statua della Vergine Maria che sembra piangere lacrime di sangue umano. Che idea ti sei fatto per questi fenomeni?

E’ vero, ci sono stati diversi fenomeni legati ai miracoli. Basti pensare a quelli della Madonnina di Civitavecchia. Nella serie l’evento miracoloso però è un pretesto per raccontare l’uomo. Per raccontare storie di umanità, conflitti, cambiamenti, rinascite, per raccontare la vita e anche un Paese come l’Italia, partendo da qualcosa che ci riguarda. Il sacro e il profano si uniscono e sono temi a noi molto vicini a prescindere da chi crede o non crede a questi eventi. Quello che viene fuori è il racconto dell’umano di fronte a qualcosa di inspiegabile o di inaspettato.

Qual è il tuo rapporto con la religione?

E’ un rapporto che mantengo vivo ed è del tutto personale. Ognuno di noi ha un suo modo di comprendere e di vivere la religione e ha il suo rapporto con Dio, trovo che sia giusto così.

Ancora una volta si parla in una fiction di ‘Ndrangheta. Cosa rappresenta per te e per i Calabresi?

In realtà ne “Il Miracolo” il tema ‘ndrangheta è accennato, è un tema che genera la narrazione di una delle storie. Per me e per i Calabresi, evidentemente è un qualcosa che inevitabilmente un po’ ci condiziona e credo sia giusto che se ne parli. Ma molte volte credo che diventi un alibi che tende ad alimentare una condizione di immanenza e di immobilità generale, come se non si potesse fare nulla o non si possano cambiare le cose, in meglio. Trovo che questo sia sbagliato. Nonostante le difficoltà, la paura, una condizione “negativa” può e deve fare innescare un cambiamento. È necessario. E’ quello che spero ed è quello che fanno la maggior parte dei Calabresi onesti che vivono, lavorano e combattono, senza piegarsi mai. La Calabria non è solo ‘ndrangheta. È fatta di tanta bellezza e sta negli occhi di chi vuole vedere il bello, puntare e ripartire proprio da quello.

La recitazione è la tua grande passione. Cosa consiglieresti a quei giovani che vorrebbero intraprendere questo percorso ma hanno timore?

La recitazione è la mia più grande passione, ma anche il mio lavoro. Il consiglio che posso dare è innanzitutto capire cosa lo spinge a portare avanti tutto questo. Per fare questo lavoro c’è tanto studio alle spalle, tanti sacrifici e poi delusioni e frustrazioni. Non esiste un punto di arrivo e non deve mai esserci, in realtà. Fare l’attore è un continuo punto di partenza. Guai se non fosse così. È quindi importante capire se lo si vuole fare solo perché c’è un aspetto egocentrico della persona che vuole fare appunto “l’attore” per farsi notare e farsi riconoscere o perché ci sono necessità “alte” e “altre”, direi. Una volta capito questo, bisogna mettersi sotto. Studiare, leggere tanto, vedere tanti film e tanto teatro di qualità. Mai stare fermi. Non è un percorso lineare, ma credo sia importante frequentare un’Accademia o una Scuola di recitazione che possa insegnare una base tecnica. La tecnica infatti è di aiuto e di supporto alla parte creativa.

I tuoi prossimi progetti?

Ho da poco finito di girare “Una Pallottola Nel Cuore 3”, la serie televisiva diretta da Luca Manfredi con protagonista Gigi Proietti. Adesso dovrei portare avanti alcuni progetti, tra questi, un testo di drammaturgia contemporanea inglese di cui curerò la regia. (foto in primo piano di Alessandro Rabboni).


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