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Come il web ha cambiato la Musica
26 Feb 2018 09:56

Dal 2011 in “The new rockstar philosophy”, un vero e proprio manuale per musicisti, contenente l’introduzione di Manuel Agnelli, sono emersi alcuni fattori che avrebbero determinato, di lì  a poco, quale sarebbe stato il destino della musica odierna, e in modo particolare di quella che usualmente viene riproposta con maggior frequenza: la fine dello scouting fatto da persone che cercavano artisti sconosciuti per farli entrare in un’etichetta o major e la fine del concetto legato al “possedere la musica”.

Infatti, citando testualmente questo manuale “Alcuni sostengono l’interessante teoria secondo la quale la musica dovrebbe in futuro essere pagata dagli utenti tramite una quota fissa mensile che consenta agli ascoltatori di accedere in modo facile ed economico a un’ampia scelta di brani. Oltre all’obiettivo direndere la pirateria meno convincente, per offrire una valida alternativa a prezzi decisamente più bassi”.

Il discorso si chiude citando i servizi che offrono Spotify e Amazon. In particolare, i più penalizzati sono gli artisti su Spotify, gli emergenti, che se seguiti da pochissimi “fans”, sono sostanzialmente tagliati fuori da ogni sorta di ritorno economico, salvo l’intervento della “dea bendata” capace di ribaltare l’esito sfavorevole, garantendo milioni di ascolti.

 

Video: Quanto di guadagna con Spotify? ( di Michele  Maraglino)

Nessun problema, invece, per gli artisti che hanno contratti con le major, che riescono facilmente a entrare nelle playlist spotify, – raccolte di canzoni che sono tra le più trasmesse in radio, singoli appena pubblicati con piani di investimento da capogiro – grazie alla loro promozione, grazie all’investimento di migliaia di euro.

Questo determina una distanza abissale tra i “Big” della musica , che riescono a ottenere il risultato sperato nel breve o medio periodo rispetto agli indipendenti, supportati da etichette più o meno importanti ed emergenti, o completamente autoprodotti che fanno fatica ad attrarre l’attenzione sulle proprie canzoni, finendo, nella maggior parte dei casi, tutti nel calderone dei social e tra i migliaia di video su youtube.

Il problema è stato affrontato da Michele Maraglino ,tarantino di nascita e fondatore dell’etichetta “La fame dischi”, che da alcuni mesi cerca di rendere consapevoli tutti quei ragazzi che fanno musica ma che non sanno promuoversi attraverso gli strumenti che il web mette a disposizione.

Il problema è che rischia di essere sempre presente sul web dove  mancano profili che si assumano la responsabilità o il compito di creare un filtro qualitativo, informando sulla musica italiana che esiste ma è fuori da ogni sistema costituito dai grandi network di radio e tv.

Fortunatamente qualche sito internet e alcune webradio stanno cercando di “fare da filtro” dimostrando che c’è tantissima qualità tra gli artisti emergenti italiani.
Si tenga sempre presente che ormai siamo al punto in cui il sistema web composto da siti e web radio sta mettendo in ombra proprio il sistema dei mass-media tradizionali.


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