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E lo Stato? Sarà per la prossima generazione. Forse
19 Mar 2015 08:30

“Che mestiere fa tuo nipote?”

“Non lavora..fa il politicante.”

“E come ci è uscito così?”

“Ha preso dello zio!”

Concetta e Immacolatina, si erano fermate a parlare davanti al sagrato della chiesa. Erano le otto e trenta e don Ferdinando aveva appena finito di recitar messa. Il sole era offuscato da una scalzonata nuvola, che sospinta dal vento si faceva cullare verso la collina.

L’aria era tesa, faceva un po’ di freddo ed i passanti camminavano con la testa bassa, per evitare un impertinente pulviscolo.

“L’ho sapevo che è un politicante …e lo voto pure!”

“Ehe! Che non ti conosco….”

“Nooo…lo voto davvero!  Ho saputo che è serio. A mia cognata….Mafalda…ha promesso che ci metteva un lampione davanti casa e l’ha messo. Alla dirimpettaia, la figlia di Calzone, ha fatto fare un pezzo di strada interpoderale alla campagna che hanno a Toppo Ombrone. A un’amica gli ha tolto un pezzo di marciapiede per far mettere la pompa dell’acqua.”

“Osvaldo… mio nipote…. è veramente serio. Se ti promette una cosa la fa. Non è come questi politicanti che fanno le cose solo per la loro famiglia! Lui se ti può mettere a lavorà un figlio tuo… lo fa! E’ un ragazzo di cuore.”

La nuvola era migrata dietro il colle, il vento prometteva di quietarsi, la piazza si stava riempendo. Concetta salutò l’amica e proseguì verso Antonio della merceria Casotti.

“Buongiorno signó, che vi posso servire?”

“Devo prendere due spolette di cotone marrone. E poi mi serve un ago grande.”

“Ecco qua. Roba di lusso.Questo cotone mi è arrivato ieri da Napoli. E’ roba fine.”

“Si vede. Quanto vi devo dare?”

“Signó, per carità…niente.”

“Come niente?”

“Salutatemi Osvaldo. Se non fosse per lui avrei dovuto pagare il comune per quattro casse che ho messo qua avanti!”

“E questo è lo Stato purtroppo!….Comunque grazie e porto i saluti.”

La donna s’imcamminò verso casa. Per arrivarci doveva salire per una strada con fastidiosa pendenza.

“Concè, vieni un po’ qua!” gridò una vecchietta con uno scialle di lana nero.

“Zia Assuntì, che c’è?”

“Che c’è…che c’è…ho chiamato il maresciallo da due giorni ma non viene. Sti’ miserabili affianco m’hanno preso una zappa nuova, tre caldarole, una mazzola e altra roba. So loro…ma negano!”

“….sono i……”

“E chi può essere? Parla con tuo nipote. Io rivoglio la roba! Me la devono dare!”‘

“Ci parlo io con Osvaldo, stasera viene a casa.”

“Va bo’! Ma fammi sapé presto!”

La casa di Concetta era a due piani, ma stretta. Due stanze sotto e due sopra. L’aveva costruita il padre, con dieci anni di lavoro in Canada. Poi si era ritirato e dopo due anni era morto. Un’abitazione semplice, ma per il 1962 era un lusso.

Il soggiorno era animato da piccoli souvenir di luoghi santi. Poi v’era una bella gondola in plastica, ma realistica, comprata nel suo viaggio di nozze.

Quella sera Osvaldo la prese in mano.

“A zi! Ma questa l’hai presa a Venezia?”

“Si! Proprio alla piazza dei colombi!”

“E’ da quando ero piccolo che la vedo qua!”

“E la rimane! Io le cose le so mantenere bene. Tuo padre è un po’ sciagurato!”

“Eh! S’è perso pure le fotografie del matrimonio. Lui è distratto.”

“No … a lui gli frega solo di mangià!”

Il nipote scoppiò in una risata rotonda.

“Osvaldo…mi devi fare un piacere”

“A zi’..basta che parli!”

“Allora….questa mattina mi ha fermato zi’ Assuntina  a’ Rutolan’ e m’ha detto che quegli affianco…hai capito chi…. gli hanno rubato un po’ di roba. Sta’ nera…il maresciallo non ci è andato!”

“Eh…con quelli e tempo perso. Mo’ ci faccio parlare un amico che so io…vedrai come esce fuori la roba.”

“Osvà…ma come sei uscito cosi serio? Tuo padre è quello che è….tu sei uscito con la testa a posto. Tutti, ti giuro..tutti…mi parlano bene di te. Ci fosse una volta che non hai mantenuto una promessa….tutti bene ti parlano.”

“A zi’! Mo’ mi fai emozionà….io sono uno che se ti dice una cosa è quella e mi mangio le montagne per arrivà a farla. Sai quanti ne ho messi a posto che volevano fa’ i furbi. Io dico sempre: la gente ci ha messo qua e noi la dobbiamo servire. Mo’ per esempio, ho fatto avé due permessi a due commercianti che erano rimasti fermi per tre mesi per un verbale. Avrò fatto cinquanta telefonate ma alla fine ho trovato la strada giusta. Se era un altro al posto mio…due chiamate e si fermava. Basta un ‘no’ e si fermano. Io l’amico giusto lo trovo sempre. Bisogna lavorare e insistere.”

“Osva’ …so fiera di te!”

“A zi’! La vecchia politica è finita! Mo’ la gente non la prendi più in giro. Il nuovo politicante deve essere un uomo deciso e capace. Io sono la nuova generazione!”

Salutò la zia e andò via. Aveva da fare molte cose prima di ritirarsi a dormire.

“Signor Osvaldo!”

“Maestro, buonasera. Vi fate una passeggiata?”

“Si, ho appena corretto più di quaranta compiti e faccio due passi per distrarmi.”

“Bene…come va li alla scuola, tutto bene?”

“Veramente hanno aperto un cantiere, la famiglia Viccoli. Stanno alzando un paio di piani alla loro palazzina. Ma sono a norma? Ci coprono la visuale. Nelle aule sarà più buio.”

“Saranno a norma.”

“Come….saranno? Sono o non sono a norma?”

“Ma loro quella casa la devono fare. Hanno lavorato vent’anni in Svizzera per costruirla. Mo’ ci vogliamo fermare per due leggi?”

“Come due leggi? Se non si può fare non si può fare.”

“Io ho dato la mia parola, ora non posso tirarmi indietro. Non immaginavo delle classi buie.”

“Ma che centra la parola? Se la legge dice no è no! Che centra la parola?”

“Che centra la parola? Ma voi…scusate se mi permetto… ma che uomo siete? Ce l’avete una parola voi?”

“Signor Osvaldo, ragionate come un uomo che non conosce il senso dello Stato.”

“Il senso dello Stato? Ma lo Stato ci affonda tutti! Noi siamo qui ….per ripararci dallo stato!”

“Ho capito. Ma toglietemi una curiosità, voi siete stato mio alunno?”

“Si, due anni. E per questo vi porto rispetto. Vedrò che si può fare.”

Il maestro rientrò in casa e disse al fratello-collega: “Non siamo riusciti a costruire niente in trent’anni d’insegnamento!”

Osvaldo rientro in casa e disse al fratello: “C’è ancora gente in giro che crede nello Stato. Ti rendi conto?”

Il fratello del maestro rispose: “Quelli di prima erano violenti, questi no. Ci vuole un’altra generazione di lavoro.”

Il fratello di Osvaldo ribatté all’osservazione a lui fatta: “Un’altra generazione e scompariranno.”

Sappiamo come è andata.


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